"Io me li ricordo, negli anni '70, a Roma, la F.I.G.C., i giovani comunisti romani stavano tutti i pomeriggi davanti al televisore a vedere Happy Days, Fonzie...""Questo che c'entra, Nanni?""E questa è la loro formazione politica, culturale, morale!""Nanni questo non c'entra proprio niente, assolutamente...""Vabbeh, non c'entra...Non c'entra...Però c'entra, non c'entra però c'entra!"Lapalissianamente, se non ci fosse da piangere ci sarebbe molto da ridere. Sentire parlare Fassino il quale, a suo dire, in campagna elettorale ha girato ben due mercati al giorno raccogliendo, in effetti, non meglio specificati "segnali di malcontento", probabilmente sottoforma di una variegata specie di frutta e verdura, è davvero comico. Ma non diverte un cazzo di nessuno.Bertinotti, per dirla con Benni, “si trascina come un pugile suonato alla ricerca di un’impossibile rivincita”, interrogandosi sul perché del crollo della Sinistra. Si vede che non ha mai letto Bukowski. Ce lo vedete, il vecchio Hank, a giocare i suoi ultimi cinque dollari su “Cataratta Dream”? Era uno sbronzo, mica un coglione.Per capire il perché del crollo della Sinistra, basta guardare la composizione del parlamento. Se si eccettua la sparuta rappresentanza UDC, che farebbe tenerezza se non annoverasse fra i presenti Cuffaro, deputati e senatori appartengono tutti a partiti che potremmo definire post ideologici. O meglio, aideologici. Significa, per chi ancora non lo avesse capito, che dell’ideologia ormai non gliene importa nulla a nessuno, specie se questa rimane orfana di concretezza e puzza di muffa. Giusto o sbagliato, moderno o inquietante che lo si voglia leggere, qualcuno dovrebbe forse iniziare a prenderne atto. L’ideologia non ti cancella le rate del mutuo. L’ideologia non riempie né il frigo né la pancia, non paga l’RC auto o le tasse universitarie, non guarisce la leucemia né il morbillo, non ti toglie la voglia di attaccarti alla bottiglia o alla trave della soffitta.Una politica che faccia solo della nostalgica ideologia, levìta di chimere verdi ormai solo di muschio, è destinata a fallire. A raccogliere lo 0,4, il 2,1. Son numeri che fanno la differenza solo per un tornitore, e si sa che di mestieri come quello in Italia non ne vuole fare più nessuno.La gente si aspetta, spera, si illude che la politica faccia anche qualcosa per loro. Di tangibile, concreto. Forse anche di buono. La politica nessuno la vede più come un servizio, una missione, una vocazione, è diventata un prodotto, non sfugge alla logica del prosciutto: se non mi piace, la prossima volta cambio. Allora, sentire parlare la candidata di Sinistra Cri(p)tica che vaneggia di salario minimo a 1300 euro (che sarebbe un'ottima cosa se solo fosse appena più possibile di una pentola d'oro in fondo a un arcobaleno, rinchiusa in un'ostrica con dentro una pianta di fagioli) o che sostiene come, in fondo, la proprietà privata non sia poi così necessaria, mi fa cascare le palle. Se non fosse che ormai ci sono troppo affezionato per non tenerle al sicuro nel loro scroto. Accusiamo Berlusconi e Veltroni di fare del vitreo populismo, della demagogia, e questa è la risposta? Forse anche la sua laurea in storia era il frutto di nostalgia.Dai politici io voglio delle risposte concrete. Facciano qualcosa, giusto o sbagliato, poi da persona e da elettore valuterò. Ma facciano. Qualcuno a sinistra, per assurdo, magari nel suo subconscio, potrebbe celare anche delle idee interessanti, perché no, magari fustigate e occultate con cura da un Super Io troppo prepotente, chi può dirlo, non poniamo limiti alla legge dei grandi numeri, in fondo varrà anche per loro. Ma certo, se Diliberto posso giudicarlo solo dalla montatura dei suoi occhiali, il bilancio rischia di essere negativo. Poi sono sicuro che in questo bel periodo di ricostruzione faranno tanta rossa politica dal basso, certamente, raccoglieranno l’energia dei movimenti, dei centri sociali e dei circoli ARCI, si riconcilieranno con la base e troveranno anche una bella casetta nel bosco con le tegole di cioccolata e i pomelli delle porte di liquirizia. Ma non è quello che gli serve. Sono degli schizofrenici, vivono in una realtà parallela dove la forza di gravità è ascensionale e nei globuli rossi al posto dell’atomo di ferro c’è una Tic Tac, basterebbe che qualcuno gli mettesse sotto al naso un calendario, e gli spiegasse che per leggere l’anno, no, non bisogna sommare le singole cifre: sono migliaia, quelle. Migliaia come le persone che hanno deciso di votare la Lega al posto loro.Nel frattempo, giusto per cambiare argomento, sentiremo parlare di economia tanta bella gente, al punto che ho deciso di farlo anche io. Premetto, quando penso alla partita doppia mi vengono in mente i quarti di Champions League, ma volevo sottolinearvi un fatterello che vi propineranno spesso nei prossimi mesi, e che a mio modesto e opinabilissimo avviso merita di essere sottolineato. Vi diranno, dei distinti signori, che la produzione in Italia è ferma, e che senza produzione non c’è ricchezza, per cui per far ripartire l’Italia bisogna far ripartire la produzione industriale. Perché se l’economia gira ci guadagniamo tutti, isn’t it? Tutti che cercano la crescita, la crescita, e io con loro, che ancora aspetto dal duemilaetré che mi fioriscano i tulipani neri d'Olanda.Mi pare che sfugga, a questi aristotelici, una delle postille in filigrana dell’economia: la legge della domanda e dell’offerta. L’idea che aumentare la produzione possa far aumentare parallelamente i consumi è ferma a un secolo fa, ai tempi del fordismo e del gigantismo industriale. Forse sono dei nostalgici anche alla Confindustria. E’ il lavoro a tempo indeterminato che deve tornare: con un posto ragionevolmente sicuro e un salario decente ci sarebbe presumibilmente un aumento dei consumi, quindi della domanda, e conseguentemente della produzione cioè dell’offerta. Otre al trascurabile dettaglio che forse vivremmo tutti un po' meglio.Non mi sembra un concetto difficile da intuire. Voglio dire, ci ho pensato io da solo nei ritagli di tempo, non mi ha aiutato nessuno, perfino Ford, che pare non brillasse per filantropia, c’era arrivato. Un secolo fa, per l’appunto. Ci vogliono far credere che uno steso da un colpo di fucile sia morto per la paura dello scoppio, sovvertono le cause con gli effetti neanche fossero scettici humiani, sono arrivati all’assurdo di voler fare la concorrenza ai cinesi sul loro terreno,il costo del lavoro. Pazzesco. Sarebbe come se io mi mettessi a fare una partitina a poker contro Antonio “the magician” Esfandiari con l'intenzione di fare qualche soldo. Davanti ad uno che, per intendersi, sa che carte hai in mano prima ancora che taglino il mazzo. Come dire: sbronzo mai abbastanza, coglione non ancora. Colonna sonora, “Prendilo tu questo frutto amaro” Antonello Venditti
La logica del prosciutto
"Io me li ricordo, negli anni '70, a Roma, la F.I.G.C., i giovani comunisti romani stavano tutti i pomeriggi davanti al televisore a vedere Happy Days, Fonzie...""Questo che c'entra, Nanni?""E questa è la loro formazione politica, culturale, morale!""Nanni questo non c'entra proprio niente, assolutamente...""Vabbeh, non c'entra...Non c'entra...Però c'entra, non c'entra però c'entra!"Lapalissianamente, se non ci fosse da piangere ci sarebbe molto da ridere. Sentire parlare Fassino il quale, a suo dire, in campagna elettorale ha girato ben due mercati al giorno raccogliendo, in effetti, non meglio specificati "segnali di malcontento", probabilmente sottoforma di una variegata specie di frutta e verdura, è davvero comico. Ma non diverte un cazzo di nessuno.Bertinotti, per dirla con Benni, “si trascina come un pugile suonato alla ricerca di un’impossibile rivincita”, interrogandosi sul perché del crollo della Sinistra. Si vede che non ha mai letto Bukowski. Ce lo vedete, il vecchio Hank, a giocare i suoi ultimi cinque dollari su “Cataratta Dream”? Era uno sbronzo, mica un coglione.Per capire il perché del crollo della Sinistra, basta guardare la composizione del parlamento. Se si eccettua la sparuta rappresentanza UDC, che farebbe tenerezza se non annoverasse fra i presenti Cuffaro, deputati e senatori appartengono tutti a partiti che potremmo definire post ideologici. O meglio, aideologici. Significa, per chi ancora non lo avesse capito, che dell’ideologia ormai non gliene importa nulla a nessuno, specie se questa rimane orfana di concretezza e puzza di muffa. Giusto o sbagliato, moderno o inquietante che lo si voglia leggere, qualcuno dovrebbe forse iniziare a prenderne atto. L’ideologia non ti cancella le rate del mutuo. L’ideologia non riempie né il frigo né la pancia, non paga l’RC auto o le tasse universitarie, non guarisce la leucemia né il morbillo, non ti toglie la voglia di attaccarti alla bottiglia o alla trave della soffitta.Una politica che faccia solo della nostalgica ideologia, levìta di chimere verdi ormai solo di muschio, è destinata a fallire. A raccogliere lo 0,4, il 2,1. Son numeri che fanno la differenza solo per un tornitore, e si sa che di mestieri come quello in Italia non ne vuole fare più nessuno.La gente si aspetta, spera, si illude che la politica faccia anche qualcosa per loro. Di tangibile, concreto. Forse anche di buono. La politica nessuno la vede più come un servizio, una missione, una vocazione, è diventata un prodotto, non sfugge alla logica del prosciutto: se non mi piace, la prossima volta cambio. Allora, sentire parlare la candidata di Sinistra Cri(p)tica che vaneggia di salario minimo a 1300 euro (che sarebbe un'ottima cosa se solo fosse appena più possibile di una pentola d'oro in fondo a un arcobaleno, rinchiusa in un'ostrica con dentro una pianta di fagioli) o che sostiene come, in fondo, la proprietà privata non sia poi così necessaria, mi fa cascare le palle. Se non fosse che ormai ci sono troppo affezionato per non tenerle al sicuro nel loro scroto. Accusiamo Berlusconi e Veltroni di fare del vitreo populismo, della demagogia, e questa è la risposta? Forse anche la sua laurea in storia era il frutto di nostalgia.Dai politici io voglio delle risposte concrete. Facciano qualcosa, giusto o sbagliato, poi da persona e da elettore valuterò. Ma facciano. Qualcuno a sinistra, per assurdo, magari nel suo subconscio, potrebbe celare anche delle idee interessanti, perché no, magari fustigate e occultate con cura da un Super Io troppo prepotente, chi può dirlo, non poniamo limiti alla legge dei grandi numeri, in fondo varrà anche per loro. Ma certo, se Diliberto posso giudicarlo solo dalla montatura dei suoi occhiali, il bilancio rischia di essere negativo. Poi sono sicuro che in questo bel periodo di ricostruzione faranno tanta rossa politica dal basso, certamente, raccoglieranno l’energia dei movimenti, dei centri sociali e dei circoli ARCI, si riconcilieranno con la base e troveranno anche una bella casetta nel bosco con le tegole di cioccolata e i pomelli delle porte di liquirizia. Ma non è quello che gli serve. Sono degli schizofrenici, vivono in una realtà parallela dove la forza di gravità è ascensionale e nei globuli rossi al posto dell’atomo di ferro c’è una Tic Tac, basterebbe che qualcuno gli mettesse sotto al naso un calendario, e gli spiegasse che per leggere l’anno, no, non bisogna sommare le singole cifre: sono migliaia, quelle. Migliaia come le persone che hanno deciso di votare la Lega al posto loro.Nel frattempo, giusto per cambiare argomento, sentiremo parlare di economia tanta bella gente, al punto che ho deciso di farlo anche io. Premetto, quando penso alla partita doppia mi vengono in mente i quarti di Champions League, ma volevo sottolinearvi un fatterello che vi propineranno spesso nei prossimi mesi, e che a mio modesto e opinabilissimo avviso merita di essere sottolineato. Vi diranno, dei distinti signori, che la produzione in Italia è ferma, e che senza produzione non c’è ricchezza, per cui per far ripartire l’Italia bisogna far ripartire la produzione industriale. Perché se l’economia gira ci guadagniamo tutti, isn’t it? Tutti che cercano la crescita, la crescita, e io con loro, che ancora aspetto dal duemilaetré che mi fioriscano i tulipani neri d'Olanda.Mi pare che sfugga, a questi aristotelici, una delle postille in filigrana dell’economia: la legge della domanda e dell’offerta. L’idea che aumentare la produzione possa far aumentare parallelamente i consumi è ferma a un secolo fa, ai tempi del fordismo e del gigantismo industriale. Forse sono dei nostalgici anche alla Confindustria. E’ il lavoro a tempo indeterminato che deve tornare: con un posto ragionevolmente sicuro e un salario decente ci sarebbe presumibilmente un aumento dei consumi, quindi della domanda, e conseguentemente della produzione cioè dell’offerta. Otre al trascurabile dettaglio che forse vivremmo tutti un po' meglio.Non mi sembra un concetto difficile da intuire. Voglio dire, ci ho pensato io da solo nei ritagli di tempo, non mi ha aiutato nessuno, perfino Ford, che pare non brillasse per filantropia, c’era arrivato. Un secolo fa, per l’appunto. Ci vogliono far credere che uno steso da un colpo di fucile sia morto per la paura dello scoppio, sovvertono le cause con gli effetti neanche fossero scettici humiani, sono arrivati all’assurdo di voler fare la concorrenza ai cinesi sul loro terreno,il costo del lavoro. Pazzesco. Sarebbe come se io mi mettessi a fare una partitina a poker contro Antonio “the magician” Esfandiari con l'intenzione di fare qualche soldo. Davanti ad uno che, per intendersi, sa che carte hai in mano prima ancora che taglino il mazzo. Come dire: sbronzo mai abbastanza, coglione non ancora. Colonna sonora, “Prendilo tu questo frutto amaro” Antonello Venditti