Madre Terra

La Dea Vite 


In principio fu una donna, la dea Vite della saga di Gilgamesh. Poi fu la volta di Orotalt e infine del greco Dioniso. Ecco la storia nascosta nel grappolo d’uva ...A fine pasto noi italiani ci facciamo spesso conquistare dagli acini d’uva, possibilmente accompagnati da un saporito formaggio grana, mentre sorseggiamo uno o più bicchieri di buon vino, bianco o rosso che sia.
Nel bel paese non abbiamo davvero che l’imbarazzo della scelta: tutto merito di Bacco? Non proprio…Ben prima che il culto del dio prendesse piede presso i Romani, la vite e il suo frutto erano venerati. Certo, direte voi, gli dei romani vengono pari pari da quelli greci: non è quindi una grande scoperta che, a Roma, Bacco abbia preso il posto di Dioniso, il più giovane figlio immortale dell’olimpico Zeus. Ma in realtà questo culto ha origini ben più remote. Già i Sumeri adoravano una dea nota come Dea Vite o Madre Vite. Viene perfino citata nella saga di Gilgamesh: è a questa divinità femminile intenta a mescere il vino che l’eroe si rivolge per chiedere come conquistare l’immortalità. La vite quindi come simbolo di gioventù e vita eterna. Ma la vite è anche albero della conoscenza: nel corpo di leggi ebraiche non scritte, ma tramandate oralmente, questa pianta è il simbolo della scienza del bene e del male. È una sorta di albero cosmico: avvolge i cieli dove le stelle sono i suoi acini.E sempre rimanendo nella zona della mezza luna fertile, Erodoto
ricorda che gli Arabi adoravano un dio dei grappoli chiamato Orotalt. Presso gli Ittiti si chiamava invece Dulukbaba. Ma senz’altro la divinità a noi più nota è il greco Dioniso. Un culto il suo, badate bene, che ha però un origine cretese. Nell’isola sono infatti state rinvenute tracce di un diffuso culto del vino connesso a quello del toro, l'animale che è uno dei simboli di Dioniso che giungeva alle sue fedeli con “impetuoso piede di toro”: le sue baccanti che, durante le cerimonie, invase dal dio, ne invocavano e cantavano la presenza riproducendo il mitico corteo di sileni, satiri e ninfe. E questo avveniva più volte all’anno perché il ciclo delle celebrazioni in onore del Dio aveva tre momenti, che allegoricamente richiamavano la sua nascita, morte e resurrezione. Si iniziava a dicembre con le dionisie rurali in cui si assaggiava e mesceva il vino. Poi a gennaio si svolgeva nell’agorà di Atene la cerimonia della nascita del vino che richiamava la nascita di Dioniso dalla coscia di Zeus. E in primavera si celebravano le Anthesteria, tre giorni in cui si ricordava il suo ritorno dagli inferi: secondo una leggenda Dionisio fu infatti fatto a pezzi e le sue membra bruciate, ma da quelle ceneri crebbe una pianta, la sacra vite appunto. I cui frutti noi ancor oggi gustiamo. Fonte: Il Piatto Ride