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Tra i monti (in viaggio)


Rifare certe strade ti riporta indietro. Forse non è la nostalgia, ne la malinconia, solo che guardi le curve e le montagne, e ci trovi qualcosa di diverso ogni volta. Vai avanti per immagini, mentre la striscia di asfalto si snocciola veloce tra valichi e pareti a strapiombo. I monti credo proprio che siano una cosa seria. Quando valichi, attraversi, entri dentro l’appennino, ti rendi conto della loro natura di dinosauri sonnacchiosi. Coperti dalla polvere dei secoli, da erbe, muschi e licheni che crescono e si stratificano, fino a diventare alberi. La strada è un qualcosa di così tortuoso, assomiglia alla vita. I monti ci mettono i piedi in mezzo. Questi giganti fermi, allungano le loro propaggini di granito per pestare il percorso con le loro zampe boscose. Andando con la macchina, hai l’impressione di dover schivare, i loro colpi poderosi. In realtà stanno fermi, nella pace che da la roccia. Chissà poi perché si dice “avere un cuore di pietra” per indicare che qualcuno è cattivo. Non lo trovo giusto. La pietra non è mai cattiva. La pietra ha solo la quiete dei secoli. La pietra è imperturbabile, magica, lontana da tutto e vicina ad ogni cosa. Solo la pietra strapiombo sul vuoto della valle, può ammirare il volo delle rondini ed i viandanti di passaggio. La pioggia la lava, la neve s’incastra nelle sue minuscole fessure e l’ammanta, il sole la riscalda e fa risplendere. La pietra resta pietra, sgretolandosi man mano. Con una pace consapevole, accetta un tempo che scorre e sembra, per la natura delle pietre, infondo veloce come il nostro. Le montagne sono fatte di pietra e terra e sono dinosauri addormentati che pascolano nel campo del cielo, in questa strada di confine, che porta sempre al crepuscolo. Le montagne dureranno, le montagne durano, con la loro quiete pacifica. Così lontane dagli affanni del cuore e dalle piccole rabbie quotidiane. Così quando vedo questi pachidermi verdi, quando ci passo in mezzo, mi sento piccolo. Mi sento così distante dalla pietra e ne invidio la sua pace fatta di millenni, pressione, fossilizzazione, struttura, terra, humus, bosco. Mantengono in me intatto, il mistero e la magia, la purezza. Io quando guardo le montagne sono distante, dalle piccole bassezze della gente. Ci sono io e la strada che curva e loro che mi cullano. Non hanno misteri impenetrabili da penetrare, aspettano solo che il crepuscoli illumini il bosco, per darmi l’ennesimo spettacolo. Come fai a non sentirti distante? come fai a non essere distante? Capisco perché in tutte le religioni, c’è sempre un Dio su una montagna. Quale altro posto, è degno di un Dio? Mi verrebbe voglia di scalarle, di assaporare la fredda consistenza della roccia con la mano, sentire il vuoto sotto, la forza di gravità che ti trascina verso il basso, mentre la parete è solida ed inalterabile. Mare che non conosce mai burrasche. Girarmi lentamente, guardare l’orizzonte, e vedersi specchiare nel cielo, il sorriso di un qualche Dio inventato. Ma io sono terricolo, sono di passaggio, con il mio carico di gioie, problemi, delusioni, entusiasmi. Non mi arrampico sui monti, vi passo solo in mezzo. Non durerò millenni, non avrò la pace immutabile della pietra. Sono il prodotto dei mie affanni e dei miei sogni, l’allegra risata che faccio ogni giorno, il cuore che palpita ed a volte, batte a vuoto, i piccoli ed i grandi problemi, la mia carne così fragile, i miei occhi così verdi. Sono di passaggio, solo di passaggio. Anche se la strada è lunga e tra le curve sta piovendo. Arriverò, prima o poi, in un posto chiamato casa. Mi girerò e vedrò, in lontananza, i dinosauri dormire ancora. Rifare certe strade ti riporta indietro. Forse non è la nostalgia, ne la malinconia, solo che guardi le curve e le montagne, e ci trovi qualcosa di diverso ogni volta. Vai avanti per immagini, mentre la striscia di asfalto si snocciola veloce tra valichi e pareti a strapiombo. I monti credo proprio che siano una cosa seria. Quando valichi, attraversi, entri dentro l’appennino, ti rendi conto della loro natura di dinosauri sonnacchiosi. Coperti dalla polvere dei secoli, da erbe, muschi e licheni che crescono e si stratificano, fino a diventare alberi. La strada è un qualcosa di così tortuoso, assomiglia alla vita. I monti ci mettono i piedi in mezzo. Questi giganti fermi, allungano le loro propaggini di granito per pestare il percorso con le loro zampe boscose. Andando con la macchina, hai l’impressione di dover schivare, i loro colpi poderosi. In realtà stanno fermi, nella pace che da la roccia. Chissà poi perché si dice “avere un cuore di pietra” per indicare che qualcuno è cattivo. Non lo trovo giusto. La pietra non è mai cattiva. La pietra ha solo la quiete dei secoli. La pietra è imperturbabile, magica, lontana da tutto e vicina ad ogni cosa. Solo la pietra strapiombo sul vuoto della valle, può ammirare il volo delle rondini ed i viandanti di passaggio. La pioggia la lava, la neve s’incastra nelle sue minuscole fessure e l’ammanta, il sole la riscalda e fa risplendere. La pietra resta pietra, sgretolandosi man mano. Con una pace consapevole, accetta un tempo che scorre e sembra, per la natura delle pietre, infondo veloce come il nostro. Le montagne sono fatte di pietra e terra e sono dinosauri addormentati che pascolano nel campo del cielo, in questa strada di confine, che porta sempre al crepuscolo. Le montagne dureranno, le montagne durano, con la loro quiete pacifica. Così lontane dagli affanni del cuore e dalle piccole rabbie quotidiane. Così quando vedo questi pachidermi verdi, quando ci passo in mezzo, mi sento piccolo. Mi sento così distante dalla pietra e ne invidio la sua pace fatta di millenni, pressione, fossilizzazione, struttura, terra, humus, bosco. Mantengono in me intatto, il mistero e la magia, la purezza. Io quando guardo le montagne sono distante, dalle piccole bassezze della gente. Ci sono io e la strada che curva e loro che mi cullano. Non hanno misteri impenetrabili da penetrare, aspettano solo che il crepuscoli illumini il bosco, per darmi l’ennesimo spettacolo. Come fai a non sentirti distante? come fai a non essere distante? Capisco perché in tutte le religioni, c’è sempre un Dio su una montagna. Quale altro posto, è degno di un Dio? Mi verrebbe voglia di scalarle, di assaporare la fredda consistenza della roccia con la mano, sentire il vuoto sotto, la forza di gravità che ti trascina verso il basso, mentre la parete è solida ed inalterabile. Mare che non conosce mai burrasche. Girarmi lentamente, guardare l’orizzonte, e vedersi specchiare nel cielo, il sorriso di un qualche Dio inventato. Ma io sono terricolo, sono di passaggio, con il mio carico di gioie, problemi, delusioni, entusiasmi. Non mi arrampico sui monti, vi passo solo in mezzo. Non durerò millenni, non avrò la pace immutabile della pietra. Sono il prodotto dei mie affanni e dei miei sogni, l’allegra risata che faccio ogni giorno, il cuore che palpita ed a volte, batte a vuoto, i piccoli ed i grandi problemi, la mia carne così fragile, i miei occhi così verdi. Sono di passaggio, solo di passaggio. Anche se la strada è lunga e tra le curve sta piovendo. Arriverò, prima o poi, in un posto chiamato casa. Mi girerò e vedrò, in lontananza, i dinosauri dormire ancora.