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La storia che racconta è anche stavolta ambientata a Roma e dintorni negli ultimi anni della guerra, ma il guardare al passato di Celestini è sempre funzionale al presente, mai vuota o estetica evocazione nostalgica. Mi ricordo quando in una intervista gli è stato chiesto di rispondere della sua "fissazione per la memoria" e lui rispose in un modo semplice, come è solito fare, ma ricco e inequivocabile: La memoria mi serve nel presente. Se ad esempio non ricordo dove ho messo le chiavi non potrò entrare a casa. La scena è quasi vuota, solo un cerchio di lampadine a terra e un trespolo che sembra un ramo da cui pende una lampadina. "Uno spettacolo che si può portare in giro anche in motorino" dice Ascanio, "sta tutto in una valigetta o in uno zaino". Eppure quel cerchio di lampadine è già tutto, è lo spazio del racconto, ma anche cerchio sacrale del rito, spazio magico dal quale parlano anche i fantasmi. I personaggi che Ascanio racconta prendono vita grazie allo spettatore che, sulla scia di una parola che incanta, li immagina, li rende vivi riempiendo così quel vuoto fisico. Gli eventi storici si mescolano alla fantasia popolare, si trasformano, così come si trasformano i racconti quando passano di bocca in bocca, senza essere trascritti. E tutto è vero nello stesso modo. Il bombardamento del 19 Luglio a San Lorenzo, come la pancia di Mariona, piena di tutti gli oggetti della casa che non ha più, che ha venduto per cercare di sfamare i suoi tre figli. C'è tutto: vita, morte e miracoli. Storia, credenze popolari, sogno, fantasia, riso e dolore, ...perché l'umanità è così complessa proprio perché umana, che nessuna cosa può davvero escludere l'altra. Ascanio parla velocissimo e io lo ascolterei per ore... sembra che parli seguendo uno schema circolare anziché dritto, racconta come chi non sa leggere e scrivere, ci riporta all'oralità. Anche questo spettacolo, come la maggior parte degli altri credo, non ha testo scritto, non è recitato a memoria. "Se ti chiedessero di descrivere casa tua", dice Ascanio, "lo faresti sempre più o meno nello stesso modo, ma non perché vuoi farlo di proposito, semplicemente perché casa tua è sempre la stessa. Ed io padroneggio questo racconto meglio delle vacanze che ho fatto quest'estate al mare". Dentro quel cerchio, nella magia rituale del teatro, quello che non c'è e non è nemmeno scritto è vivo al punto di essere quasi indipendente da chi lo racconta. E' vivo non perché è oggetto, ma grazie alla magia che mette in sintonia chi racconta e chi immagina e vede. E tutto il mondo è paro...
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