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Lettera di Don Gallo a Fabrizio De Andrč

Post n°55 pubblicato il 25 Maggio 2013 da arianna.orso

LETTERA A DE ANDRE'
di Don Andrea Gallo

Caro Faber, canto con te e con tante ragazze e ragazzi della mia comunità.

Quanti Geordie o Miché o Marinella o Bocca di Rosa vivono accanto a me,
nella mia città di mare, che è anche la tua. Anch’io ogni giorno, come
prete, verso il vino e spezzo il pane per chi ha sete e per chi ha fame.

Tu, Faber, mi hai insegnato a distribuirlo.
Non solo tra le mura del Tempio, ma per le strade, nei vicoli più
oscuri, nell’esclusione, nell’emarginazione, nella carcerazione. E ho
scoperto con te, camminando per la via del Campo, che dai diamanti non
nasce niente. Dal letame sbocciano i fiori.

La tua morte ci ha migliorati, Faber, come sa fare l’intelligenza.
Abbiamo riscoperto tutta la tua antologia dell’Amore: una profonda
inquietudine dello spirito che coincide con l’aspirazione alla libertà.
Ma soprattutto il tuo ricordo e le tue canzoni ci stimolano ad andare
avanti.

Caro Faber, tu non ci sei più, ma restano i migranti, gli emarginati, i
pregiudizi, i diversi. Restano l’ignoranza, l’arroganza, il potere,
l’indifferenza…

La Comunità di San Benedetto ha aperto una porta nella città di Genova,
e già nel 1971 ascoltavamo il tuo album Tutti morimmo a stento.

E in comunità bussano tanti personaggi derelitti, abbandonati, puttane,
tossicomani, impiccati, aspiranti suicidi, traviati, adolescenti, bimbi
impazziti per la guerra e l’esplosione atomica.

Il tuo album ci lasciò una traccia indelebile. In quel tuo racconto
crudo e dolente, che era ed è la nostra vita quotidiana nella comunità,
abbiamo intravisto una tenue parola di speranza, perché, come dicevi
nella canzone, dalla solitudine può sorgere l’amore come a ogni inverno
segue una primavera.

È vero, caro Faber, loro, gli esclusi, i loro occhi troppo belli,
sappiano essere belli anche ai nostri occhi. A noi, alla nostra
comunità, che di quel mondo siamo e ci sentiamo parte. Ti lasciamo
cantando la Storia di un impiegato, e la Canzone di maggio, che ci
sembra sempre tanto attuale.

Ti sentiamo così vicino e così stretto a noi quando, con i tuoi versi,
dici: «E se credete ora che tutto sia come prima, perché avete votato la
sicurezza e la disciplina, convinti di allontanare la paura di cambiare,
verremo ancora alle vostre porte e grideremo ancora più forte. Per
quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti».

Caro Faber, tu parli all’uomo amando l’uomo, perché stringi la mano al
cuore e risvegli il dubbio che Dio esiste. Grazie.

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