La vita che vorrei

Viva l'Italia


C'è ancora bisogno di gridare "Viva l'Italia"? Me lo chiedo sempre. E come molti mi chiedo se ha ancora un senso tenere insieme questo baraccone indebitato che si trascina da Bolzano a Lampedusa senza avere nient'altro in comune che la lingua e il tifo per una Nazionale di calcio. Me lo chiedo proprio mentre, alla vigilia del 150° compleanno dell'Italia unita, non fanno che uscire pubblicazioni che denigrano i capisaldi della nostra memoria comune: Risorgimento e Resistenza. Si assiste quasi nell'indifferenza a una riscrittura masochistica e vittimistica della nostra storia che trasforma la fondazione e la difesa di una nazione in una catena di soprusi, opera di un popolo di straccioni scaltri e furbi. Qualcuno però dimentica che la storia dell'Italia è anche una storia di tantissimi che nell'Italia hanno creduto e che per l'Italia hanno sacrificato la vita. Come i capi del Comitato di liberazione nazionale in Piemonte, arrestati nel 1944 dai nazifascisti e condannati a morte in uno di quei processi dove la sentenza è già preconfezionata. E' la storia del generale Perotti che si alza davanti ai giudici per assumersi ogni responsabilità. E salvare così la vita dei sottoposti. E' la storia del tenente Geuna che contraddice per la prima volta il suo superiore e si offre come unica vittima sacrificale "siccome io sono scapolo mentre il generale Perotti ha tre figli". Finì con i condannati a morte che si alzarono in piedi e gridarono, prima dell'esecuzione: "Viva l'Italia!" L'Italia esisteva anche prima dell'Italia. E continuerà a esistere anche se, o anche quando, non ci sarà più, finchè esisterà qualcuno capace di sognarla e di dare la vita con l'Italia in bocca.