La vita che vorrei

Meritate, gente, meritate


Un lanciatore di baseball della squadra di Kansas City aveva ancora un anno di contratto da 12 milioni di dollari, ma vi ha rinunciato perché stava giocando male: gli sembrava di rubare lo stipendio e si è ritirato. Sai che sacrificio, per un campione miliardario: vero, ma a parte il fatto che anche per un miliardario 12 milioni di dollari non sono briciole, il punto non è la rinuncia, ma la motivazione.Se tutti i manager scarsi, seguendo la stessa motivazione del lanciatore di baseball, rifiutassero la liquidazione con cui vengono accompagnati alla porta dalle aziende che hanno impoverito con le loro scelte sciagurate. Se i lavoratori assunti demotivati, raccomandati e sopravvalutati (tre caratteristiche talora riscontrabili nella stessa persona) presentassero le dimissioni con queste parole: "Trovo più giusto che la mia retribuzione vada a quel precario che sgobba il triplo di me". Se, per farla breve, ogni uomo, in ogni circostanza della vita, per prima cosa si guardasse allo specchio con obiettività e ne traesse le conseguenze naturali, anziché sentirsi sempre un fenomeno incompreso e la vittima di qualche complotto (del collega di lavoro, del capufficio, del datore di lavoro, della società, della gente), forse il mondo cesserebbe di essere quella sublime schifezza che oggi è. E che viene accettata, se non addirittura condivisa, all’insegna del “massì, chi se ne frega” “tanto è lo stesso”.