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Ma che bella gente

Post n°96 pubblicato il 23 Marzo 2011 da ilmondocheiovorrei

Dopo tante frequentazioni d'osteria con anziani compagni ancora vitali e battaglieri ma ormai fuori, anche per ragioni d'età, dalla vita politica, ho accettato, sia pure di malavoglia, un invito a cena in uno di questi circoli intellettual-popolari frequentati dalla nuova sinistra militante. Mi ci ha portato un amico. Mi ha sempre detto: mi farebbe piacere che uno come te, che faceva casino fin dai tempi dell'asilo, ci venisse, sai dobbiamo fare qualcosa. Vabbeh, ci vado, vediamo un po' come sono questi nuovi militanti. Non l'avessi mai fatto, ora finalmente ho capito perchè si perde sempre. Sinceramente, questi quaranta-cinquantenni di sinistra, esponenti di spicco della generazione di giovani più liberata, nevrotica e viziata della storia umana, mi fanno un po' ridere: risentono di una formazione superficiale e retoricamente seriosa: più emozioni che cultura, più esperienze che studi, più melassa che ironia. A tavola sembrano tutti principini, manca solo il maggiordomo, però sai, mi dice uno, noi siamo dalla parte della gente che soffre. Un altro mi fa: da quando sono bambino ho in camera il poster del Che, la Marilyn dei compagni. Bravo, gli dico. A proposito sai cosa disse il Che a un agghiacciato Pietro Ingrao, che tu immagino ben conosci? Disse che "se un venezuelano mi chiedesse oggi un consiglio, io gli risponderei così: quello che dovete fare è cominciare a sparare alla testa e ammazzare tutti gli imperialisti dai quindici anni in su". Mi hanno guardato male. Beh, dico, ma se dobbiamo incazzarci, dobbiamo farlo fino in fondo, no? No, evidentemente. Un altro mi ha citato il sessantotto e la sua replica, il settantasette. Capisco, gli rispondo: quei movimenti hanno prodotto diverse mode, ma soprattutto parecchi organigrammi aziendali e, insieme a una ventata di freschezza, guasti indelebili, ben visibili in molti trop manager: lo spirito di cordata e di branco, che nel rapporto con gli altri li porta a privilegiare l'appartenenza all'intelligenza; l'arroganza nei confronti dei deboli e il servilismo verso i potenti. Mi guardano male. Si parla di statisti e uno tira in ballo un leader del calibro di Tony Blair. Ah sì, commento, quel socialista thatcheriano che mena i figli, detesta le barbe e i barboni, ha iscritto Dio al suo partito al posto dei sindacalisti ed è favorevole a un nuovo taglio delle pensioni ma soprattutto dei suoi capelli. Mi guardano storto. Vabbeh, per sdrammatizzare la butto sul tempo libero. C'è chi va in ferie a Cuba e lo capisco: se un italiano adesca signorine a pagamento in Albania è un maiale. Se fa la stessa cosa a Cuba, un timido che si è sbloccato. Un altro mi parla degli States, la meta ideale per fare il pieno di nuove illusioni, prima di tutte quella di piacere agli americani. Ma lo sai, gli dico, che all'epoca il New York Times non ha dedicato una sola riga allo storico viaggio di D'Alema benché mister Max, che da ragazzo scriveva "Yankee go home" sui muri con lo spray, al termine di un lungo training autogeno avesse acconsentito a passare mezza giornata con ben due giornalisti di quel prestigioso quotidiano. No, risponde, non lo sapevo. E il mare? Tutti, o quasi, a Sabaudia, la Malibu della sinistra: ha chilometri di dune e decine di ville edificate in riva al mare con generosità. Qui tra l'altro D'Alema e Veltroni passarono l'unica vacanza unitaria della loro vita. Un ossessivo e un isterico nella stessa casa, la famosa casa comune della sinistra: chissà che divertimento. Uno a fare il sugo e l'altro lo zapping. La spesa invece la faceva qualcun altro, come sempre. Ma volete mettere, dico, un bel campeggio in Liguria? No. Meglio qualche buona lettura. Le bonazze di sinistra over 40 stravedono per Baricco e fanno bene perché in tv Barocco Baricco è un vero fuoriclasse, un affabulatore che incatena lo spettatore al video anche se legge la bolletta della luce. Ecco, domando, se anche i romanzi si limitasse a leggerli, facendoseli scrivere da qualcun altro?  No, Baricco non si discute. Come non si discutono i bei film della cinematografia italiana di sinistra, caratterizzata da soggetti esili, trame noiose e dialoghi improbabili. Quella che racconta storie minimaliste origliate su qualche terrazza o tinello romano-milanese, che di solito cominciano con il primo piano di una caffettiera che bolle in un cucinino triste. Poi c'è Nanni Moretti. Ah si, dico, il regista di culto, molto colto, molto bello, molto intelligente, ma soprattutto molto consapevole del fatto di essere Nanni Moretti. Un mestiere non semplice. Bisogna sempre dire cose molto acute e con un tono molto saccente: lui ci riesce per circa dieci minuti a film. La restante ora e mezza è talvolta molto noiosa. E' mezzanotte, la cena è finita. Prima dei saluti, mi giunge spontanea, dopo una sonora scoreggia (e che cazzo, quando ci vuole ci vuole), una domanda: scusate, ma qualcuno di voi ci ha mai parlato con la gente che fa fatica a tirare a fine mese? Faccio questa domanda perchè mi risulta che molti dei presenti saranno probabilmente candidati alle prossime elezioni politiche, se mai ci saranno. Sì certo, mi rispondono, troveranno tutto nel nostro programma. Ah grazie, mandatemene una copia: sarà perfetta, come carta igienica. Usciamo: si avvicina un arzillo vecchietto, chiede qualche euro. Che palle, risponde uno. Alla fine offro io, così mi tiro su: ho mangiato male, sentito una mare di cazzate e nessuna delle bonazze mi ha filato. Se questi sono i volti nuovi, siamo rovinati. Volevo andare a dormire presto e invece alle 2.30 di notte sono ancora in piedi e in coma. Serata di me ... a e mi dispiace tanto per quelli più giovani di me che ci credono sempre. Come ci credevo io, quando ero giovane come loro. Ma se mi tornano a sbattere i globuli, mi sa tanto che in piazza ci vado ancora, come ai bei tempi. A proposito, caro Che, prima di sistemare gli imperialisti, che ne dici di cominciare da questi qui?

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