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Post n°6 pubblicato il 08 Gennaio 2010 da ilmondocheiovorrei
Una delle cose buone degli americani, che ne hanno anche di meno buone, è questa: il fallimento non è un marchio di infamia. Semmai è una prova di audacia: un fallito, in fondo, è qualcuno che almeno ha tentato. In Italia, invece, il fallimento - da quello giudiziario a quello personale - segna la vita, per sempre o quasi. Non sono molti, da noi, quelli che vogliono rischiare il tutto per tutto. I più si tengono spesso, anzi parecchio, una riserva, un paracadute, una ruota di scorta. Oppure non partono mai, per paura di una falsa partenza. C'è chi tenta un'attività nuova, ma si guarda bene di lasciare quella vecchia. E chi decide di cambiar vita solo quando non può fare altro. Abbiamo voglia di vincere, ma abbiamo più paura di perdere. E alla fine ci accontentiamo di pareggiare. In una vecchia canzone Francesco De Gregori spiega a un ragazzo che non deve aver paura di tirare un calcio di rigore, perché non conta: "un giocatore si vede dal coraggio, dall'altruismo, dalla fantasia". Solo chi non tira i rigori non li sbaglia mai. Solo chi non si muove, non cade al primo passo. Solo chi non fa nulla, non sbaglia mai. E invece sbaglia, perché la falsa partenza è parente stretta della moderata incoscienza: senza di questa, non faremmo bambini, non seguiremmo una vocazione o un'intuizione, non ci alzeremmo al mattino pronti ad attraversare il mondo o la città. |
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