La vita che vorrei

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Inferno e Paradiso

Post n°78 pubblicato il 22 Dicembre 2010 da ilmondocheiovorrei

Cos'è l'Inferno? E che cos'è il Paradiso? Come spiegarlo ai bambini, e già che ci siamo anche agli adulti? Io per spiegarlo farei ricorso a un racconto molto illuminante. E' il racconto di un sant’uomo (o di una santa donna: è lo stesso) che chiede a Dio di poter visitare l’Inferno e il Paradiso, possibilmente nell’ordine (preferisce il lieto fine). Dio lo conduce davanti a due porte chiuse e spalanca la prima. Al centro della stanza spicca una tavola rotonda e al centro della tavola un pentolone da cui emana un profumo delizioso. Ma le persone sedute intorno alla tavola sono ridotte a scheletri. Ciascuna di esse ha un mestolo attaccato al braccio, lo tuffa nel recipiente per raccogliere il cibo e però poi non riesce a portarlo alla bocca perché il manico del mestolo è più lungo del braccio.

Che supplizio atroce, pensa il sant’uomo, compatendo gli affamati. "Hai appena visto l’Inferno", dice Dio e spalanca la seconda porta, quella del Paradiso. C’è una tavola rotonda al centro della stanza anche lì. Al centro della tavola un pentolone da cui emana lo stesso profumo. E le persone sedute intorno alla tavola hanno un mestolo attaccato al braccio che nessuna di esse riuscirà mai ad avvicinare alla bocca. Eppure godono di ottima salute, sono ben nutrite. "Non capisco", dice il sant’uomo. "È semplice" - risponde Dio - "All’Inferno gli uomini muoiono di fame perché non pensano che a se stessi. In Paradiso, invece, stanno tutti in salute perché ognuno mangia dal mestolo degli altri".

 
 
 

Fedele fino all'ultimo

Post n°77 pubblicato il 22 Dicembre 2010 da ilmondocheiovorrei
Foto di ilmondocheiovorrei

Anche Athos apparteneva alla categoria dei naviganti. E come ogni navigante che si rispetti, non voleva abbandonare la sua nave, quella nave con la stella bianca sulla ciminiera che era il suo universo da ormai sette anni. Athos era un pastore corso, un cane d'altura, mascotte della nave Jolly Amaranto, un container di quasi 23 mila tonnellate di stazza. Athos era amico di tutto l'equipaggio, aveva un carattere mite. La sua cuccia era sul ponte, ma lui, tra tutti i locali, amava quello caldo della sala macchine. Ed è lì, probabilmente, che l'altra notte ha cercato di tornare. Non l’ha voluta abbandonare, Athos, quella nave, la "sua", neanche quando l’hanno trasferito, assieme all'equipaggio, sul rimorchiatore. Ha girato il muso verso la Jolly, s’è tuffato in mare, ha nuotato per ritornare "a casa", sordo ai richiami di chi ha navigato con lui, ne ha condiviso per anni, per mille miglia, bonacce e tempeste, nebbie e orizzonti, fino all’ultima, drammatica avventura alla deriva nel Mediterraneo. Athos ha annaspato, furiosamente, controcorrente. Ma l’ha tradito l’onda sollevata dall’elica del rimorchiatore, è sparito all’improvviso sott’acqua. Un marinaio s’è tuffato per soccorrerlo, invano, mettendo a rischio la propria vita per l'amico. Quell'amico, ha raccontato il marinaio, che gli era stato vicino nella tempesta, ballando sulle onde alte 13 metri e al quale, spiegherà, era "molto affezionato". Se ne è andato così Athos, unica vittima della tragedia sfiorata dal cargo italiano scampato a tre giorni di tempesta in mare aperto. Se ne è andato così: dedicando l’ultimo saluto alla "sua" nave, come un vero marinaio di stampo antico.

 
 
 

Benedetta ingenuità

Post n°76 pubblicato il 15 Dicembre 2010 da ilmondocheiovorrei

Sono un ex trentenne, un ex magro, un ex pieno di capelli che parla, spesso, a raffica, tifa Milan e sogna di invecchiare scrivendo in una casetta vicino alla riva del mare. Ma ho paura di non essere più un ingenuo, purtroppo. Ne coltivo, però, ancora il desiderio, sempre. E ammiro quelli (e sono tanti) che sanno ancora trovare, con cuore limpido, gesti di amore e di pietà, senza arrendersi allo scetticismo e allo sconforto. Gente insomma che si rifiuta di credere che questo mondo sia ridotto così male. La loro vera vittoria non è tanto la conquista del successo, ma la consapevolezza di aver dato un senso alla propria vita, senza lasciarsi paralizzare dallo scetticismo nè condizionare dalle disillusioni. Gente come quel povero parroco di periferia che ha speso la sua vita per i reietti: non sapeva che salvare gli ultimi era impossibile e proprio per questo li ha salvati, fino all'ultimo. Abbiamo tutti hanno un talento: il problema è che la maggior parte non riesce a riconoscerlo, scivolando così nell'infelicità. Benedetta ingenuità! L'ho smarrita dietro tante storie quotidiane e avvilenti di prevaricazione e ignoranza. Ma per fortuna riesco ancora a ritrovarla, nella confusione quotidiana, in alcuni gesti. E lì capisco che solo se impari a vederla negli altri, scoprirai di averne ancora una riserva dentro di te. Perchè nessun altro, se non noi stessi, ci può salvare.

 
 
 

Sveglia, compagni!

Post n°75 pubblicato il 15 Dicembre 2010 da ilmondocheiovorrei

Parlano. Straparlano. Sdottoreggiano. Non si capiscono. Per farla breve: annoiano. In compenso abbondano i notabili, i padri e i nonni più o meno nobili. E' gente antica, che non molla: mai. E si parla addosso, intorno, attraverso. A colpire è l'assoluta incapacità delle tante sinistre di esprimere concetti semplici sulle questioni di cui gli elettori, non solo di sinistra, parlano tutti i giorni. Questi qui invece partono tutti sempre da una loro visione globale dell'umanità. E lo spiegano, per di più, con parole ostrogote, magari arricchite da qualche slogan a effetto, così l'applauso, con qualche lacrimuccia, è garantito: la rivoluzione e i suoi eroi, si sa, toccano e infiammano i cuori, siempre. Alla fine, le rare volte che ci si capisce è per dividersi. Poi comunque si abbracciano. Perchè questa Sinistra è cosi: non si capisce, sbadiglia, litiga, ma alla fine si ricorda che c'è la Destra e si abbraccia. Mentre i problemi restano. Bisognerebbe prenderne atto e anzichè cercare le differenze (o le somiglianze) con l'avversario, la sinistra e i suoi rappresentanti dovrebbero dirci, con parole semplici ma chiare, che cosa vogliono fare di migliore e di meglio. Sveglia, compagni. La politica ha smesso da tempo di essere una fede: non ci servono nè dogmi, nè valori, ma due o tre buone idee da mettere in pratica. E invece di tuonare sui venduti che stanno a Destra cominciamo a fare piazza pulita in casa nostra. Fra i tanti di cui si potrebbe fare a meno, ne scelgo a caso uno: Furio Colombo, onorevole deputato del PD, già presidente di Fiat USA. Per intenderci uno di sinistra stipendiato dalla Fiat che in attesa della rivoluzione preferiva frequentare i miliardari. E oggi che fa? Da bravo compagno, è stato direttore dell'Unità e nella sua autorevole qualifica di parlamentare del PD non perde l’occasione di tuonare contro la Fiat. Dalle mie parti si dice: sputa sul piatto dove ha mangiato fino a ieri. E poi dicono che i cattivi maestri sono scomparsi.

 
 
 

In Mara fede

Post n°74 pubblicato il 24 Novembre 2010 da ilmondocheiovorrei

Se l'onorevole ministro Marco Carfagna avesse minacciato le dimissioni, affermando che nel suo partito gli impediscono di battersi per la legalità, saremmo qui a discutere di buona e cattiva politica. Ma siccome si chiama Mara e non Marco, con quell'aspetto e gli occhioni che ha, la sua denuncia è già stata declassata a reazione isterica. A tener banco sono i suoi rapporti umani: con l'amico, il romantico Bocchino e la nemica Mussolini, che l'ha paragonata a una popolana sguaiata. L'interesse del circo mediatico, e dei lettori, ha sterzato subito verso il gossip, fregandosene della sostanza delle sue parole.

E’ un problema con cui tante donne meno fortunate della Carfagna devono fare i conti ogni giorno negli ambienti di lavoro. Il parere femminile vale meno e non è considerato autorevole. Quando un uomo s’arrabbia, ha carattere. Quando si arrabbia una donna, ha le mestruazioni. Oppure non le ha più. Non basta più nemmeno l'immagine. Se sei bella, i maschi ti desiderano ma non ti considerano: e tutti pensano (anche le donne) che la tua carriera non sia merito dei talenti, ma degli amanti. Se poi sei soltanto, o al massimo, passabile, ti trattano come una crocerossina, un angelo custode, o come una bestia da soma: da maltrattare a piacimento, tanto poi per farsi perdonare basta una lisciatina giusta, al momento giusto. Tutti comportamenti appresi dai moderni manuali di figosofia, che sono ormai le letture preferite di molti, fra depressi (repressi) sposi e non, che si considerano uomini.

 
 
 
 
 

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Un blog di: ilmondocheiovorrei
Data di creazione: 06/01/2010
 

 

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