MareMatta

Pulvis et umbra


(Foto: All Magnus         Noi aspettiamo qualche premio pei nostri sforzi e rimaniamo delusi: non il successo, e nemmeno la felicità, nemmeno la pace della coscienza coronano i nostri sterili sforzi di fare il bene. Le nostre debolezze sono invincibili, le nostre virtù infruttifere; la battaglia ha il suo culmine nella nostra disfatta verso il tramontare del sole.          Quale spettro mostruoso non è mai l'uomo, morboso prodotto di polvere conglutinata, rialzante i piedi alternativamente o giacente narcotizzato di sonno! Egli ammazza, mangia, cresce, produce piccole copie di se stesso, coperto di peli a guisa d'erba, provveduto di occhi che si muovono e rilucono sul suo volto; una cosa da far strillare i bambini - eppure, considerato più da vicino, conosciuto come lo conoscono i suoi simili, quanto sono meravigliosi i suoi attributi! Povera creatura! posta quaggiù per così poco tempo, circondata da tante difficoltà, compresa di desideri così incommensurabili ed inconsistenti, se esaminiamo l'uomo lo troviamo pieno di virtù imperfette, infinitamente puerile, spesso mirabilmente coraggioso, e quanto buono! Sosta durante la sua vita momentanea per discutere intorno al bene e al male, sorge a combattere per un uomo o morire per un'idea; sceglie l'amico o la compagna con affetto cordiale; partorisce nel dolore e tira su a stento i suoi figli. E toccando il cuore del suo mistero troviamo in lui una preoccupazione, strana fino alla pazzia: la preoccupazione del dovere; il pensiero di qualcosa ch'egli deve a se stesso, al suo vicino, al suo Dio; un ideale di decoro che vorrebbe raggiungere se potesse: un limite di vergogna al quale, se possibile, egli non vorrebbe abbassarsi.          L'uomo è davvero destinato a fallire nei suoi sforzi verso il bene. Ma laddove i migliori furviano con più consistenza, quant'è più straordinario vedere tutti continuare lo stesso ad affaticarsi! E invero c'è allo stesso tempo da commuoverci e da incoraggiarci a vedere che in un campo dal quale è bandito il successo, la nostra razza non per questo cessi di lottare.          Dovunque qualche virtù custodita, dovunque qualche nobiltà di pensiero e di atteggiamento, dovunque l'insegna della inutile bontà dell'uomo: ah! se potessi mostrarvi tutto ciò!          Questo desiderio del bene e questo destino d'insuccesso permeano attraverso tutti i gradi della vita; questa terra non è che uno stadio di virtù inefficaci, un tempio di lagrime pie e di perseveranza. L'intera creazione geme e stenta; la nostra ignoranza è sapienza, la nostra breve vita è eternità.           E mentre dimoriamo, noi cose viventi, nella nostra isola di terrore e sotto l'imminenza della morte, Dio non voglia che sia proprio l'uomo, l'eretto, il ragionatore, il saggio ai propri occhi proprio l'uomo che si stanchi di fare il bene, che disperi dello sforzo non ricompensato o pronunzi la parola di lamento.          Basti questo alla fede: sapere che l'intera creazione geme nella sua mortale debolezza, lotta con costanza indomita: certamente non invano.( libera riduzione da "Pulvis et umbra" Robert Louis Stevenson)