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Leopardi: A Silvio


A Silvio.....Silvio, rimembri ancora quel tempo della nostra vita normale, quando verità splendea negli occhi nostri ridenti e fuggitivi, e tu, lieto e pensoso, il limitare di gioventù salivi? Sonavan le quiete stanze, e le vie d'intorno ad Arcore, al tuo perpetuo canto, allor che all'opre femminili intento sedevi, assai contento di quel vago avvenir che in mente avevi. Era il maggio odoroso: e tu solevi così menare il can per l'aia. Noi gli studi leggiadri talor lasciando e le sudate carte, ove il tempo mio primo e di me si spendea la miglior parte ancora senza Gelmini, d’in su i speroni del milanese castello porgea gli orecchi al suon della tua voce, ed alla man veloce che percorrea il membro flaccido. Mirava il ciel sereno, le vie dorate e gli orti, e quinci il mar da lungi, e quindi il monte. Lingua mortal non dice quel ch’io sentiva in seno (ma avevo una gran paura). Che pensieri brutali, che furbizia, che odi, o Silvio mio! Quale allor ci apparia la vita umana e il fato! Quando sovviemmi di cotanta speme, un odio mi preme acerbo e sconsolato, e tornami a doler di mia sventura. O giustizia, o giustizia, perché non rendi poi quel che prometti allor? perché di tanto inganni i figli tuoi? Tu pria che l’erbe inaridisse il verno, da chiuso morbo di alzhaimer combattuto e vinto, gioivi, o porconcello. E non vedevi più il fior degli anni tuoi; non ti molceva il core la dolce lode or delle nigre e bionde chiome, or degli sguardi innamorati e schiavi dei tuoi soldi; né teco i compagni di merende ai dì festivi ragionavan d’amore e corna. Anche perìa fra poco la speranza mia dolce: agli anni miei anche negaro i fati la libertà. Ahi come, come passato sei, caro compagno dell’età mia nova, mia lacrimata speme! Questo è il mondo? questi i diletti, il governo, l’opre, gli eventi, onde cotanto ragioni con Tremonti? questa la sorte delle umane genti italiche? All’apparir del vero tu, misero, cadesti: e con la mano la fredda morte ed una tomba ignuda mostravi di lontano.Manugia