Nell'Infinito

CONSAPEVOLEZZA


 
 Il controllo e l'utilizzo cosciente delle forme pensiero consiste in ciò che solitamente chiamiamo - magia - Essere ancora identificati con le proprie forme pensiero equivale invece al venirne inconsapevolmente controllati e utilizzati... e questa è schiavitù Ogni volta che pensiamo a qualcuno, da noi parte un'energia che si dirige verso quella persona. Chi possiede i sensi sottili molto aperti la può osservare anche fisicamente. Il fatto che tale energia arrivi effettivamente all'altra persona è tutta un'altra questione, in quanto ciò dipende dalla forza con cui tale pensiero viene inviato. Un pensiero casuale di pochi secondi non raggiunge l'obiettivo, ma un pensiero ripetuto - quindi una forma pensiero legata a quella persona -, ancora di più se associata a un sentimento d'amore o a uno d'odio, sicuramente incontrerà il suo obiettivo. Forme pensiero di rancore, oppure di vendetta possono rivelarsi molto potenti. Lo stesso vale per l'amore, sia quando è un moto del Cuore, sia quando è legato a un sentimento di possesso e gelosia. Inconsciamente spediamo degli "oggetti" o addirittura dei "legamenti" ad altre persone. Ma quando arrivano sull'obiettivo cosa accade esattamente? Se la persona è mentalmente impegnata in un lavoro - se si trova cioè in uno stato "attivo" - la forma pensiero sorvola la sua aura fino a quando non trova le condizioni adatte per entrare, le quali si verificano quando essa torna in uno stato "passivo", ossia non appena la sua mente non è più concentrata su un obiettivo e vaga senza una meta precisa nell'immaginazione oziosa. In che misura una persona può venire danneggiata da questa forma pensiero negativa proveniente dall'esterno? Nella misura in cui il suo essere entra in risonanza con tale energia. Vi faccio un esempio: se mi arriva una forma pensiero di odio dal mio ex fidanzato e dentro di me esiste dell'odio - ancor di più se quest'odio e rivolto proprio a lui - allora essa potrà farsi largo al mio interno e incrementare la mia capacità di provare odio, che io poi riverserò su altri soggetti o eventi della mia vita. La persona in questione può giungere ad ammalarsi, oltre che psichicamente, anche fisicamente. La reale causa della malattia non sarà però la forma pensiero in sé, ma l'odio che tale forma è in grado di risvegliare dentro quella persona. Ma deve già essere presente in lei una certa capacità di odiare. Le emozioni negative che noi reiteriamo per lungo tempo al nostro interno provocano il logoramento dei nostri organi e l'indebolimento del nostro sistema immunitario. Se noi inviamo dell'odio a Gesù o a un qualunque altro iniziato di alto grado, quest'odio innanzitutto troverà quel personaggio in uno stato di Presenza costante, in uno stato sempre "attivo", per cui sarà ben difficile che la forma pensiero penetri nella sua aura. Ma quand'anche possa farlo, o l'iniziato consenta di farlo allo scopo, per esempio, di trasmutarla, tale energia non potrà entrare in risonanza con il suo essere, in quanto nel suo essere non c'è odio per nessuno. Egli potrà dunque controllarla e utilizzarla come una "sostanza" a lui estranea, senza subirne le conseguenze. Chi invece possiamo avere la sicurezza che verrà sempre danneggiato da una forma pensiero di odio? Ovviamente chi la invia. Infatti l'odio che io sto provando non è detto che raggiunga la persona in questione, per i motivi che abbiamo esposto, ma sicuramente danneggia me, perché è da me che è partita e quindi il suo primo effetto nefasto lo provocherà all'interno della mia stessa aura, inquinandola e rendendola sempre più soggetta a malesseri psicologici e malattie fisiche. Se l'iniziato si disinteressa o nemmeno si accorge dell'odio che gli è stato inviato, questo rimbalzerà contro la sua aura e prenderà la via del ritorno seguendo la linea di minor resistenza, la quale non potrà che essere quella già tracciata durante il percorso di andata. Per cui chi prova rancore verso un'anima elevata ne subirà le conseguenze due volte: nel momento in cui lo prova, in quanto danneggia la sua stessa aura, e in seguito per effetto del "ritorno a casa" della forma pensiero. (S. Brizzi)