Le parole per dirlo

22 settembre 2006


La scuola elementare era alle spalle, approdavo alle scuole medie come il bambino troppo vivace, quello che non riesce a stare seduto per più di un ora.Fuori dalla scuola frequentavo quattro o cinque amici che abitavano nella mia stessa zona. Io ero grassottello con le sopracciglia unite (da qui il soprannome "Peo"), bassettino e con i capelli semi lunghi, appassionato di cucina e computer, amante dei motori. La mia passione per i dolci mi portava a preparare qualsiasi tipo di ricetta, torta al cioccolato, torta di carote, al cocco, al cocco e cioccolato, all'uva passa, alle mele, torta della nonna, ai pinoli, alle goccie di cioccolato, alle nocciole. Passavo interi pomeriggi a cucinare, a sperimentare, ad assaporare i più dolci piaceri!!! La sera non vedovo l'ora che la cena finisse solo per offrirne una fetta a mio padre, lo osservavo mentre guardava il mio operato, sentiva il profumo... mentre si accingeva a dargli il primo morso io ero li che lo guardavo, pieno di orgoglio, ansioso, pronto a arraffare il più piccolo complimento; se ne chiedeva un'altra fetta voleva dire che il mio dolce gli era piaciuto, che lo apprezzava, che mi apprezzava... Ero fiero di me stesso, fiero di ciò che avevo fatto, felice di essere stato ricompensato semplicemente con un sorriso.La cucina era per me una grande fonte di soddisfazione, riuscivo con le mie mani a creare un qualcosa che, una volta apprezzato, mi ripagava con le emozioni. Mi sentivo un'artista... Un pittore degno della sua tela...Non riesco a pensare ad alcun bisogno dell'infanzia altrettanto forte quanto il bisogno della protezione di un padre.  (Freud)