mi dispiace per voi

C'era una volta - parte prima


                            C’erano una volta gli scompartimenti, piccoli paradigmi di una società andata. I treni erano divisi in vagoni, i vagoni in scompartimenti, ogni scompartimento in due file contrapposte fra loro in modo che ci si potesse ben guardare in faccia.             Ogni scompartimento rappresentava un microcosmo; nei limiti del possibile, dopo una rapida occhiata dal corridoio - altro mitico luogo di fugaci incontri – ti sceglievi il tuo: quello vuoto se avevi litigato con il tuo ragazzo e ti accorgevi, per la prima volta, di odiare il mondo; quello con il signore che leggeva tranquillamente se c’era in cantiere un esame e avevi bisogno di ripassare; quello con la famigliuola in vacanza se fuori c’era il sole e la vita ti sorrideva. Tralasciamo, ma scagli la prima pietra chi non l’ha fatto, le scelte effettuate quando il viaggio era lungo e il tramonto imminente: nei sogni di generazioni di ragazzi un posto in primo piano l’hanno sicuramente occupato inenarrabili avventure d’una notte a bordo del convoglio dei sogni.             Ricordo, con grande nostalgia, polpette al sugo sgocciolanti (sui miei appunti di fisica) durante il tragitto dal contenitore aperto sulle ginocchia della mamma alla mia destra, fino alla bimba seduta alla mia sinistra, un bacio da brividi in galleria dallo sconosciuto che mai più rividi, complice il libro del momento emozionalmente condiviso; la notte di Vermicino, in un treno per Roma, e l’intera popolazione di quel convoglio affacciata ad ogni fermata ad offrire a chi era a terra, stazione per stazione, sguardi di speranza.              Impossibile dimenticare la notte di Italia-Germania negli anni che ritenevamo spensierati e nell’età che sicuramente lo era, l’orgoglio di essere italiani mentre una comitiva di olandesi stappava bottiglie di birra e scambiava con noi ragazzi abbracci profumati di malcelata invidia. E gli improvvisati comizi adolescianziali che ti facevano sembrar grande - e non lo eri - e i ritardi d’ore che ti lasciavano con il cuore in gola, cellulari di là da venire e mamme in pensiero da avvisare…             Poi un giorno a qualcuno venne in mente di abbattere i divisori e ruotare la metà dei sedili, ad altri di brevettare I-POD e relative cuffiette, al Berlusca e company di avvelenare il dibattito politico e ridurlo, in ogni ambito, a rissa d’osteria.             Cosa resta di quei treni, anzi, di quegli scompartimenti? Forse solo questa community, con le sue stanze e chi non si conosce nemmeno a condividere, in pochi istanti, storie ed emozioni. Ma qua finisce ogni somiglianza: là c’erano volti e vite reali, odori e colori; qui nick e foto di convenienza.             Lasciatemi ricordare e rimpiangere quei viaggi senza fine, perché comunque qualcosa te la portavi addosso anche quando terminavano quei quattro gradini e dall’altra parte del fabbricato, nel parcheggio e nella sua Panda, c’era la mamma ad aspettarti per riportarti a casa, al tuo ruolo reale, dove alle cose da fare non era concesso il privilegio di mescolarsi con i sogni.