PAROLE ONDEGGIANTI

Inside man


Nel cinema contemporaneo succube delle logiche di globalizzazione, dell'evoluzione della tecnologia, del marketing e della commercializzazione, è sempre più difficile percepire la mano, lo stile di un regista. Spike Lee è un'eccezione. I suoi film hanno un marchio di fabbrica unico. I movimenti di macchina (odiati da alcuni), i carrelli, la fotografia, i riferimenti al razzismo, l'uso spropositato delle parole, sono elementi perenni del suo cinema che esprime emozione, attraverso i contrasti e l'onanistico utilizzo della macchina da presa.Inside man ne è un'ulteriore conferma. Divertita e assoluta.In una struttura da noir classico (altro genere con cui si confronta il regista), una banda di rapinatori, guidata da Dalton Russel (Clive Owen) entra in una banca e prende in ostaggio dipendenti e clienti. Il caso viene assegnato allo stiloso e brillante Detective Frazier (un sempre meraviglioso Denzel Washington), che instaura un rapporto telefonico con l'autore del sequestro. Per Frazier, un problema non è abbastanza, e un losco intrigo si intreccia con la rapina, coinvolgendo una donna (Jodie Foster) a difesa delle istituzioni.Perfetto nella sceneggiatura intelligente e "tricky", intoccabile nella cura dei particolari (il gessato bruciato, il cappello avana, la camicia bianca e la cravatta regimental oro e blu di Denzel sono classe pura), ricco nella regia che culmina nel piano sequenza all'interno della banca, questo "magic touch" d'autore diverte nel mettere in scena una storia che cita Spillaine e Chandler, immergendoli nella poetica da strada del cineasta.Inside man è vero cinema. E Spike Lee is the Man.