Creato da ninandrea il 23/04/2009

Progetto profughi

La profuganza in Italia.

 

 

Tutte le falle giuridiche della "svolta" Maroni

Post n°5 pubblicato il 16 Maggio 2009 da ninandrea

L'ANALISI

di VITTORIO LONGHI

 

La svolta nella gestione dell'immigrazione e degli arrivi via mare, secondo il ministro dell'Interno Maroni, starebbe in un nuovo modello, tutto italiano, fondato su quello che lui stesso ha definito "il principio del respingimento". Ma, quando riguarda richiedenti asilo, non è ancora chiaro a quali leggi o convenzioni faccia riferimento.

Il testo unico
Forse si tratta del Testo unico sull'immigrazione del 1998, che all'articolo 10 parla espressamente del respingimento e recita: "La polizia di frontiera respinge gli stranieri che si presentano ai valichi di frontiera senza avere i requisiti richiesti per l'ingresso nel territorio dello Stato". Lo stesso articolo, però, dice anche che le norme "non si applicano nei casi previsti dalle disposizioni vigenti che disciplinano l'asilo politico, il riconoscimento dello status di rifugiato, ovvero l'adozione di misure di protezione temporanea per motivi umanitari". Perciò il Testo unico nazionale rimanda al principio universale del "non respingimento" dei richiedenti asilo, proprio l'opposto di quello invocato da Maroni e contemplato invece dal diritto europeo e internazionale.

Le convenzioni internazionali
A vietare tassativamente il respingimento di rifugiati o richiedenti asilo sono gli obblighi internazionali che nascono, nello specifico, dalla Convenzione sui Rifugiati del 1951 e dal Protocollo del 1967, dalla Convenzione Internazionale sui diritti civili e politici, dalla Convenzione Onu contro la tortura, dalla Convenzione europea sulla protezione dei diritti umani.
Il ministro leghista ha detto che "il respingimento alle frontiere è previsto dalle normative europee" senza precisare quali e senza considerare che tutto il sistema normativo europeo in materia d'asilo si basa sulla convenzione di Ginevra. Quindi, di nuovo, sul principio del non respingimento. Tra l'altro, la convenzione europea sui diritti umani vieta "la tortura, il trattamento disumano e degradante" e la Corte di Strasburgo per i diritti umani applica questo divieto anche nei contesti di respingimento ed espulsione. E neanche si può circoscrivere la questione alle acque di competenza. L'obbligo di non-respingimento non comporta alcuna limitazione geografica - secondo le convenzioni - e si applica a tutti gli agenti statali nell'esercizio delle loro funzioni all'interno o all'esterno del territorio nazionale.
A questo proposito, il diritto è ancora più preciso: nel caso di richiedenti asilo che affrontano un viaggio via mare, il non-respingimento si applica all'interno delle 12 miglia di acque territoriali, così come nelle acque contigue, in mare aperto e nelle acque costiere di paesi terzi. Praticamente senza limitazioni.

L'accordo con la Libia
Inoltre, il rinvio diretto di un rifugiato o di un richiedente asilo verso un paese nel quale teme di essere perseguitato non rappresenta l'unica forma di respingimento. Anche il rinvio indiretto verso un paese terzo - la Libia in questo caso - che potrebbe successivamente rimandare la persona verso il paese di temuta persecuzione, costituisce respingimento. Così facendo, entrambi i paesi sarebbero ritenuti responsabili, cioè sia la Libia che l'Italia. E non risulta che nell'accordo bilaterale con il governo libico l'Italia abbia preteso garanzie del rispetto dei diritti umani, compreso il diritto d'asilo, per le persone che vengono riportate a Tripoli in seguito al pattugliamento delle coste libiche.

Tutto questo dimostrerebbe che il principio di respingimento di Maroni non trova alcun fondamento nel diritto nazionale, in quello europeo e in quello internazionale quando si tratta di persone che chiedono protezione. Pertanto non potrebbe essere applicato per rimandare indietro quei migranti che arrivano via mare e che, nel 75 per cento dei casi, sono richiedenti asilo.

(9 maggio 2009)

 
 
 

Respingimenti, Fini insiste: "Prima verificate il diritto d'asilo"

Post n°4 pubblicato il 16 Maggio 2009 da ninandrea

Fini a Maroni: verificare il diritto d' asilo

LIANA MILELLA ROMA - Un colpo da Fini e uno dal Consiglio d' Europa. Uno più duro dell' altro. Contro Maroni e la politica di ributtare in Libia gli immigrati prima di qualsiasi verifica sui possibili diritti d' asilo, indifferente a bambini e donne incinte. Con il ministro dell' Interno resta quello degli Esteri Frattini («Attuiamo le norme europee»), ma anche chi, tra gli ex di An come La Russa e Ronchi, mal vede le aperture umanitarie del presidente della Camera. Alla vigilia della fiducia a Montecitorio sul pacchetto sicurezza (sarà posta oggi, votata domani e giovedì), la svolta di Maroni continua a dividere la maggioranza, ma anche il Pd. L' interrogativo è uno: l' Italia può respingere in Libia gli stranieri senza verificare se c' è chi avrebbe diritto all' asilo? La Chiesa si è spesa con tante voci per un no netto. Fini l' aveva anticipato subito e ieri l' ha ridetto mentre era ad Algeri per un incontro con il presidente Bouteflika. «Non si può dire che respingere l' immigrato che entra clandestinamente violi il diritto internazionale, ma abbiamo il dovere di verificare se tra i respinti c' è chi ha diritto di chiedere asilo». Soprattutto perché «è noto che in alcuni paesi non vengono rispettati i diritti dell' uomo». È quanto sostengono l' Onu e organizzazioni come Amnesty international e Save the children. Perché non ci siano equivoci, Fini ribadisce: «Un conto è l' immigrato clandestino, un conto chi può chiedere l' asilo». Esulta il segretario di Rifondazione Ferrero perché «dice cose di buon senso, parla da esponente di una destra europea, né fascista né razzista». Fascismo e razzismo che «starebbero nel governo». In contemporanea, a Bruxelles, parla Thomas Hammarberg, il commissario per i diritti umani del Consiglio d' Europa, che ha già bacchettato Maroni per via dei rom e del Cpt di Lampedusa. «Spero che l' Italia non vada avanti con questa politica perché la sua iniziativa mina totalmente il diritto di ogni essere umano di chiedere asilo». E ancora: «Io sono totalmente in linea con la posizione del Vaticano». A bilanciare le sue parole ci sarebbe, ma a dirlo è la sottosegretaria agli Esteri Margherita Boniver, quanto le avrebbe comunicato il commissario Ue per la giustizia Jacques Barrot. Un via libera all' operazione italiana con l' appoggio anche all' ipotesi di aprire in Libia un punto Ue o Onu per gestire i clandestini. Per Hammarberg un' idea non «risolutiva». Respingere o accogliere? Destra e sinistra si dividono. Come nel Pd dove Rutelli è favorevole ai respingimenti («Basta con le ipocrisie»), Franceschini e Bersani contro. E mentre 69 migranti, su un barcone a 70 miglia da Lampedusa (quindi in acque Sar, "search and rescue", maltesi), vengono recuperati dalla nave Spica della Marina militare cui Malta rifiuta l' ingresso in un suo porto. Ne nasce uno scontro, l' ennesimo, tra i due stati. Ma il salvataggio passa in secondo piano perché gli approdi in Italia diventeranno un' eccezione. Lo prova il sostegno che tre ministri, La Russa (Difesa), Alfano (Giustizia) e Ronchi (Politiche comunitarie) dannoa Maroni. Il primo va contro Fini perché «il diritto d' asilo va esaminato solo quando si entra in acque italiane». Il secondo definisce Oggi la fiducia sul pacchetto sicurezza. Divisioni anche nel Pd Rutelli: sui clandestini bisogna superare le ipocrisie della sinistra - LIANA MILELLA

 
 
 

Un aiuto concreto!

Post n°3 pubblicato il 02 Maggio 2009 da ninandrea
Foto di ninandrea

Vi proponiamo la possibilità di aiutare persone in difficoltà con un aiuto concreto, un dono che deve venire dal vostro animo. Durissimi combattimenti in Sri Lanka hanno costretto oltre 160mila civili ad abbandonare le loro case. Migliaia di famiglie stanno vivendo una situazione drammatica e un inimmaginabile trauma.
L'Agenzia dell'ONU per i Rifugiati sono sul posto per allestire campi e fornire tende e altri aiuti a queste famiglie che sono fuggite senza portare nulla con loro. Due ponti aerei hanno portato a Colombo 5mila tende, ma non sono sufficienti. C'e' urgente bisogno di altre tende, kit di sopravvivenza e coperte. In questo momento di grave emergenza, la tua donazione dara' protezione e salvera' molte vite. Questo link vi porterà alla pagina allestita per la donazione di un kit di sopravvivenza o di una tenda da campo. Un sacrificio per salvare la vita di persone in difficoltà! http://static.contactlab.it/unhcr/appeal/2009/05.html

 

 

 

 



 

 
 
 

La profuganza. Un tema importante anche per noi ragazzi.

Post n°2 pubblicato il 23 Aprile 2009 da ninandrea

Ciao!

Siamo un gruppo di studenti delle classi 5^Y e 5^Z del Marinoni, istituto per geometri di Udine; quest’anno con i nostri insegnanti di diritto e di storia abbiamo approfondito un tema complesso e controverso: quello dei profughi e del diritto d’asilo.

Abbiamo cominciato ad affrontare questo argomento, parlando dei profughi italiani della prima guerra mondiale, quelli che fuggirono dal Friuli Venezia - Giulia e da parte del Veneto dopo la ‘rotta’ di Caporetto nel 1917.

Abbiamo poi parlato dei profughi istriani esuli dall’Istria e dalla Dalmazia alla fine della seconda guerra mondiale e dei profughi che arrivarono anche in Italia fuggendo dalle guerre interetniche dell’ex Jugoslavia nel corso degli anni ’90.

Abbiamo capito che, in tutti questi casi, queste masse di persone non avevano alternative e scappavano, abbandonando le loro case e le loro terre, per avere salva la vita.

Abbiamo, poi, analizzato il testo della nostra Costituzione; infatti, nei principi fondamentali, all’articolo 10, la nostra Carta costituzionale che, non a caso, è del 1948, parla del diritto d’asilo e afferma che “lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”.

 L’Italia, dunque, in base alla sua Costituzione deve accogliere gli stranieri che nel loro Paese non si vedono riconosciuti i diritti umani fondamentali, quelli di cui noi godiamo.

E’ una formulazione molto ampia del diritto d’asilo, più ampia di quella prevista dalla Convenzione di Ginevra del 1951 sui diritti dei rifugiati che, invece, restringe questo diritto solo a chi è perseguitato in patria.

Oggi, in Italia, abbiamo finalmente, oltre al testo costituzionale, molto garantista, anche due decreti legislativi del 2007 e del 2008 che definiscono con chiarezza in quali casi e come gli stranieri che arrivano in Italia possono chiedere la protezione del nostro paese.

Gli sbarchi di stranieri sulle nostre coste sono quotidiani e drammatici: molti fuggono da paesi in guerra, da violenze ed orrori che noi spesso non riusciamo nemmeno ad immaginare e, forse, vien da dire, è meglio così. Però non possiamo girare la testa ignorandoli o, peggio, pensare di ricacciarli da dove sono venuti, rifiutandoci di capire perché arrivano e cosa può fare un paese democratico come il nostro di fronte a questa emergenza umanitaria.

Vorremmo sapere cosa ne pensano altri ragazzi come noi, sia della nostra come di altre scuole e cosa ne pensano insegnanti e genitori. Comunque, ci interessa l’opinione di chiunque voglia dire la sua sull’argomento.

Il dibattito è aperto!

 
 
 

La Profuganza

Post n°1 pubblicato il 23 Aprile 2009 da ninandrea
Foto di ninandrea

 

Fra i tanti avvenimenti che hanno contraddistinto la storia dell'uomo, alcuni dei più ricorrenti e drammatici vanno riferiti agli esodi forzati che hanno avuto per protagonisti milioni e milioni di individui, costretti a lasciare i loro rispettivi Paesi d'origine per motivi politici, etnici e religiosi. E l'eccessivo afflusso di profughi provenienti dalle realtà più disastrate del continente europeo ha creato non pochi problemi anche in Italia, per via della sostanziale inadeguatezza delle strutture destinate ad accogliere i nuovi arrivati. Pertanto, dopo aver cercato scampo dalle rovine e dalle catastrofi della guerra , molti profughi restano in una condizione assolutamente precaria, per molti versi simile a quella degli immigrati clandestini e comunque destinata ad un futuro ricco di incognite.
Tanto per rimanere in un'epoca storica relativamente recente, si potrebbe ricordare, ad esempio, che furono più di due milioni gli Ebrei fuggiti dalla Germania a causa delle persecuzioni naziste. Così come sono stati oltre un milione i Palestinesi costretti a rifugiarsi nei campi profughi dei Paesi arabi dopo che, nel 1948, la Palestina si trasformò nel nuovo Stato d'Israele, destinato ad accogliere gruppi etnici di religione ebraica provenienti dai più disparati angoli del globo.
Nel contesto di quelle che potrebbero essere definite come vere e proprie "migrazioni di massa", non vi è dubbio, però, che un ruolo di primo piano sia sempre stato svolto dalle guerre, le quali, oltre a provocare enormi lutti e distruzioni, hanno puntualmente causato, come immediata conseguenza, irrefrenabili sodi di gruppi umani. Così, se la prima guerra mondiale si limitò a provocare "appena" sei milioni di profughi, la seconda diede luogo, per via diretta o indiretta, alla migrazione di ben sessanta milioni di persone, quasi tutte costrette a trasferirsi al di fuori dei propri Stati sotto la spinta di motivi indipendenti dalla loro volontà. Purtroppo, ancora oggi, a cinquanta anni di distanza dall'ultimo conflitto mondiale, l'Europa è costretta a confrontarsi con l'emergenza profughi, per effetto degli sconvolgenti avvenimenti che hanno interessato, in particolare, tutto l'Est Europeo e buona parte Penisola Balcanica.
Tutto ebbe inizio qualche anno fa, successivamente alla caduta dei regimi socialisti nell'Europa Orientale e la conseguente apertura delle frontiere per l'emigrazione, cominciò a spingere centinaia di migliaia di persone a riversarsi in massa nei ricchi ed opulenti Stati dell'Occidente, alla ricerca di un po' di benessere dopo la fame, le privazioni e le delusioni patite sotto il totalitarismo comunista. Poi, si è aggiunto il dramma dell'Albania, dove il locale regime dispotico e dittatoriale ha costretto innumerevoli profughi ad abbandonare repentinamente il Paese, cercando scampo soprattutto a bordo di navi obsolete ed insicure, molte delle quali affondate durante le traversate perché sovraccariche di passeggeri. Il dramma degli Albanesi è ancora oggi, purtroppo, ma triste realtà e le tragedie si ripetono.
Infine, è esplosa la tragedia della ex Jugoslavia, dove il genocidio perpetrato ai danni di intere popolazioni ha indotto migliaia di poveri innocenti a cercare rifugio all'estero, quale unica possibilità di salvezza contro gli orrori e le minacce vissuti in patria.
L'insieme devastante di questi eventi ha quindi riprodotto ed amplificato il dramma dei profughi, riproponendo uno sconcertante problema di cui l'Italia, rispetto ad altri Stati del continente, ha indubbiamente risentito in maniera più approfondita. La collocazione geografica del nostro Paese, infatti, ha enormemente agevolato l'indiscriminato afflusso di profughi provenienti dall'estero; mentre i profughi dell'Europa dell'Est e della Jugoslavia hanno varcato le frontiere italiane passando soprattutto attraverso le regioni nordorientali, quelli dell'Albania non hanno potuto far altro che superare lo stretto braccio di mare dell'Adriatico per ritrovarsi sulle nostre coste soprattutto quelle pugliesi, alla ricerca, come tutti gli altri profughi di pace, lavoro e tranquillità.
In realtà, queste attese sono andate rapidamente deluse, dal momento che l'Italia si è mostrata sostanzialmente impreparata ad accogliere adeguatamente i nuovi arrivati, il cui afflusso massiccio ha creato non pochi problemi agli organi responsabili dell'ordine pubblico e dell'assistenza ai profughi stranieri. Né tanto meno si poteva sperare di risolvere la questione con i semplici appelli alla solidarietà e alla lungimiranza, dal momento che gli slanci di generosità delle famiglie italiane, che pure sono tangibili e consistenti, sono forse serviti a tamponare le emergenze più immediate, ma di certo non hanno potuto far fronte agli oneri derivanti da una permanenza duratura dei profughi, la quale avrebbe potuto trovare un valido supporto solamente nelle strutture e nelle risorse messe a disposizione dagli organi statali.
Le carenze imputabili alle strutture di accoglienza sono apparse evidenti soprattutto in merito alle condizioni dei rifugiati provenienti dalla ex Jugoslavia, a favore dei quali era stata emanata una specifica direttiva governativa, in virtù della quale lo Stato avrebbe dovuto accollarsi tutte le spese di mantenimento per quegli sfollati che fossero risultati privi di autonomi mezzi di sostentamento. A tale proposito, bisogna anzi ricordare che le normative in questione sono state riconosciute all'unanimità come alcune delle più decenti legislazioni in materia di accoglienza a livello europeo, solo che i buoni propositi enunciati nelle disposizioni di legge hanno trovato scarsa attuazione pratica nei fatti.
Basti pensare che le autorità statali sono riuscite a prendersi cura solamente di poco più di duemila profughi, ospitati in caserme militari con un costo di circa cinquantamila lire al giorno per ciascuno, naturalmente a carico delle casse statali. In effetti, più che in accoglienza vera e propria, questa soluzione si è trasformata in una sorta di ghettizzazione, visto che i rifugiati, pur essendo dei civili a tutti gli effetti, sono stati costretti a dimorare in ambienti militari ai quali si può accedere solo dopo aver ottenuto l'autorizzazione prefettizia e dopo aver passato tutti i dovuti controlli agli ingressi sorvegliati dalle guardie.
Molto più fortunati possono ritenersi quei profughi la cui assistenza era nelle mani di associazioni di volontariato e agli enti locali, i quali hanno provveduto a dirottare i profughi presso famiglie italiane disposte ad ospitarli, oppure in appositi centri di accoglienza.
Pure in questo secondo caso, i beneficiari delle strutture di accoglienza assommano solamente a poche migliaia di persone, anche se, in effetti, si tratta di una quantità che potrebbe facilmente aumentare, se solo le autorità competenti si decidessero a stanziare i necessari finanziamenti, per supportare l'operato dei volontari e degli organismi amministrativi locali.
Pertanto, non resta che auspicare il repentino superamento delle beghe burocratiche che hanno eccessivamente ostacolato la cooperazione fra le autorità governative e gli enti locali, così da poter attivare nuovi e specifici progetti di accoglienza a favore di quei profughi che vivono ancora abbandonati a se stessi.
Proprio questi ultimi, del resto, rappresentano la categoria di gran lunga più numerosa, dal momento che, a fronte del limitato numero di rifugiati ospitati nelle caserme o nei centri di accoglienza, sono decine di migliaia quelli che vivono in condizioni precarie, costretti ad arrangiarsi da soli in una vita fatta di emarginazione e di stenti, dove anche il barlume della speranza si è ormai fortemente affievolito.
La loro situazione, peraltro, appare difficilmente migliorabile anche alla luce dei continui arrivi di nuovi profughi, i quali, producendo un inevitabile sovraffollamento, rendono vano ogni tentativo di controllare una situazione già di per sé oltremodo precaria.
Inoltre, alla pari di ciò che accade per gli individui extracomunitari, anche i profughi di guerra finiscono spesso per essere scambiati come "parassiti" di una presunta società del benessere, in cui gli istinti di solidarietà devono puntualmente fare i conti con diffusi sentimenti di intolleranza e xenofobia, che sovente si traducono nella richiesta di più solidi sbarramenti contro coloro che vengono a cercare rifugio o aiuti nel nostro Paese.
Di conseguenza, dopo aver già patito il dramma del distacco dalla propria terra e dai propri affetti, gran parte dei profughi deve rassegnarsi anche alle discriminazioni subite nelle località di accoglienza, ed è quanto meno assurdo, oltre che vergognoso, che debba essere questo, per loro, il prezzo da pagare per sfuggire alle atrocità della guerra.

 
 
 

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