MARMOTTA

IL SEGRETO DELLA MARMOTTA


Devo confessarlo. Se parlo così bene l'inglese, tanto da riuscire a spacciarmi per una straniera, tanto da riuscire a leggere qualunque testo senza difficoltà, tanto da riuscire a capire il 99% di quello che viene detto dai parlanti madrelingua, non è solo perché ho avuto dei bravi insegnanti o perché ho studiato molto. La verità è che quando avevo 4 anni Babbo Marmotto e Mamma Marmotta mi hanno portato con loro negli Stati Uniti. Avevano una pizzeria laggiù già da molto tempo, ma prima di quell'autunno del 1984 non avevo mai visto quei luoghi.E negli Stati Uniti non c'era verso di scappare alla legge anche se eri un immigrato
: hai una Figlia Marmotta di 4 anni? Deve andare all'asilo, come tutti i bambini! Visto che paghi le tasse, quello comunale è gratuito. Non importa da dove veniate, che lingua parliate e che religione professiate. All'asilo la Marmottina dovrà imparare a comportarsi, a comunicare in maniera educata, a ragionare, a rispettare le regole e i diritti degli altri, e ovviamente a parlare la lingua standard. E questo non valeva solo per me ma per tutti i figli degli immigrati come noi, non solo italiani. Dei 25 bambini del mio anno solo la metà erano veri americanini WASP (white, anglo-saxon, protestant), gli altri si dividevano tra afroamericani, portoricani, cinesi, messicani, russi (già! russi!!! prima che Rocky IV si riconciliasse con Ivan "Ti spiezzo in due" Drago, e prima che Michael "crapa pelata" Gorbacëv cominciasse a parlare di Perestroika nella mia classe c'era una bambina russa) e vietnamiti in un mosaico di lingue, colori e culture che farebbe impallidire Arlecchino per la sua varietà. E poi ovviamente c'ero io, la piccola Marmottina italiana alla quale per le feste chiedevano sempre di portare una teglia di lasagne o di parmigiana di melanzane fatta da Mamma Marmotta.
Eppure, non mi sentivo diversa dai miei amici. Noi tutti eravamo diversi, e questa non era mica una cosa della quale vergognarsi.All'asilo Mamma Marmotta mi iscrisse il 3° giorno che eravamo su suolo americano. Sapevo dire solo iès, nô, pliiis e tenchiù, e oltretutto non capivo perché ogni mattina prima delle lezioni dovevamo salutare la bandiera. 
Ciao bandiera! Però già giocavo coi miei amichetti, imparavo ad allacciarmi le scarpe, a leggere, a cantare, a riconoscere destra e sinistra, a contare i fiorellini. E così in capo a un mese già descrivevo l'Italia agli altri, e tornavo a casa raccontando a Mamma Marmotta le meraviglie dell'America che mi descrivevano. Venti anni dopo ho conseguito la laurea in Lingue e Letterature Angloamericane e oggi il mio lavoro si basa sostanzialmente sull'approfondita conoscenza di lingue e culture diverse dalla mia. E quando guardo le foto della mia classe, beh, il cuore mi si riempie di gioia e di malinconia per i bei momenti passati.
Oggi. Oggi leggo i giornali e penso che se a quei tempi Reagan avesse avuto un ministro dell'Istruzione Pubblica come Mariastella Gelmini o come quella (mica tanto)cripto-razzista del sindaco di Goito, le cose per me sarebbero state molto diverse. E probabilmente anche per i miei genitori.Avrei dovuto capire l'andazzo che tirava già da molto tempo, quando a 6 anni tornai in Italia per iniziare il ciclo delle elementari. L'intera scuola mi guardava con sospetto perché non parlavo il dialetto locale, ma solo italiano e inglese, perché leggevo moltissimi libri illustrati e perché alla fine di una frase dicevo sempre grazie e per favore. È stato esattamente da allora, in quella scuola sita a 120 metri da casa mia, che ho cominciato a sentirmi diversa.
CANZONE DEL GIORNO: Caparezza - Io vengo dalla LunaIo non sono nero, io non sona biancoio non sono attivo, io non sono stancoio non provengo da nazione alcunaio, si, io vengo dalla Lunaio non sono strano, io non sono pazzoio non sono vero, io non sono falsoio non ti porto iella né fortunaio, si, ti porto sulla Luna