Marvelius

L uomo nel vento :Ricordi I


  Sfiorò col palmo della mano il prato d’erba su cui eraseduto.Ne carezzò le punte e gli steli morbidi e flessibili chenon opposero resistenza.Il suo sguardo era sereno come le acque di un lagosenza correnti e si perdeva verso un orizzonte fatto diaspre colline battute dal vento si stagliava davanti a luicome un simulacro inaccessibile ma allo stesso tempoimperioso e sublime rapiva i suoi occhi penetrandodentro i pozzi oscuri della sua anima, sempre in bilicosul dirupo dei suoi cupi pensieri.Rocce scure e deformi tra  piccoli ciuffi di ginepro eciglia fiorite di ginestre si ergevano solitarie nel silenziodel mare mentre  gruppi di cormorani urlavano sui cippidei greppi e le alture degradanti della scogliera.I primi alberi si inerpicavano lungo lo stretto pendio cheportava al pianoro degli oleandri tra profumi di fiorisconosciuti che non avrebbero mai incontrato l’alitobrumoso dell’inverno .Fusti squamosi e lisci di eucalipto e salici piangenti,qualche pino maestoso  e vecchi cipressi solitaripuntellavano il sentiero serpeggiante che lui  era solitopercorrere tutte le sere, nella luce smorzata delcrepuscolo, quando il sole si inabissava nelle acquedel mare incendiandone il profilo come un rogo liquefatto.
 Così, col fuoco sciolto dell’orizzonte a scaldargli le spalleegli si avviava silenzioso tra i fili dei suoi pensieri versoquell’oasi di pace cercando di sbrogliare i  nodi della suaesistenza tra un altalena di rimandi che lo confinavanoin un silenzio dal sapore incerto e molesto.Al mattino, quando la luce dell’alba si stagliava tenue sulleprime cime dei monti come ampie lamine  pastello, aprivala porta di quella dimora e indossato il suo mantellosalutava nel suo cuore il nido caldo che l’aveva protetto esedotto con le sue delizie  e con passi misurati scandiva iltempo e lo spazio  avviandosi verso il suo faro.Tornava al suo mare burrascoso e al suo vento gentile, alRespiro Del Drago, come sorridendo amaramentericordava a se stesso nelle sue veglie notturne.D’un tratto sentì come un tonfo nel profondo del petto,chiuse gli occhi e reclinò il capo abbandonandosi a ricorditroppo a lungo costretti tra sbarre d’argento, troppospesso sigillati nello scrigno inviolabile del suo pozzo,chiuso nelle segrete di abissi profondi e sconosciutifinanche alla sua anima. 
 Nella regione  dei suoi tristi pensieri andavapescando la sua memoria con i fili e i legaccidi un pirata sapiente, buttava al largo della fondai suoi ami dove arpionare le esperienze di untempo passato e la rete dei ricordi pian pianoaffiorò portando con sè biglie di cristallo in cuila vita si materializzava in immagini e paroledimenticate da tempo. Un inglorioso succedersi dieventi che lo confinava, insieme alle persone che loavevano sfiorato, nel limbo di ricordi torbidi e cosìdifficili da dimenticare che come foglie recisedall’alburno tralcio si torturavano negliangoli e nei recessi di spazi angusti mulinati dal vento.Lentamente però  il suo corpo trovò la quiete chespesso smarriva nell’ansia e nel tormento e sul tappetodi caule filute si fuse divenendo esso stesso erba e terra.Tra i rossi papaveri di campo e le pratoline gentili eprofumate si immerse fino a sciogliersi col nulla comepioggia che cade nel vuoto prima di toccare terra.Si disfaceva come fluido di mago e nel fumigare diquelle olle espandeva il suo spirito fino a confonderlocol respiro dell’universo nei cubicoli siderali del cosmo.Nella mente i fumi di un passato mai dimenticato sicondensavano come aria spessa e pesante, vortici diimmagini rarefatte confluivano come gorghi in un marescuro e profondo. Poi quando il rullio dei tamburi smisedi battere nel suo petto una luce diafana giunse adiradare le nebbie del passato .Quelle tetre foreste furono illuminate da un sole gonfioe splendente, al grigiume denso dell’inverno si sostituìl’azzurro terso dei cieli d’estate e un vento fresco giunsead agitare le fronde degli alberi del bosco. Le piante nonerano più solo tralci secchi e alburni sfioriti, ma ai ciuffiavvizziti dal freddo si sostituirono le chiome rigogliosee i prati fioriti, virgulti turgidi e protesi alla vita tra foglietraslucide e carnose di un verde accecante.I colori sgargianti delle corolle gravide di nettaredegradavano fino ai greppi della costa, le rocce lisce ebianche si protendevano come lingue di terra dalla lineadella spiaggia fin dentro il mare e come dita ossutedi una mano profanavano le profondità delle acque.
 Poi anche quelle immagini svanirono come trasportate darossi carri  carichi di nembi e si ritrovò su una torred’avorio tra i raffi e le sferzate del vento.Nei suoi occhi una tempesta inesplosa, sotto di luiun vasto pianoro coltivato con spighe di granosimili a nugoli di picche protese nell’azzurro del cielo.Cuspidi e steli ondeggianti si indoravano al sole nelsoffio rovente proveniente da ostro come da un otreschiuso di un Dio pagano.Poi la visione mutò e si ritrovo nei saloni di un palazzoantico. I grandi arazzi sui muri stuccati, i quadri congrandi scene di caccia e battaglie senza vinti e vincitoritra le nivee nocche della Gran Dama a cui tutto torna (segue) .Marvelius