Marvelius

Memorie dal Vento...


 Portava impresso  nella sua mente i profumi della sua Isola come un sigillodi fuoco nei lacerti di carne.Aveva solcato mari infidi e raggiunto promesse oltre i confini del mondo Nei suoi occhi erano passate luci e ombre e in quelle ombre aveva vissuto come un randagio negli anni del distacco,  tra i passi ghiacci dei suoi lunghi inverni.Si era  immerso nelle maree che  imbiancavanole rive candide e ondeggiantidi porti popolati come fiori in un campo. Aveva traversato montagne invalicabilie giunto sulle coste indorate nel sud caldoe dagli orizzonti di fuoco, era salpato con un veliero dalle vele nivee come la neve einoltrato su altre spiagge bianche e deserte.Si era spinto tra le casbe di città di mercantibruciando i giorni del suo divenire, rubando attimi al tempo e al destino beffardo.Poi il richiamo del deserto come un canto di Sirene e il vento arso che riga la pelle coi suoi soffi imbevuti di silenzio e silicio dorato.
Aveva lasciato le briglie al passo del suo cavalloche lo stava conducendo per luoghi sconosciuti.Le montagne lungo il sentiero sembravano tutte uguali, muri e bastioni di roccia si alternavano a dune gibbose e a pianori ripetitivi.Massi enormi sparsi lungo un tragitto fatto di polvere e silenzio, rotto solo dal rumore incessante dei suoi pensieri molestati dallo scalpiccio degli zoccoli del suo destriero sulla roccia dura del suo cammino.Pensieri accalcati come pile di libri antichi su uno scrittoio impolverato, crude riflessioni di un uomo d’arme che per troppo tempo ha camminato al fianco della morte.Pensieri di un uomo che sfida il suo destino che per troppi anni si è  posto domande che non avevano speranze di risposte.Domande e risposte e ancora domande, come onde che si abbattono sulla battigia di una riva umida e piatta. Domande e risposte e ancora domande come flutti sprezzanti  di una rabbia antica che si infrangono tra gli scogli lisci e bianchi di una scogliera.Voci a destarlo … una carovana acquartierata in un oasi  dimenticata che raggiunge col passo stanco della sua cavalcatura.Lo guardano giungere come un angelo tra i fuochi del deserto, lo osservano tra sguardi curiosi e diffidenti, tra prudenti calcoli e un indifferenza malcelata. Alcuni timorosi scrutano di sottecchi i suoi occhi,  fissi lungo il suo cammino, un ombra sembra seguirlo e precederne il passo, un aura di gloria e di tenebra sembra avvolgerne le vesti e magnificare lo sguardoe così i più abbassano gli occhi rivolgendo l’attenzione  ai loro affari interrotti .
I più coraggiosi e quelli a cui la curiosità scioglie i nodi dell’imprudenza fanno un piccolo gesto con la mano o un lieve cenno del capo per trasmettere un saluto o accaparrarsi la benevolenza del nuovo arrivato, o solo per porre un mattone nell’edificio di un sodalizio destinato a nascere tra uomini che condividono gli stessi silenzi, le stesse immense voragini di quella terra di fuoco, tra pensieri instancabili e mai sazi .Sotto alcune palme un gruppo di uomini sosta tra padiglioni di tende, si gusta l’ombra e la frescura delle fronde agitate dal vento, vicino un piccolo pozzo d’acqua cristallina chiuso tra pietre squadrate e  lucide che viene attinto con otri e cucume d’argilla da alcune donne intabarrate con veli multicolori. Sorridono al suo arrivo e lui sorride di rimando,sono giovani berbere e  ragazze di persia, volti della terra di Kush e femmine del magreb, persino visi e occhi dell’indo che gli ricordano il mare verde della costa.Alcune indossano un chador che lascia solo gli occhi  scoperti, occhi truccati e perfetti, sguardi profondi e pieni di vita con mille sogni e desideri non ancora infranti.Altre, dalla storia ancorata a terre più orientali,indossano larghi pantaloni di seta stretti in vita che lasciano il ventre scoperto con un gioiello incastonatonel loro ombelico che spezza la linea morbida dei lorofianchi, capelli raccolti in trecce annodate e lunghi orecchini filigranati.Si muovono con eleganza e una sensualità innata, mai alterata, mai mostrata, ma tenuta gelosamente al fianco come una ancella fidata, come un ombra che si mostra gelosamente sul fare del giorno o nella tensione sensuale  della luce che schiude i segretialla lussuria del crepuscolo.Sono donne misteriose quelle che si confondono tra una femminilità sempre in bilico nella maturità del pensiero e la giovinezza delle forme, come le donne della della costa dai seni prosperosi tenuti stretti nei canapi di lino,turgide consistenze che si adagiano irti su petti superbi da farle sembrare altezzose nelle arroganti nudità. Le loro labbra rotonde e gonfie come i loro fianchi e i glutei sfrontati che troneggiano come bastioni su gambe lunghe e sode come le colonne di un tempio.Una di loro gli porge una brocca appena attinta dal pozzo, gli sussurra frasi con una voce che lo tuffa nella voluttuosa vertigine della terra mentre riccioli neri le scivolano sulla fronte e lungo le guance appena baciate dal sole.
Lui si sporge dal suo cavallo e si abbassa verso di lei a raccogliere la brocca portandola sul braccio  e con piccoli sorsi si disseta, gustando la freschezza di quelle acque tanto desiderate.Il sole investe il suo volto e il capo protetto da strisce avvolte di lino cobalto, lo sguardo è serrato, le rughe gli segnano il viso intorno agli occhi concentrando la forza dello sguardo, la pelle è ambrata  e gocce cristalline di sudore gli imperlano la fronte.Lei lo guarda e sorride come una bambina, poi il suo sorriso diviene altro, uno sguardo sospeso tra meraviglia e una curiosità che cerca una via per penetrare nell’animo di quell’uomo imperioso, così diverso e silenzioso dagli altri.Poi si gira e sorride alle compagne che si esprimono ognuna nella loro lingua ma che sembra non avere importanza.Quando lui parla scende il silenzio in mezzo a loro, come se ogni cosa venisse risucchiata in un vortice che tutto avvolge concentrando i loro occhi sulle sue labbra.Nuovamente si china e porge la brocca alla ragazza. La sua voce trascina solo alcune parole, sono suoni nuovi per loro e hanno il sapore del deserto, l’incedere del silenzio e il gentile timbro della gratitudine. Ma in quel suono ella avverte qualcos’altro, una cadenza imbevuta nelle voglie del destino, celata nel suono di quella voce che nasce dal profondo. Arriva dal petto trasportata da un respiro calmo e forte, un profumo d’ambra e sandalo sembra vestirlo come un mantello di damasco. Lei lo guarda negli occhi che sono due cuspidi di smeraldo che attraversano l’aria incendiandola e penetrano nei suoi che come acqua di mare si illuminano e si lasciano attraversare ,rubando al tempo lampi di vita da consumare nei suoi propositi più nascosti.Lei arrossisce e sa che è vulnerabile ma non cede al suo sguardo che scopre ogni suo desiderio e in quel filo di luce che rimesta le sue acque nasce una passione che non può essere trattenuta, è una scintilla pronta a incendiare i covoni che da troppo tempo sono affastellati nel suo petto.Le altre donne lentamente si allontanano tra risa trattenute tra le mani affusolate e le dita inanellate, tra bisbigli di pettegolezzo e occhiate fugaci e maliziose mentre lui scende da cavallo avvicinandosi a lei. Gli uomini sotto le tende fumano il narghilè spezzando la monotonia della sosta e guardano divertiti alle scaramucce dell’amore mentre altri ingoiano bocconi di una gelosia che muta e irrancidisce nella disfatta dell’attesa.
Una musica si espande tra il verde dell’oasi, tra i canti e i mormorii di lingue aspirate e spigolose che si dissolvono in lontananza, mentre intorno al pozzo, tra le prime ombre della sera, gli sguardi sono promesse e le promesse mutano in baci che scaldano il fresco della notte in quel deserto fatto di polvere e roccia, di silenzi e di vasti orizzonti e immense e profonde solitudini …Marvelius.