Marvelius

LILIBETH...


   La vide nei suoi sogni come bruma luminescentee si materializzò in volute che salivano al cielo per poi ridiscendere in soffici petali di neve, sull’erba e sugli alburni tralci dei mandorli in fiore.Nel chiuso dei suoi occhi la ricordò tenera e  delicata come un piccolo virgulto di giunco ondeggiante nel vento e come foglia spersa nei suoi soffi danzare nell’aria con i suoi capelli ramati e gli occhi felici … di una felicità pura come acqua di fontee un sorriso pieno di orizzonti lieti spalancati sui suoiocchi rubati all’azzurro del mare.I pensieri si fecero pesanti e il cuore gli si chiuse in una morsa che lo faceva sanguinare, per un attimo gli mancò il respiro  e senti il suo petto esplodere sotto la spinta di un ansia senza freni .Spalancò i suoi occhi in cerca di una distrazione che lo portasse via da quelle onde così feroci, da quelle acque  salmastre che lo affondavano nei gorghi del suo passato . Riuscii a ingoiare morsi di aria come un pesce buttato sulla spiaggia che sogna  le profondità delle acque  mentre la  vita lentamente lo abbandona.Perse il suo sguardo tra la radura del bosco mentrel’ombra di  un nibbio gli disegnava tenebre e luce sul volto emaciato e lo ricacciò indietro nei suoi rivoli di vita vissuta, così, ricadde indietro sulla terra vergata di  verde tra ciuffi sparuti di papaveri e pensieri spietati. 
 Richiuse gli occhi nel buio dei suoi silenzi battuti dal gelo come un tartaro abbandono di spine e rovi e il suo bisogno di sentire gli aghi di quella mancanza lacerante lo trasse via da una calma appena sfiorata e lo immerse nelle acque fredde  della sua solitudine. I suoi occhi erano pozzi scavati nella terra arsa, ciechi vagavano nel buio e nel pianto tenuto a freno dai muscolidel viso come dalla rabbia che, simile a  uno  stiletto intinto nel veleno, gli pugnalava il petto che si contorceva ad ogni respiro bruciandone  brandelli di carne .Provò un dolore vivo e devastante che penetrò in ogni sua cellula, in ogni fibra del suo corpo e in esso soggiacque profanandone la purezza fino a  riempirlo di odio e di una tristezza senza speranza lasciandolo senza forze. Non tentò nulla per divincolarsi dal calice della sua infermità, anzi vi si immerse con tutto se stesso come a farsene parte e ancora una volta la vide venirgli incontro coi suoi passi incerti, la corta veste di lino bianco e piccoli merletti di canapa che gli cingevano il petto, scarpe lucide le calzavano i piccolissimi piedi e nelle sue movenza gli sembrò che il vento la sollevasse per danzare con lei, volteggiando nell’aria al canto degli uccelli e delle ondedel mare.E quando il ricordo si fece materia la vide dinnanzi a lui alzare le braccia, nel richiamo di un affetto indivisibile e intenso, di un amore senza tempo e confini, così anche luistese per un attimo le sue braccia come a voler sollevarequell’ immagine impressa nella sua memoria, un fantasma che dal suo cuore si mostrava davanti a lui come vento chegiunge dalle più alte montagne …. 
Una lacrima si spinse oltre il ciglio dei suoi occhi e lì perun attimo sostò come una goccia di pioggia che dice addio alle altre e si perde nel soffio vespertino scivolando sulla pelle e oltre ancora nel solco di un esistenza piena di amarie dolci ricordi.Strinse le sue pupille come ad evitare che altro dolore  fuoriuscisse dal suo canto e si rinserrò nelle cupe sfere della sua anima, mentre il ricordo di sua figlia pian piano svaniva oltre le vele della sua sterminata tristezza … Marvelius