Marvelius

L'ILLUMINAZIONE III


  Si specchiò nelle acque del fiume e riconobbe l’altro sestesso, sfiorò con le dita tremanti il suo viso come uncieco cerca  solchi e vertigini su cui leggere nuovi evecchi ricordi.Si alzò trasfigurato e cinta la sua veste bianca conun canapo si avvio lungo le rive di quel torrente.Lylieth se ne stava sul bordo del fiume con losguardo immerso nelle sua corrente,muta ne seguiva il corso e il guizzo dei pesci. 
 Le mani raccolte intorno alle ginocchia e i capelliscuri ricadenti sulle spalle mentre il sole oramaiandava a morire oltre le cime dei rossi monti.Govinda si fermò sotto l’ombra di un grande mango con lo sguardo fisso su un mondo che per lui sembravaavere il fascino  grandioso di un mistero dipanato.Come rapito da un pensiero fugace si fermò e voltolo sguardo ai piedi dell’albero si piegò a raccogliereun bastone.Lo guardò esaminandone il legno e ogni ruga dellasua corteccia, con le dita ne seguì i rilievi e sisoffermò su ogni nodo come se avesse un valoredecisivo per il proseguo del suo cammino.Da lontano gli ontani e i pioppi  ondeggiavano nelvento come stendardi impettiti sul culmine di unatorre, il rumore vibrante delle foglie giunse fino a Leie fu simile al pizzicare delle corde di un arpa o ilmormorio dei fili della sua anima contrita .Lylieth alzò lo sguardo e vide un uccello stagliarsisugli ultimi raggi vermigli  mentre le prime ombre siallungavano oltre i cippi  e i  greppi che cinturavanole bordure  del fiume.Una lacrima cercò di farsi strada tra i suoi occhi euna stretta al petto sembrò proiettarla oltre queldirupo fatto di malinconia e un distacco feroce che lemordeva lo stomaco.Quando non riuscì più a trattenerle oltre le ciglia e ilnodo in gola si era fatto troppo stretto da soffocarne ilrespiro cercò aiuto nel bosco e distolse lo sguardo dal fiumeper immergere gli occhi nel folto dei pini alle sue spalle.Così si volse di scatto come a scacciare il tremore e l’ansiadel pianto, ma al posto del verde oramai spento dellaradura trovò il volto di Lui. 
 Il silenzio li avvolse entrambi come un manto di tenebrache tutto copre, una coltre di intimità  smarrita calò sudi loro come un araldo che squilla col suo filicorno notedi poesia e incanto nel vento caldo di  primavera …“Govinda”disse Lei tra le labbra e quelle parole gli uscirono dallabocca come un sussurro arroventato .“Lylieth … cosa fai su  queste rive avvolta  nellasolitudine”gli rispose Govinda con voce calma e profonda.Lei lo guardò rapita, come se quella visione fosseun emanazione dei suoi desideri più profondi, poiquando il suono delle sue parole raggiunse il centro del suocuore rispose con tutta la dolcezza che ancora possedevadentro di sé …“Ti ho cercato … Ti ho cercato in ogni luogo io potessiandare, negli angoli sperduti della foresta ho vagato.Nella corrente di questo fiume, ovunque ho cercato Govindama non l’ho trovato, la sua anima era nel vento e nelleombre degli alberi, persino il profumo dei suoi capelli hoavvertito lungo i sentieri della radura e la sua voce houdito nelle notti fredde oltre i confini della terra”.E un sussulto gli soffocò i gemiti e i singulti nell’animaaffranta, poi si fece coraggio e respirò forte cosi ebbela forza di proseguire guardandolo negli occhi …“Ma dov’era Govinda ? Dove ha smarrito se stesso pertormentarmi così, dove si è rifugiato per tutto questotempo  per trafiggere se stesso e ciò che più caro avevagiurato di proteggere”e i suoi occhi presero a sanguinare lacrime come graniacerbi di melograno.Lui la guardava impietrito come una statua, le sue manierano immobili lungo i fianchi, il suo viso disteso e serenoe le sue rughe erano sparite dal suo volto senza unespressione definita.                                               (clicca for continue music)In lui sembrava scomparsa ogni ansia, ogni timore lasciandospazio alla calma e a una dolcezza che avvolgeva il suo corpodi un alone di santità.“Ero ferito di una ferita mortale ed ero ammalato  di un malesenza più speranze” disse guardando oltre l’orizzonte infuocato.“Ma Govinda ha curato le sue piaghe e guarito le sue infermitàe per farlo ha dovuto attraversare le fiamme delle sue passionie i ghiacci delle sue solitudini”. 
 Ora il suo viso era una maschera di una bellezza senzaconfronti ma Lei per un attimo vide un ombra traversarglilo sguardo, un lieve  incresparsi della fronte e il brillìodi una stilla inaridita sul nascere.Ma Govinda non sembrò dolersene e continuò come se lesue parole fossero le ali fisse di un falco nel cuoredel cielo azzurro...“Là dove ho mosso i miei passi avresti trovato solo morteLylieth, nei tartari dove ho dimorato avresti visto la miaanima lacerarsi come stracci in balia del vento, rovined’anime erranti ed eremi abbandonati avresti visto Lylieth,dove la notte sembra eterna e il riposo non conosce requie” .Parlava di  queste cose come se le affidasse al vento ementre parlava dai suoi occhi una luce sembrava fuoriuscirecome se  cadesse un velo che ancora l’adombrasse e si dileguassetra i barbigli del suo sguardo illuminato, poi aggiunse con un  candore che segnò il suo sorriso come neve carezzata dal sole...    “Ma Govinda è tornato e reca nelle sue mani la gioia di un   nuovo corso, nei miei palmi ho raccolto l’acqua di un nuvobattesimo”e dicendo questo le si avvicinò ponendogli le mani intorno al viso . 
 Lei piegò il capo e con lo sguardo pieno di meraviglia e di una profonda devozione  lo strinse a sé ….Non era più il Govinda che aveva lasciato al di la delbosco, nelle stanze di un castello superbo sulle altureimpervie dei monti.Non era più l’uomo che aveva conosciuto nei grandi saloni di marmo del suo fortilizio, il fiero combattente a cavallo, ora era come mutato, da quel seme era nato un albero rittoche dava frutti generosi e una dolcezza dal sapore dellagiustezza.Non era più il Govinda di un tempo ma era sempre Luiquell’uomo, come le sue mille facce che si inseguivano daquando bambino correva nei prati tra i sorrisi e i pianti, tra igiochi e le cadute,fino all’età che tutto sembra respingereper rinnegare finanche se stesso.Ed ora era ancora Lui, come le vittorie e le sconfitte che sialternano sul volto di un uomo, le ansie e la felicità piùgrande che plasma il suo cuore.Era sempre lo stesso uomo Govinda e Lei lo sentiva nelpalpitare dei suoi battiti, nella stretta  delle sue bracciaintorno al suo corpo.Era come le acque di quel fiume sempre diverse nel diveniredella sua corrente ma sempre uguale a se stesso, sempre lo stesso fiume in ogni momento, sempre lo stesso Govinda inogni istante.Poi quando ancora il pianto le serrava la gola e learrossava le guance lui distolse una mano e la posò sul mento liscio e candido di Lei.Con estrema delicatezza lo trascinò verso di Lui e Leisi ritrovò a guardarlo negli occhi.Teneri  erano i suoi occhi come di chi non conosce rabbia e paura e la  guardavano come rapiti da una meraviglia che non si può raccontare .Sentì che dentro di Lei si spezzavano tutte le catene che l’avevano trattenuta sulle rive del dubbio  e  la nave dei suo affetti sciolse il provese che la teneva avvinta alle incertezze e alle sue tribolazioni scivolando verso unaderiva di dolcezze che la portavano a dimenticare leinquietudini della sua vita immaginata senza di Lui.I loro sguardi si fusero come riflessi di luna in unpozzo senza fine  le loro bocche si schiusero percogliersi in un dolce abbraccio e come fichi spezzatidal rosso fulgore si mischiarono nel fuoco ardente di un amore  ritrovato … 
 MARVELIUS