Marvelius

L' ULTIMO VOLO ...


 Passeggiava sulla scogliera tra il ruggito delle ondee la spuma di mare come veli di sposa sugli irtipinnacoli di roccia.Al vento consegnava i suoi pensieri e le domandepescate in fondo al cuore, mentrecol viso stanco si immergeva nelle profondità scuredelle acque.Chiuso nel suo giaccone scorreva i suoi passi come granidi un rosario senza fine. 
 Al largo una barca duellava con le grandi onde ferruginosee il cielo baturlante tempesta,  così,  tra la pioggia sferzantee il vento teso si sedette su uno scoglio poggiando i suoistivali  su un  masso bianco e  traslucido.Si tolse il cappello e con le mani ne accarezzò la tesa scura imbibita di pioggia e salsedine, poi sorrise e alzandosi conuna composta flemma si pose sul ciglio della scoglieratenendo il suo cappello tra le dita, poi strinse il braccioverso il petto per poi allargarlo di colpo con un rovescio lanciando il cappello  nel grigiore del cielo .Restò immobile fino a che il suo cappello non approdòsulle acque, lo guardò sparire e riemergere tra leonde sfrigolanti, una piccola macchia scura tra fluttidi verdemare e piombo liquido e rabbioso.Poi si volse verso il declivio della montagnae con gli occhi lacrimanti per il troppo vento si mosse,lasciandosi alle spalle quell’oceano di vita pulsante.Si inerpicò lungo il sentiero brullo e roccioso cheportava alla sommità della scogliera col capo chinosui suoi passi e i pensieri pesanti come macigni e nelmuto incedere lasciò che il suo cuore gli parlasse.“Sono stanco … stanco di questo tuo non dimenticare,stanco del tuo darti pena, dei tuoi capricci che tolgonoil sereno lasciando nubi ai tuoi orizzonti, onde maestoseal tuo animo e tempeste nel fondo del tuo spirito.Sono stanco del tuo peregrinare, del tuo non saperattendere nell’oasi dei tuoi simili, del tuo astenertidal desinare oltre i morsi frugali privi di sale,stanco dell’ insonne ristoro delle tue membra”.Si fermò sul ciglio del dirupo e con le mani in tascasi sporse fin quasi a spiccare il volo tra l’aria rarefattasopra il rigurgito delle acque, tra gli scogli affiorantila baia angusta del litorale.Poi si sedette nuovamente accarezzando ciuffi di achilleacoi palmi delle mani e con serenità rispose al suo cuore …“Ho attraversato strade polverose di vecchie città dirute edanzato sui grandi lastroni di marmo di palazzi sfarzosi,ho posato i piedi nudi nella rena umida del maree nelle roventi sabbie dei deserti.Ho diviso il mio viaggio con stranieri come divide il fuoco le sue lingue, condiviso gioie e dolori con chi del mio fiancoteneva dolce premura sperando in certezze e protezione.Ma non ho cessato di andare avanti, di cercare diafferrare l’ombra dei miei passi quando il sole mi scaldavala schiena e la notte mi ammantava con le sue tenebre.Il mio destino è un libro bianco mio fidato amico, pagine scioltesu cui intingere il pennino delle nostre scelte, la mia fameè un insaziabile torre che svetta verso il cielo e i mieiocchi hanno il colore che tutti li possiede .Così mi immergo nelle trasparenze del vento comenelle oscurità degli abissi che tu hai imparato a percorrereinsieme a me “.Si distese sull’erba sparuta tra piccole sporgenze di roccia eterra e si lasciò rapire lo sguardo dall’’ampio squarcio diazzurro tra dense colonne di piombo.Una lama di luce di un rosso perlato si incuneava ora tra lembi di cirri biancastri e i carri di nuvole pesanti  cheinghiottivano le cime più alte dei monti.Poi fu ancora il suo cuore che parlò e sarebbe stata l’ultimavolta che lo avrebbe fatto, e lo fece con la voce tenera di un bambino ... 
 “Sono triste … e tu sai perché …Avrei voluto darti altri rintocchi che come tuonipotessero echeggiare tra le gole dei monti  e ben altro calore al tuo petto per incendiare le notti al chiaror di stelle o quando la tormenta ghiacciava le tue membra.Avrei voluto avere un altro cuore vicino a me affinchécome una pariglia di brenne potessimo correre e batterele ore della veglia, avresti dovuto avere un altro Me …Un cuore più adatto al tuo cammino, piu forte e profondocon cui immergerti nei pozzi oscuri e nella lucevermiglia dei tuoi soli.Ma qui ci sono io  e io soltanto e sono stanco …Stanco per non poterti seguire e  dare cio che tu cerchie in questa mia incapacità mi consumo comestoppia affastellata al calore di carboni ardenti.Fumo nero sale tra volute storte lungo i muri della tua dimora,ne annerisco le pietre nobili e i cocci cinabri e come sanguerappreso cedo la mia linfa a fatica per darti le ultime oredi sollievo che segnano la mia incapacità e la mia melanconicaresa.Dirti addio è un ponte sospeso su un abisso tra due monti ,l’uno mi è di conforto per la mia pace dopo molte battaglie,l’altro è il calco indegno del mio fallimento”. 
 Egli restò immobile steso a terra, ma i suoi occhi ora eranoserrati, lo sguardo sereno, il viso disteso nei suo tratti regolari.Solo i capelli ricadenti sulla fronte si muovevano agitati dalvento, i profumi di fiori selvatici gli giungevano alle naricie l’odore della salsedine gli riempiva i polmoni di gioia.Sognava l’immensità del mare e la forza eterna delle ondee iniziò a viaggiare con la mente verso la sua meta tra le stellee il cosmo siderale. Si lasciava cullare dal vento che lo innalzava sopra lecime imbiancate dei monti, lo librava come una piuma tra iboschi resinose e finì a planare sulle acque tortuose dei fiumi o quelle placide dei laghi di foreste antiche e mormoranti.Le caule filute gli narravano la storia di quella terrae le camme dei gigli gli bisbigliavano ciò che avrebbe semprevoluto conoscere, che non c’è dolore oltre quel momento dimutamento e che il suo viaggio era appena iniziato e nonimporta quale strada si percorre perche uno è il viaggio,una la meta a cui si giunge.Poi quando un pettirosso si fermò sul suo petto aprì gli occhie li immerse in quelli della piccola creatura, ora anche il suo cuore sanguinava ma non c’era dolore, solo un piccolo pesoche lo faceva sentire ancora vivo … 
 “Mi hai servito bene invece”disse con voce calma, poi aggiunse con dolcezza “Mi hai dato ciò che in fondo ho sempre desiderato e in queidesideri mi sei sempre stato accanto, battendo all’unisonocon la mia anima … Hai pianto con me quando eravamo colmi di dolore e hai riso quando traboccavamo di felicità. Ci siamo stretti per mano nelle giornate di solitudine e camminato fianco a fianco nelle ore in cui ogni cosa sembrava smarrirsi nelle ombre, mi hai parlato con voce profonda quando scelte importanti serravano le forze e con voce dura quando caparbia e testarda l'anima mia avrebbe voluto incendiare il cielo e le profondità della terra. Hai levigato i mie spigoli e lenito le mie ferite e hai saputo scandagliare abissi, portando luce e sentimento negli angoli più sperduti del mio spirito inquieto. Non ho nulla da chiederti oltre, nulla da rimproverarti, niente che tu non mi abbia dato negli anni, nei giorni e in                          in ogni attimo in cui mi sei stato accanto ... non addio dunque ma arrivederci”.E dicendo queste ultime parole chiuse gli occhi e si lasciòtrasportare nel vento dalle ali di un piccolo pettirosso. 
 MARVELIUS