Marvelius

L'UOMO NEL VENTO ... II


    Il campanello squillò ripetutamente e  come un araldo impaziente continuò a trillare fino a che Gabriel nonaprì la porta.“Hello peste … mi hai fatto attendere sul pianerottolo.Lo sai che non si fa aspettare una donna? … Una comeme poi ...”. Gabriel sgranò gli occhi assonnati e sorrise, appena un lieve stirare di labbra ma era divertito da Roberta, unadonna intrigante piena di un energia contagiosa chemetteva di buon umore, forse un po troppo appariscente con le sue scarpe eccentriche e i tacchi esagerati, quei jeans troppo stretti, le gonne troppo corte e le camicettesbottonate  sempre un po oltre il normale, ma a leipiaceva essere notata e forse la sua natura libera eselvaggia la portava a non curarsi poi troppo dei giudizi epregiudizi degli altri, così si divertiva a dire che ... Non si possono chiudere tutte le curve in un lembodi stoffa o prima o poi qualcosa esplode e  non vogliocausare danni all’altra metà del mondo  ... e la sua risatinaconcludeva sempre le sue frasi con una strizzatina d’occhi.A volte quando lui le faceva notare che forse però qualche eccesso in superficie era sinonimo di sfrontatezza lei se la rideva di gusto ma poi tornando seria reagiva con una frase uscita da qualche manuale zen Senti bello ...  il cuore ha bisogno di aria e di sole e io gli doentrambi.Lui alzava le mani e assentiva sorridendo senza parole.Così era Roberta, libera, intensa, esageratamente bella ma tenera e distaccata. 
 “Ti sono mancata?" Disse poggiando le  mani sulle sue spalle aprendo le sue labbra quel tanto da far uscire le parole arroventate del suo fuoco…"Uhmm meglio che non mi rispondi … lasciami nell’ignoranza ècosì bello pensare ciò che ci piace che nessuna parola è cosimeravigliosa e capace di eguagliarlo … e poi non ci credereifino in fondo a quello che mi diresti ”.E così dicendo  gli fece un occhiolino.Era cosi, doveva dire tutto lei, dolcissima e tenera, prendendotutto con leggerezza come fosse ingenua e superficiale, ma non lo era, e in questa finzione, negata persino a se stessa, in questa maschera incipriata di leggerezza stava bene o così sembrava, costruendo il suo mondo spensierato e senza complicazioni.Il suo  corpo era elegante e impertinente allo stesso tempo, un insieme di curve cesellate da una mano divina, unregalo di un Dio Gaudente all’uomo più fortunato della terra,ma questo corpo cosi sinuoso sembrava contrastare con la leggerezza del suo fare, con la semplicità dei suoi pensieriquasi adolescenziali.Le voleva bene e a volte provava sentimenti che andavanooltre la passione della carne, quando stanchi delle loro battaglietra le lenzuola si perdevano l’uno nelle braccia dell’altro.La teneva stretta a sé per farla sentire amata sul serio, ma non era finzione  piuttosto era una inspiegabile volontà didimostrarle che teneva a lei in un modo che non riusciva a declinare, anche se non l’amava di un amore travolgente etotale, e questo suo scostarsi dall’essere sempre franco e leale al principio della verità di un sentimento oltre l’apparenza lo disturbava un po. Le piaceva quella donna che c’era sempre per lui e lui volevarestituirgli, se non sprazzi di amore vero, che a lei pareva non importare tanto, un po di affetto sincero.“Almeno un po mi hai pensato? Si Si quello lo hai fatto te loleggo negli occhi. Sapevo che saresti tornato questo mese … me lo ha dettoMisty.Ti ha visto ieri, mi ha detto che sei sciupato, a me non sembrama sono sicura che da qui a un settimana lo sarai eh eh, si chelo sarai …  smack “. 
 Lo baciò sulle labbra e gli arruffò i capelli con una mano , poilo abbraccio stretto e adagiò la testa sul suo petto chiudendogli occhi per un istante. Gabriel le accarezzò i capelli poi labaciò in fronte e le sussurrò nell’orecchio“ Ti voglio un gran bene piccola ma non sono sciupato …sono solo molto stanco”.“Ci penserò io a farti stare meglio, la stanchezza non si curasolo col sonno”Rispose lei e lo solleticò ficcando le mani dovunque … riseroentrambi scambiandosi quelle carezze che mancavano da tempo.Poi lei lo lasciò pian piano abbandonando le sue mani comeun velo che si perde nel vento e  restando inchiodata ai suoiocchi indietreggiò con piccoli passi, poi  come un felinosinuoso cadenzò  gesti e movenze.Entrò nel salone dove la luce del sole filtrava appena dallefessure delle tapparelle abbassate, premette un tasto sulcellulare e una musica dalle cadenze orientali sidiffuse per tutta la stanza  mentre  leiiniziò a muovere il corpo plasmando d’ ombre ogni cosa,togliendo il respiro  persino all’aria della stanza.Si sfilò la gonna con movimenti lenti e calcolati fino a farlacadere ai suoi piedi e fu come se una voragine aprisse delleferite nella terra. Alzò con eleganza i tacchi e la scostò su unlato, poi volse appena lo sguardo indietro fissando lui conocchi pieni di promesse, le sue mani intanto si modellarono sui fianchi e le unghie graffiarono le calze lungo le cosceinterne , continuando a ondeggiare coi  fianchi disegnando arabeschi di una sensualità raffinata. 
 Si mise a sbottonare ciò che rimaneva della camicettacome a violare i segreti di mille forzieri e quando anchequesta raggiunse la gonna l’ombra di due seni boriosi sistagliò nell’intimità della penombra.Ora erano l’uno di fronte all’altro, la carne bianca di lei tra i merletti e i pizzi della sua biancheria era un manto candido di voglie mature, mentre il petto ansimava nella pienezzadel respiro ingordo.Le labbra tumide e rosse come un fico spezzato si schiusero al ritmo del cuore e un odore speziato si diffuse nella stanza come un infuso di mandorle amare .Appoggiò un ginocchio sul divano mentre con i dentilegava un dito alle sue labbra scarlatte, poi si adagiò con un raffinato senso teatrale sul canapè indossandoancora le scarpe alte e lucide, le calze nere con un filoleggero a segnare un sentiero di dannazione salivanosu per le gambe come l’ombra della notte sulle falesiedel mare.Lacci sottili e pinze morbide ad ancorare i pizzi dellaguepiere alle calze, pieghe di pelle turgida e levigata ariempire gli occhi e i pensieri di lui.  Il seno impazientedi liberarsi di coppe di vino dolce e le cosce armoniosee snelle incapaci di stare ferme si muovevano come ofidiin amore.Portò le dita sulla bocca e sussurrò il suo nome mentrelui in piedi la guardava chiuso nel suo maglione scuro …La  guardò fino a penetrarla con lo sguardo e violarne ipiù  intimi recessi  scardinando le serrature del suo pensiero ormai perso nelle stanze di un piacere attesoe desiderato …Poi si volse indietro aprì la porta e con un ultimo sguardo impietrito le disse con parole malferme …“Non qui Roby … non oggi  … ora ho voglia di …” ma la sua resistenza era più un esemplare tentativo diautocontrollo che una reale necessità e già dentro la suaanima il fuoco si era acceso come mille fastelli nella caluradi agosto così, quando la fissò negli occhi la vide per laprima volta in vita sua triste e muta. Un filo di delusione ledisegnava una maschera sottile sul viso dolce rendendo lasua bellezza tragica e maestosa .Restò a guardarla come se non l’avesse mai vista veramentee pian piano le mosse incontro, quando le fu vicino le allungò la mano  e lei la prese nella sua , gli si sedette accanto raccogliendogli il viso nel palmo della mano, le sorrise mentre lei si avvicinò fino a baciarlo e nell’incanto di quel gesto siabbandonarono a loro stessi, all’istinto del loro sangue caldo,alla tensione dei loro muscoli tra la seta profumata della pellee nel sudore  reso bollente dai loro respiri corti … 
  Si amarono fino a cadere esanimi l’uno sull’altro mentrela luce della luna filtrava nella stanza in mille piccoli fasci,colorando la loro notte di bianco e di silenzio. MARVELIUS