Marvelius

Ricordi di un Fauno II


   Ma la tristezza non lo avvolse come il vento le loriche degli alberi. Solo un velo di nostalgia lo sfiorò per ciò che era stato un tempo per lui felice, piccoli riflessi di rugiada su ombre mescolate ai profumi dell'estate si librarono tra le nebbie dei pensieri. Così si volse per un attimo verso la finestra che dava sul giardino mentre sui vetri scivolavano gocce di pioggia , un lieve alone le rendeva opache  di un grigio ferro mentre gli alberi di la da essa ondeggiavano colpiti dal vento.Così si rivide in un altro tempo a danzare con lei come foglie d'albero nel tintinnio delle acque 
L'ago dei ricordi si fece tremolante come la luce della candela che anelava alla notte. Morbide ombre plasmate sulle pareti tinte a  calce si mescolavano agli oggetti semplici che ricoprivano le mensole vicino al camino. Spigoli di una memoria ardita tra le colonne di quel tempio che   andava ricostruendo nel viso suo piccoli tasselli di colori ritrovati, una tela che mieteva immagini tra le sabbie di una clessidra che sgranava gli attimi come chicchi informi di un rosario su cui erano impresse le loro voci lontane. Era cambiato in quegli anni , era mutato il suo viso, la  voce era divenuta più calda, forse un po più profonda, come le parole che nuotavano nel fondo dell' animo, troppo spesso annidato in una regione difficile da raggiungere. Non aveva lacrime ne sorrisi da pescare nel lago del suo spirito duro come scorza di bosso, ne quelle lamine dorate che un tempo disegnavano riccioli felici ai lati della bocca. Era semplice ora come lo sbuffo di una  nuvola , glaciale come un granito di ghiaccio, ma sapeva che dietro quella maschera restava più fragile, che nella roccia profonde ferite minavano una solidità perduta. Il suo carattere si era ingentilito tra le pieghe del silenzio  ed era divenuto un cristallo levigato tra i pensieri della notte  che, come una compagna, lo attendeva sul finire del giorno, quando il sole morente si dava commiato sulle brulle montagne e si inabissava nel lago a ovest dei verdi campi di Gared. 
Un tempo non troppo lontano aveva combattuto per quelle terre , aveva mostrato alla sua gente la testarda irruenza della sua razza, l'inviolata cuspide della sua indipendenza. Come un castellare di pietra si ergeva al di sopra delle sue debolezze per ubriacarsi nell'orgoglio e nella saggia visione del suo tempo, giungendo la dove gli altri si erano arresi. 
Ora che la visione della sua ninfa sfumava tra i contorni del suo essere sentiva il peso della sua mancanza, come se il sapore della sua vita si fosse d'un tratto ritratto del sale. Sentiva che il lievito di cui era impastata la sua anima stentava a crescere e come un mare senza onde si ritraeva oltre le rive d'un tempo, lasciando dietro di sé solo l'opaco ricordo di antiche  meraviglie. 
Era biglia di vetro senza i colori del suo interno, sterile trasparenza  senza inganni rotolava lungo il pendio dei suoi anni prossimi al traguardo di un nuovo inizio che non catturava più la sua curiosità. Raccolse tra le mani la spilla di elettro che lei teneva tra i capelli , ne seguì il profilo con le dita e chiuse gli occhi per farne coriandoli di poesia , stelle cadenti di un firmamento di  luci che popolavano i suoi silenzi. Poi apparve ... oltre la cortina del nero caliginoso  in un raggio di fuoco, e il suo odore di muschio  e sandalo si impresse nella stanza come olio  fumigato, il crogiolo della memoria fu aperto e i suoi occhi la videro entrare su un carro trainato da leoni di un bianco sfolgorante. 
Il nero crine smosso dalla brezza calda di una notte che profumava di fiori di arancio si tese come vele sgualcite di una nave che solca le tempeste, poi la ninfa parlò e l'incanto di quella visione si  fece meraviglia . "Non ti ho mai lasciato Fatuus ... mai  nelle mie notti d'esilio, sul limbo tenero di questo mio essere altro." E i suoi occhi vibrarono di un intensità sconosciuta, il verde brillìo delle sue iridi irradiò la stanza di una luce mistica mentre la sua voce la riscaldava come il fuoco di cento camini. Resta  Eco ... resta in questa casa da troppo tempoabbandonata persino dall'aria , dove il mattino nonosa entrare ed 'è rifugio d'ombra e silenzio ... entramia regina per mai più ripartire"" e dicendo queste parole Fatuus si alzò dal suo giaciglio con occhi pieni di speranza e allungando una mano cercò di sfiorare  le sue trasparenze. Ma la sua mano penetrò il velo  d'aria ricamata di polvere di stelle e nel freddo incedere di quella sostanza sentì il suo cuore riempirsi del sangue di Leimentre la guardava come in un tempo ritrovato. 
"Vorrei restare tra queste  mura, dalle  tue braccia che non posso toccare farmi cingere come rami d'acanto ... ma non mi è permesso sostare più del tempo di un batter di ciglia ... ma sempre resterò vicino a te quando la luna assisa in cielo si ammanterà di luce tra le nubi trasportate dal vento, nel cuore della foresta cercami,  nella radura dove danzavamo trovami , lungo il fiume dove mi hai amato ritornerò a te, nell'aria che si scalda dell'algore sarò per sempre la tua sposa ... per sempre come la pioggia che si scioglie nella terra". Pian piano tra quelle ultime parole sospese l'immagine sfumò e si disperse come pulviscolo nel vento sul tratto d'orizzonte. Restò il profumo del suo passaggio e il calore della sua presenza nel cuore di Fatuus che si lasciò cadere sul pagliericcio accanto alla finestra aperta, tra il rumore della pioggia e l'odore di terra che impregnava l' aria nella notte. I suoi occhi si serrarono come i suoi pugni mentre il suo animo chiuse le porte alla tristezza lasciando un piccolo spiraglio alla speranza e adagiandosi sul suo giaciglio si abbandonò al sonno popolato di  sogni   mentre ai lati della bocca due piccoli riccioli disegnarono un lieve sorriso ... 
Marvelius