Marvelius

Il Fabbro Dei Sogni... I


  Credeva che i sogni fossero il prologo diun racconto non scritto, la sintesi di unavita non ancora vissuta, il filo su unbaratro non ancora dipinto.Così nascevano nella testa quelle celle disilicio bianco infuse di emozioni,dimoravano nel suo cuore e si affacciavanosull'uscio delle labbra come navigli sui greppidi una vertigine d' acque. Parole e vento miscelava con lacrime esospiri nel suo atanor di sogni, leimpastava col lievito di emozioni di svelate, le irrorava con assenzio e mandragola eleggere nebulose d'oro gravitanti conpiccoli grani d'argento A volte si fermava a condensare pensierifumosi, affumicati su graticci d'ere agonizzantie quando il peso dei suoi ricordi diventava un macigno che non poteva più trattenere li filtravacon le speranze levigate su grandi lastroni di basalto miste a bianche cortecce d'alberi mai morti,oscure presenze irte nei laghi di abissi profondidove svettavano cime innevate e ghiacciai perenni. Ma nel suo cuore albeggiava la luce che mai cessadi brillare  e fiumi di lava incandescente ribollivano,mentre una musica tintinnava tra le squille argentined'acqua mai imbrigliata e si incuneava tra le lorichedi foreste vetuste e i nodi contorti di ulivi secolari. Spesso si  chiedeva quanto pensiero racchiudesserole parole e quanto vuoto in esse riempisse gli spazicome una verticale che vacilla o un incudine cheattende il colpo di un  maglio senza cuore. Parole, sogni e ancora illusioni,  misteriosecreazioni oniriche  su cui infondeva la sua veritàcome un verbo che non teme le crepe del dubbio,un sigillo di fuoco che lasciava dietro di sé unadensa spirale di fumo.Eppure bastava avere un briciolo di fiducia,leggere con attenzione tra le labbra e nellosguardo che si fa strada nel buio delle ombreper comprendere l'essenza delle cose.  Cosi le sue parole erano come il vento che nellasera scivola tra le case del borgo o all'alba sibila tragli anfratti  delle linfe di piccoli torrenti, di specchidi gore stagnanti. Era  il rumore molesto dellacorrente tra il greto affiorante, il frusciare dellefoglie ai primi raggi del sole quando tutto sirisveglia dal grigio pennello di una notteagonizzante. Parole che si ammantavano di colori per diveniresogni e come fumo di torba salivano in alto comebistro fumigato di graticci sbuffanti per poiprecipitare, nere di caligine e pesanti dal troppoperegrinare. Quel giorno all'Illusionista si presentò una donnachiusa nel suo mantello di pensieri. La cavernaera un luogo inospitale così piena di ampolle efumi maleodoranti, ricchi fastigi di un epocatrapassata l'adombravano come grandi tende difumo su cui erano scritte storie andate perdute,arazzi di china volteggiavano su soffitti dimadreperla dove sostavano, incaute, speranzeimberbi. "Mi chiamo Lilith" disse la donna con vocetremante, e nel dire quelle semplici parolechinava lievemente il capo arrossendo un po',ma quel rossore sembrò fuoco che usciva dalleviscere della terra, fiamme guizzanti di un vivotremante .
 Gli occhi erano di un azzurro penetrante chenelle giornate  d'inverno divenivano di ungrigio trasparente. Il corpo era velato d'ariae foglie e il vento la copriva e la carezzavaon   refoli profumati d'oltremare.Il crine raccolto e composto in una treccia  chele ricadeva su un lato del collo fino a sfiorarleil ventre era di un mogano che sfumava in cupiriflessi di un nero ramato e in quel contrasto conla  pelle eburnea finanche la luna e la notte se neingelosivano, amareggiandosi come il mare chedei suoi occhi si sentiva defraudato. " Io sono il Fabbro dei Sogni Lilith e questa èla mia dimora ...Nessuno da un era è più giuntosu questa vetta, dimmi cosa cerchi da un vecchioche vive solitario tra fusti avvizziti d'alberi silentie rocce scure ammorbate da infusi che piùneanche distinguo". Disse con una calma che filtrava dalle condensedel ghiaccio, mentre il viso rubizzo sembravascolpito nella pietra, poi aggiunse con un tonopiù lieve "Questo io sono nel cuore di una montagnache dorme per non sentire i miei lamenti,uomo che aprì lo scrigno dei sogni  fui   e chematerializza i suoi pensieri da epoche perdutenel tempo" . 
 La donna prese coraggio e traendo un profondorespiro chiuse gli occhi per un istante poiguardando l'Uomo Eterno, cercando dentro disé una calma che non possedeva, chiesemettendo nella voce tutta la volontà che le rimaneva " Cerco la via di un delirio , la verità che mi ridiasperanza , cerco i sogni che ho perduto da tempo,la forza di una speranza consumata tra la ceneredel fuoco che ardeva un tempo" Il Fabbro dei sogni rimase a riflettere su quelleparole e una lieve smorfia gli stirò le labbra,un piccolo segno di un dolore appena avvertito locolse nei pensieri andanti, poi chiuse gli occhi e inquell'attimo di eterna fusione colse dalla sua memoriai fiori di un giardino eliso, i profumi di unprato fiorito che anelava sospiri al ventotremulo della sera. Quando il suo vagare si ritirò sulla sua torred' avorio le sue ali si chiusero raccogliendo il ventodei ricordi e i grani del tempo precipitarono nellaclessidra di sabbie giovani riavvolte nel soffiodi un respiro appena sussurrato ed esclamòcon voce dura ma che nulla aveva del rimproverone una scorza di giudizio "Vi sono sogni che nascono tra albe grumoseche pennellano il cielo con la luce scintillantedel mattino e speranze che muoiono con essidopo un fugace battito di ciglia, come unalama che affonda nel petto del cosmo essepugnalano il crepuscolo con rossi squarci diinconsistenza versando sangue dagli acinidi ciò che più non sarà". Lilith rimase a guardare l'Eterno con le manicongiunte al suo petto in attesa di parole chele dessero speranza, i suoi occhi eranolucidi e il cuore palpitava ma dentrodi lei si faceva strada il buio della notte ele ombre della sua disillusione presero adallungarsi lungo il cammino che laconduceva all'oblio. Il Fabbro la guardava restando immobilee colse nel suo sguardo un intenzioneche morì sul nascere, la voglia dichiedere oltre quell'incompresa ragione,così le donò altro di un vaticinio chenulla aveva della speranza se non la mortestessa di quel delirio tanto agognato."I tuoi desideri li hai sacrificati da tempo  Lilith, i tuoi sogni li hai barattati sull'aradell'orgoglio, le tue speranze eranoflebili fili d'erba che il vento ha strappatodai crinali dei monti trascinandoli negliangoli di gore putrescenti, come mulinellidi foglie rinsecchite il flusso delleacque le ha portate via con sé doveesse più non sono che tenere inconsistenze ."La donna piegò il capo e comprese quanta veritàci fosse in quelle parole e cedette sottoil peso del rimorso che le serrò la golamentre il rimpianto per ciò che potevae non era stato le divorava il ventrecome una fiammella divora il buio della notte.Quando l'Illusionista tornò a parlare di lei restava solo l'ombra, il pavido riflesso di se stessa, l'informe calco della sua presenza, finanche il vento stentava a riconoscerne i tratti attraversandola come soffio tra le giunchiglie di uno stagno. "Belle sono state le emozioni giunte inaspettate come carri trionfali trainati da leoni bianchi, intense scaldavano il tuo cuore ammantando le tue ossa pe r troppo tempo lasciate al freddo dell'inverno. Erano musica che inebriava lo spirito, squilli di araldo che infondevano la gioia della primavera nelle tue stanze ancora disadorne, come una spina che non da dolore e placa il mare che urla dentro esse ti rendevano bella più d'ogni fiore che nasce nel cuore d'una roccia.
Eri assisa su nubi di un bianco candido nel tepore di sale d'incanto, ma troppo ingorda sei stata nel serrare le catene al tuo trono, troppo avido il tuo possesso da togliere l'aria alla torre che ti ospitava, troppo ingiusto il tuo pesare parole e pensieri che hanno divelto le pietre e le fondamenta del tuo castello." Lilith sussultò sotto il peso di quelle parole e guardò il Fabbro di Speranze con le lacrime che le scorrevano sulle guance emaciate, con lo sguardo lo implorava e le mani piegate nella ricerca di una pietà non voluta si torcevano come il corpo attorcigliato su se stesso simile a un giunco affastellato su un altro dritto e imperioso, una verga infissa nel midollo della terra che saliva al cielo fino a bucarne l'intima cella. Ma non disse nulla, non aveva più parole da consegnare alle sue labbra ne un alito di respiro con cui scaldarle, così piegò il capo e raccogliendosi come un riccio si chiuse nelle sue spalle poggiando le ginocchia sul mantello della terra, trasse un ultimo ansito e lentamente prese a spegnersi consegnandosi al vento di borea. "Tornerai alito di vento Lilith, tornerai fuoco su questa terra nella fucina del Fabbro, la dove i sogni prendono forma impastandosi con le speranze nel lievito di desideri mai sopiti, ma ciò che hai perduto lo hai perduto per sempre, e nulla può tornare di ciò che hai disperso perché ciò che più non'è ora vive in altre forme e lievita come pane su altre mense, col sale di altri sogni da gusto e sapore alla tavola della gioia, la dove un'altra donna cova le sue visioni e genera speranze che vedranno un'altra luce, combatte con tenacia per le sue conquiste perché si avverino nutrendole di speranza." Era duro Il Fabbro dei Sogni ma la sua durezza non era preda della sua rabbia ne metro del suo giudizio, era clamide perfetta di congiunzioni di una verità che calzava senza pieghe il nudo corso delle sue parole, era ombra rituale di un simulacro imbiancato dal sole sul far della sera, era il verbo che pesava l'incapacità della donna a lottare per ciò che aveva stretto a sé un tempo e a cui non aveva dato la giustezza di un valore scartato, come uno scrigno di muschio e licheni zeppo d'oro tratto da un mare profondo Lei l'aveva rigettato ai pesci incapace di andare a fondo ... cieca non aveva visto il brillio delle pagliuzze ma solo la scorza consumata dal sale , così era fuggita incapace di amare, restando fedele alle sue inconfessate debolezze. "Il coraggio ti è mancato per tenere avvinto a te ciò a cui non hai dato i giusti bezzi, la forza non hai avuto per serrare le vele al tuo naviglio Lilith" Esclamò Il Vecchio Sognatore con voce stanca, un lento scandire di parole ammantate di melanconia e un filo di doloroso disincanto. Oramai Lilith non era che un pugno di terra sciolto nella pioggia, un grumo di fango ancora palpitante, il suo calore andava disperdendosi nel fresco della sera come un refolo tra tende d'organza mentre una musica dolcissima scendeva dai monti come la luce diafana della luna spandeva sulle cime degli alberi la sua coperta di latte. Il Fabbro dei Sogni aveva aperto gli occhi e ora osservava la donna con un certo distacco ma man mano che Lilith s vaniva nella sua consistenza e si perdeva nella bruma della notte lui avvertiva dentro di sé, per la prima volta, il dolore della rinuncia, un certo molesto affanno, una cuspide che lo tormentava nel petto. L'osservava svilirsi attimo dopo attimo nella cocente delusione delle sue speranze ormai smarrite e ne provava compassione, avrebbe voluto aiutarla ma non c'era più nulla che avrebbe potuto donarle, nulla che avrebbe potuto impastare per lei, far lievitare al caldo della notte sotto i carboni ardenti di una pagliuzza di desiderio poiché quel desiderio era volato via da lei nel tempo dove tutto può essere, quella biglia che contiene gli attimi che legano due vite, un ellisse dove due pianeti ruotano instancabilmente attratti l'uno dall'altro, che niente e nessuno può infrangere e che la volontà riesce a frenare fino all'attimo che li congiunge per sempre. Quando non poté più fare a meno di restare in silenzio l'Illusionista si aprì dalle sue consegne e con voce dolce come un unguento parlò cercando di apparire meno duro di quanto non avrebbe voluto mentre sulle sue spalle si aprirono tese bianche come la neve di ghiacciai
" La diffidenza può essere lo scudo della prudenza e l'armatura del pregiudizio, la gelosia può essere la croce delle passioni, il monte spoglio dove immoliamo le storie che profumano di eterno ... è tardi per rimediare alle tue diffidenze ma hai ancora tempo per rinascere in un altro luogo, per avere altre speranze, un luogo e un tempo dove incontrare un altro pianeta con cui dividere i sogni di una vita futura ... rinascere si può ma ora non puoi comprendere ciò che le mie parole ti mostrano lungo la strada della tua esistenza perché ciò che non è sbocciato lascia un amaro che uccide la speranza . Avrai altri cieli scaldati dal sole e mari di un azzurro accecante, notti tempestate di stelle e occhi che ti guarderanno gioendo e ciò che non'è stato sarà allora un fugace ricordo, ciò che di quel tempo e di quell'uomo serberai dentro sarà solo il pallido timbro di un eco lontano, quando nuovi occhi ti guarderanno e una voce nuova ti sussurrerà parole che ti sembrerà di udire per la prima volta, così tornerai a tremare e il tuo cuore a palpitare le pene che pensavi ti avessero abbandonato per sempre, tornerai ad amare e amerai senza dubbi e con fiducia ritrovata colui che ancora non conosci ma che da qualche parte nel mondo aspetta di incrociare il tuo sguardo, penetrare nei tuoi occhi sciogliendo il ghiaccio che ora ti confina nel gelo dell'inverno ". Lilith si destò dal suo torpore e come scossa da quella rivelazione pianse profondamente, di un pianto sordo e soffocante poi come in un ultimo afflato si avvicinò alle vesti dell'Immortale e portandole agli occhi rigati dalle lacrime esclamò con voce rotta dal pianto " Io non voglio un altro domani, non desidero che un altro sole illumini le mie giornate, che un'altra stella illumini il mio cammino ne che un altro vento mi carezzi la pelle, ne desidero una torre diversa da ciò che anelo mi tenga prigioniera con le sue pietre squadrate, io bramo ciò che ho perduto quando potevo stringerlo tra le braccia e invece ho lasciato che mi scivolasse come sabbia tra le dita delle mani, voglio quel fuoco che bruciava le mie carni ma che mi dava calore e e tormento, desidero quella mancanza che mi toglie il respiro e gonfia il mio cuore di una solitudine lacerante " E il pianto si fece singulto fino a che la disperazione sciolse i nodi che tenevano legata la sua anima al passato . Il Fabbro dei Sogni si chiuse nei suoi pensieri crucciando lo sguardo e quando ormai tutto era preda della notte aprì le sue braccia e piegandosi verso la donna le cinse le spalle con le sue mani traendola verso di lui, quando l'ebbe sorretta e i loro sguardi si fronteggiarono l'uno di fronte all'altro con le dita di una mano le alzò il viso donandogli una carezza e con la dolcezza di un gesto insolito le regalò le sue ultime parole " I giorni sono doni che non hanno ripetizioni come le ore sono miracoli che hanno in sé altre gemme di meraviglia, vivile immergendoti in essi col desiderio di ciò che fu riportando indietro il ricordo, ricamalo con le parole che avresti voluto dire e che non hai detto e purificalo dei pensieri che non sono serviti a darti coraggio, abbi della notte venerazione perché essa porta i profumi dei desideri, il regalo del silenzio , l'aroma della riflessione che placa i cuori e rende la verità chiara come acqua di fonte. Prega per ciò che hai perduto affinché quelle stelle possano ascoltare i tuoi rimpianti, perche la notte sa creare gemme che volano tra le ombre e ci abbandona sulle ali della speranza , lì forse incontrerai nuovamente i tuoi sogni e con loro potrai legare colui che di sogno è vissuto insieme a te. Nulla forse è mai definitivamente scritto, nulla mai definitivamente perduto se l'amore ancora vive nel canto del petto, se una lucerna ancora brilla nel fondo dell'anima come un asticella che si agita solitaria nel cuore della terra." Il Fabbro dei sogni disse quelle parole con voce rotta dall'emozione e quando ebbe finito insieme a quella speranza ritrovata le regalò una lacrima che si era generata sui greppi delle sue ciglia, una stilla d'acqua benedetta che mai aveva versato prima d'ora, una gemma che gli avrebbe rotto il cuore per sempre ma che le donò con generoso slancio perché l'umanità che aveva avvertito in quella donna l' aveva provata dentro di lui come una lama che scava un lacerto in mezzo al petto, un oceano di sogni si erano rimestati dentro di lui nuovi desideri e nuovi sogni si impastavano come rapiti da vortici di lievito, si ricreavano per ogni altro uomo e donna che su quella terra giacevano privi di una luce, spogli di sogni per andare oltre le loro tristezze e i vuoti di tartari pieni di solitudine. Quelle ultime parole furono per Lilith come un balsamo su ferite mai guarite, cicatrici inferte lungo le ossa del costato, lacerti pulsanti sull'alburno tralcio delle vene e in quel momento, nell'istante che il Fabbro di Sogni le consegnava al vento Ella sorrise e fu come un sole pallido che filtrava in una cortina di nubi illuminando appena le cime degli alberi di una foresta per troppo tempo immersa nel gelo della notte preda di un oscurità incessante mentre il volto dell'Illusionistaera tornato il volto di un tempo ...
MARVELIUS