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I sorbonagri, storia di un plagio

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ALESTEIR CROWLEY E IL DIO OCCULTO, MARYLIBRI

Post n°5 pubblicato il 07 Dicembre 2009 da marylibri

Aleister Crowley nasce il 12 ottobre 1875 a Leamington, cittadina della contea del Warwickshire, in Inghilterra. Figura ambigua, esperto di arti occulte. Fu anche alpinista, artista, poeta. Allevato in una famiglia fortemente religiosa, dopo la morte del padre a causa di un cancro alla lingua, cominciò a sviluppare una visione del mondo lontana dalla fede cristiana.
Nel 1920 prese in affitto una villa a Cefalù per praticare riti, creando l’Abbazia di Thelema e l’O.T.O, corpo di iniziati operanti per far rivivere la tradizione magica attraverso pratiche di magia sessuale.
Così “l’uomo più cattivo che sia mai esistito”, assunse il nome della Bestia 666 con relativo simbolo ma non si definì mai satanista, anzi mise in dubbio la stessa esistenza del diavolo. Eppure nel Quinto Grado dell’O.T.O. (Ordo templi orientis) sostituì il rito tradizionale con un simbolico rinnegamento del Cristianesimo storico, attraverso un rituale che includeva la crocifissione di un rospo battezzato nel nome di Gesù.
I riti accompagnati dai vari ornamenti simbolici, diventano per Crowley pretesto per estrinsecare senza restrizioni la sua bisessualità, la morbosa attrazione per il putrescente, gli escrementi, l’orrido. La conoscenza esoterica è rifugio istituzionalizzato con la creazione di una setta organizzata, per dar sfogo al “fai ciò che vuoi”, in un’assenza di regole e sfrenatezze mascherata dalle regole del rituale.
Crowley aveva bisogno di elaborare un sistema per poter vivere senza regole. Tant’è che condannava molte pratiche sessuali da lui stesso praticate, se realizzate al di fuori del contesto magico. Il potere santificante della magia gli consentiva di compiere atti sessuali che in un contesto normale gli avrebbero procurato forti sensi di colpa. Il mago, per mantenere l’omeostasi dell’io ebbe bisogno di creare una nicchia autodifensiva nella quale poteva far agire la sua volontà ed il suo piacere individuale in nome della sapienza, della conoscenza cosmica e delle operazioni occulte del serpente di fuoco o kundalini, identificato anche con la Donna Scarlatta. Kenneth Grant, dopo la morte di Crowley assunse la guida dell’O.T.O. Descrive, naturalmente dal suo punto di vista perfettamente opinabile, la magia del Thelema in un libro la cui lettura si rivela comunque interessante: “Aleister Crowley e il Dio occulto”.
Il testo, al di là delle intenzioni dell’autore, dimostra in modo inequivocabile che La Bestia fosse un profondo conoscitore di occultismo, numerologia, magia egizia, simbologia, che fosse anche artista non disprezzabile. Grant tuttavia non può certamente dissipare certe ombre. Crowley ricerca l’ultrafisico e intanto si abbandona alla fisicità, fa abbondante uso di sostanze stupefacenti fino alla morte, sfrutta l’elemento femminile nei propri riti senza preoccuparsi se le donne utilizzate allo scopo avessero una sufficiente stabilità mentale. Si produssero in molte di esse casi di “straniamento” dovuto al contatto con una materia così “pericolosa”.
Il sentiero della mano Sinistra, diventa così percorso che egli attraversa per cauterizzare le falle della sua disturbata personalità, destinata a conservare un tono ambiguo fino alla fine.
Molto più chiari gli intenti di LaVey che ebbe contatti con Crowley ma si distaccò dal movimento dello stesso. LaVey dichiarò apertamente di essere satanista e celebrò il culto dell’individuo attraverso la Chiesa di Satana e la sua Bibbia.
La Bestia fu abile manipolatore anche e sopratutto della sua mente. In un’operazione tesa a mantenere l’equilibrio del Se, ritualizza le sue inclinazioni, dando loro attraverso il sigillo del rito, una giustificazione accettabile,in modo da evitare la nevrosi. La sua attrazione per l’orrido e i materiali di scarto come gli escrementi, e i fluidi mensili della donna, denuncia un’infantile volontà di autoaffermazione.
L’uso di una simbologia e di un linguaggio esoterico complicato di simboli astrali, fallici, femminili, di formule collegate ad antiche leggende, la volontà di dominare il sogno, l’idea del contatto con entità extraterrestri, nascondevano le ossessioni del mago. L’uso di oppiacei e cocaina serviva a distogliere il pensiero da quello che era il nodo centrale. La ricerca di qualcos’altro celava lo scopo principe di Aleister Crowley: esorcizzare se stesso, rendere accettabile la propria natura.
Un libro dunque, quello di Grant da leggere con necessario distacco, con l’occhio lucido di chi sa che dietro eoni, sistemi di dei, culti, zone di potere, riferimenti al sanscrito, a riti voudù, alla cabala e quant’altro, in un miscuglio da pozione, si nasconde il vizio dell’animale uomo di sopravvivere a se stesso in una dinamica di accettazione dei propri istinti, annullando la vergogna che ne deriva attraverso operazioni di magia rituale.
L’attribuzione del titolo di maestro o saggio a personaggi della portata di un Crowley e il fascino che questi ha esercitato anche su artisti di un certo livello come Lowecraft, dovrebbe far riflettere. Maestro di cosa? Maestro per chi? In fondo non ha inventato niente di più che l’arte di illudere applicata a se stesso e agli altri, la volontà di congiungere il Futuro (superconscio) con il Passato (subconscio) attraverso simboli e parole. Ci sono suoni che hanno un potere simile a quello dei “sigilli dimenticati”, suoni in grado di influenzare le persone… “Incantesimi, formule magiche, barbari nomi di evocazione sono altrettanti sistemi per individuare e controllare energie subconscie…”.
Il libro di Grant, se si supera il giudizio dell’autore su Crowley che può o non può essere condiviso, si legge come un romanzo nell’ottima traduzione di Paolo Valli, e contiene informazioni interessanti su riti, dei e religioni antiche, sui numeri e la loro attribuzione ad un principio maschile e femminile, sulle pratiche tantriche, miti sabbatici e stregoneschi, sulla magia del subconscio.
Leggetelo. Tra un intervallo e l’altro del giorno…  

Maria Antonietta PinnaAleister Crowley nasce il 12 ottobre 1875 a Leamington, cittadina della contea del Warwickshire, in Inghilterra. Figura ambigua, esperto di arti occulte. Fu anche alpinista, artista, poeta. Allevato in una famiglia fortemente religiosa, dopo la morte del padre a causa di un cancro alla lingua, cominciò a sviluppare una visione del mondo lontana dalla fede cristiana.
Nel 1920 prese in affitto una villa a Cefalù per praticare riti, creando l’Abbazia di Thelema e l’O.T.O, corpo di iniziati operanti per far rivivere la tradizione magica attraverso pratiche di magia sessuale.
Così “l’uomo più cattivo che sia mai esistito”, assunse il nome della Bestia 666 con relativo simbolo ma non si definì mai satanista, anzi mise in dubbio la stessa esistenza del diavolo. Eppure nel Quinto Grado dell’O.T.O. (Ordo templi orientis) sostituì il rito tradizionale con un simbolico rinnegamento del Cristianesimo storico, attraverso un rituale che includeva la crocifissione di un rospo battezzato nel nome di Gesù.
I riti accompagnati dai vari ornamenti simbolici, diventano per Crowley pretesto per estrinsecare senza restrizioni la sua bisessualità, la morbosa attrazione per il putrescente, gli escrementi, l’orrido. La conoscenza esoterica è rifugio istituzionalizzato con la creazione di una setta organizzata, per dar sfogo al “fai ciò che vuoi”, in un’assenza di regole e sfrenatezze mascherata dalle regole del rituale.
Crowley aveva bisogno di elaborare un sistema per poter vivere senza regole. Tant’è che condannava molte pratiche sessuali da lui stesso praticate, se realizzate al di fuori del contesto magico. Il potere santificante della magia gli consentiva di compiere atti sessuali che in un contesto normale gli avrebbero procurato forti sensi di colpa. Il mago, per mantenere l’omeostasi dell’io ebbe bisogno di creare una nicchia autodifensiva nella quale poteva far agire la sua volontà ed il suo piacere individuale in nome della sapienza, della conoscenza cosmica e delle operazioni occulte del serpente di fuoco o kundalini, identificato anche con la Donna Scarlatta. Kenneth Grant, dopo la morte di Crowley assunse la guida dell’O.T.O. Descrive, naturalmente dal suo punto di vista perfettamente opinabile, la magia del Thelema in un libro la cui lettura si rivela comunque interessante: “Aleister Crowley e il Dio occulto”.
Il testo, al di là delle intenzioni dell’autore, dimostra in modo inequivocabile che La Bestia fosse un profondo conoscitore di occultismo, numerologia, magia egizia, simbologia, che fosse anche artista non disprezzabile. Grant tuttavia non può certamente dissipare certe ombre. Crowley ricerca l’ultrafisico e intanto si abbandona alla fisicità, fa abbondante uso di sostanze stupefacenti fino alla morte, sfrutta l’elemento femminile nei propri riti senza preoccuparsi se le donne utilizzate allo scopo avessero una sufficiente stabilità mentale. Si produssero in molte di esse casi di “straniamento” dovuto al contatto con una materia così “pericolosa”.
Il sentiero della mano Sinistra, diventa così percorso che egli attraversa per cauterizzare le falle della sua disturbata personalità, destinata a conservare un tono ambiguo fino alla fine.
Molto più chiari gli intenti di LaVey che ebbe contatti con Crowley ma si distaccò dal movimento dello stesso. LaVey dichiarò apertamente di essere satanista e celebrò il culto dell’individuo attraverso la Chiesa di Satana e la sua Bibbia.
La Bestia fu abile manipolatore anche e sopratutto della sua mente. In un’operazione tesa a mantenere l’equilibrio del Se, ritualizza le sue inclinazioni, dando loro attraverso il sigillo del rito, una giustificazione accettabile,in modo da evitare la nevrosi. La sua attrazione per l’orrido e i materiali di scarto come gli escrementi, e i fluidi mensili della donna, denuncia un’infantile volontà di autoaffermazione.
L’uso di una simbologia e di un linguaggio esoterico complicato di simboli astrali, fallici, femminili, di formule collegate ad antiche leggende, la volontà di dominare il sogno, l’idea del contatto con entità extraterrestri, nascondevano le ossessioni del mago. L’uso di oppiacei e cocaina serviva a distogliere il pensiero da quello che era il nodo centrale. La ricerca di qualcos’altro celava lo scopo principe di Aleister Crowley: esorcizzare se stesso, rendere accettabile la propria natura.
Un libro dunque, quello di Grant da leggere con necessario distacco, con l’occhio lucido di chi sa che dietro eoni, sistemi di dei, culti, zone di potere, riferimenti al sanscrito, a riti voudù, alla cabala e quant’altro, in un miscuglio da pozione, si nasconde il vizio dell’animale uomo di sopravvivere a se stesso in una dinamica di accettazione dei propri istinti, annullando la vergogna che ne deriva attraverso operazioni di magia rituale.
L’attribuzione del titolo di maestro o saggio a personaggi della portata di un Crowley e il fascino che questi ha esercitato anche su artisti di un certo livello come Lowecraft, dovrebbe far riflettere. Maestro di cosa? Maestro per chi? In fondo non ha inventato niente di più che l’arte di illudere applicata a se stesso e agli altri, la volontà di congiungere il Futuro (superconscio) con il Passato (subconscio) attraverso simboli e parole. Ci sono suoni che hanno un potere simile a quello dei “sigilli dimenticati”, suoni in grado di influenzare le persone… “Incantesimi, formule magiche, barbari nomi di evocazione sono altrettanti sistemi per individuare e controllare energie subconscie…”.
Il libro di Grant, se si supera il giudizio dell’autore su Crowley che può o non può essere condiviso, si legge come un romanzo nell’ottima traduzione di Paolo Valli, e contiene informazioni interessanti su riti, dei e religioni antiche, sui numeri e la loro attribuzione ad un principio maschile e femminile, sulle pratiche tantriche, miti sabbatici e stregoneschi, sulla magia del subconscio.
Leggetelo. Tra un intervallo e l’altro del giorno…  

Maria Antonietta Pinna

 
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L'ULTIMO VELIERO

Post n°4 pubblicato il 07 Dicembre 2009 da marylibri

1960. Marcello Venturi scrive L’ultimo veliero, romanzo vibrante di ironica e nostalgica poesia. Maestrelli Bernardo fu Giovan Battista, detto il Capitano, è protagonista di un’avventura che sfida la vecchiaia e la morte. Egli è l’anima di un gruppo di vecchi lupi di mare, costretti a vivere in un ospizio di monache. Ogni giorno la madre superiora, li manda in giro con una cassetta sotto il braccio per chiedere l’elemosina ai villeggianti. Ma il Capitano non si rassegna, non vuole finire i suoi giorni nel chiuso dell’ospizio. Scruta il mare in attesa di un segno. Qualcosa deve succedere prima o poi, prima che la morte lo sorprenda e lo beffi… Aspetta oggi, aspetta domani, ecco che il sogno si materializza, tanto da poterlo toccare. Una sera, al tramonto, il sogno compare all’imboccatura del porto. Si tratta di un trealberi mal ridotto, simile ad un uccellaccio ferito, il veliero atteso per anni. L’ombra cupa delle alberature sull’acqua. E il Capitano, Sartiame, Cannocchiale, tutti i vecchi dell’ospizio, ricominciano a sentirsi vivi, il sangue scorre caldo nelle vene, come quando navigavano e conoscevano tutti i segreti del mare e del vento. Il veliero è stato venduto al cavalier Pinotti, arido tipo d’imprenditore, che vuol farne legna da ardere. E i vecchietti vogliono ricomprarlo, rimetterlo in sesto e prendere il largo. Sogno di libertà, per continuare a vivere. Non importa dove si va, l’importante è allontanarsi da tutto ciò che imprigiona corpo e anima, correre lungo le onde infinite dell’oceano. Un sogno universale di salvezza, una favola per tutti, un libro senza tempo che potrebbe essere stato scritto oggi. Dialoghi puliti e diretti che dalla mente arrivano al cuore. Felicissimo il brano di conversazione del Capitano con la bonaria monaca che lavora in cucina. Botta e risposta. Come sottofondo, perfettamente si incastrano alle voci dei due interlocutori, le parole in libertà e il clangore degli avventori d’osteria. Essi imbastiscono, (tra abbondanti quarti di vino, risate e chiacchiere), scommesse sulla riuscita o meno del piano del Maestrelli. Ci sembra di vederli, questi personaggi, vestiti di panni popolari. Man mano che ci addentriamo nella lettura tocchiamo l’atmosfera fumosa dell’osteria, tanto aborrita dall’arcigna madre superiora. E lo vediamo, tenero e accogliente, quel mare tanto decantato dai canuti marinai. Mare infinito, senza posa, mare che combatte con la sua ignota forza contro il noto della quotidianità. E’ il mistero libero della vita contro la morte annunciata e la clausura forzata dell’ospizio. E’ il grido di chi non cede e non si rassegna, di chi vuol afferrare con le mani nude il corpo intero del proprio destino e stringerlo fino a possederne interamente l’anima. Maestrelli, novello Odisseo alla rovescia, guarda l’infinità della salsa distesa marina e sente l’angoscia che smaga. Vuole udire chiaro e senza tappi il canto delle sirene. L’ignoto lo attrae come la calamita il ferro, un desiderio irresistibile… Che dire poi della pericolosità stessa del mare? Di quel suo agitarsi, fremere e impazzire durante le tempeste? Si, anche a questo. La follia degli elementi spezza la monotona sicurezza della vecchiaia passata tra quattro mura. Il rischio si accetta, fa parte del gioco della vita, anzi la rende più saporita. La noia, la certezza, la prevedibilità, il sapere esattamente cosa farai domani alla stessa ora di oggi, niente brividi né scosse! Odiosa prospettiva. Odiosa perché generata dalla morte stessa, da una sensazione di elmintico decadimento. Ad Achille Tetide, venne offerta la possibilità di scegliere: una vita lunga e noiosa oppure breve e avventurosa? Il semidio non ebbe dubbi, optò per la seconda soluzione. Il veliero strappato alla morte diventa simbolo del vecchio corpo dei marinai. Lo rimettono in forze, amorevoli curano il fasciame, lo spalmano di pece. Un modo per prendersi cura di se stessi, per buttare in faccia al mondo la tangibilità della loro esistenza terrena. Si, ci siamo, siamo vivi e non siamo rottami, non ci sentiamo ancora pronti per far banchettare Thanatos. Opponiamo alla morte l’energia virile della barca, “l’uccellaccio ferito” che ancora pulsa e sfida la morte, il nostro essere uomini, ancora e per sempre. Maria Antonietta Pinna

 
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PUNTI DI SVISTA, MARIA ANTONIETTA PINNA

Post n°3 pubblicato il 07 Dicembre 2009 da marylibri
 

Maria Antonietta Pinna

 

 

 

Punti di svista

                   

 

Formiche e cavallette, mostruosi giganti, fili d’erba come alberi, laghi che in realtà sono sputi. Questo è il mondo dell’agente Dilke, una specie di James Bond. Di quest’ultimo infatti possiede sangue freddo, spirito d’avventura e galanteria.

Guerra fredda in giardino, copyright 1971, è il primo libro della trilogia che Lindsay Gutteridge dedica alla miniaturizzazione. Si, perché l’ottimo Mathew Dilke è alto la bellezza di sei millimetri.  Ex soldato e agente segreto, l’eroe si sottopone ad un esperimento scientifico che ridurrà drasticamente le sue misure. Lo scopo? Eliminare il problema dell’esplosione demografica nel pianeta e verificare le condizioni di sopravvivenza del microuomo.

Già nel 1966 viene proiettato Viaggio allucinante, tratto da un racconto di Otto Klement e Jerome Bixby. Uomini miniaturizzati entrano, (come Mastro Alcofribas, nel Gargantua e Pantagruele), dentro un corpo umano, per salvare una vita. Sulla sceneggiatura della pellicola, ha poi lavorato Asimov, dando alla luce un thriller fantascientifico con lo stesso titolo del film.

Comunque, il romanzo della Gutteridge, ingenuo per certi versi, e non originalissimo, offre spunti di riflessione. In un mondo di gossip e cattiva letteratura, vale ancora la pena di procurarsene una copia e leggerlo. Almeno non ci troverete dentro la pubblicità falettiana di birre, macchine sportive e bibite gasate per diffondere il rutto nel mondo.

Dominatore incontrastato della nostra storia è invece il punto di vista, una relatività ontologica che non garantisce certezze. Le dimensioni lillipuziane del personaggio aumentano la precarietà del vivere in un mondo pieno di nuovi pericoli. Niente è più come prima. Il giardino è una giungla, innocui insetti diventano pericoli mortali.

La posizione da cui si guarda la realtà, cambia tutto. Ciò che ordinariamente viene percepito come normale diventa mostruoso, e viceversa. Capovolgimento insomma, ma anche travolgimento dei confini dettati dalla natura. Il rimpicciolire è un fiume carsico che sa di filosofica ribellione. Nello shock dell’infinitamente piccolo, lo scandalo della percezione macrocosmica.

Si va oltre il possibile. L’agente lillipuziano si colloca nel limbo del mostruoso, è esso stesso, date le dimensioni, creatura liminale. Spezza il tedio dell’ordinario. Dilke mangia carne di mosche e altri insetti, riposa dentro gusci di scarafaggio, entra in una scatola di cipria, vede da vicino i pidocchi sulla testa di un uomo. Chi altro potrebbe farlo? E’ la poetica del mostruoso, tema caro alla letteratura di tutti i tempi, dal mitico e inafferrabile Omero alla moderna fantasy, non sempre di buona qualità.

E non è un caso che in molti paesi, nani, gobbi, storpi, infelici, abbiano ricoperto in passato il ruolo di giullari. Ecco, signori e signore, vengano! La deformità diventa trastullo di ricchi e potenti contemplatori di miserie. Come materializzazione delle paure interiori dell’uomo cosiddetto “normale”, il reietto suscita un riso che esorcizza.

L’esposizione dei bambini bicefali o di altre creature storpie era, ancora ad inizi Settecento, un fenomeno diffuso e curioso. Neppure i nobili educati nei collegi dei gesuiti, si sottraevano a quest’usanza. Scrive nel 1712 padre Antonio Magaza: “doppo lo studio si fece vedere a Signori nel Salone un’albero finto con varii uccelli, pure finti, che cantavano al naturale, alcuni giuochi d’una scimia, un Puttino di due teste, un Basilisco”[1].    

La risata, oggi come ieri,  allunga le differenze e confina il diverso nel regno del meraviglioso, in un mondo altro, distante, che niente ha a che fare con la serietà della vita vera. Ben vengano dunque ciclopi, centauri, nani, giganti, elfi, ippogrifi, janas[2], chimere e fanfaluche varie...

Ridiamoci sopra, dall’alto della nostra saggezza tutta naturale. I re si divertono coi giullari, li scrutano dall’alto. Soltanto San Francesco ha osato accostarvisi, mettendosi al loro livello. Ma non è facile guardare in faccia la sofferenza e caricarsela sulle spalle. Tutti gli altri guardano da lontano, non hanno mica la chierica. E poi, se proprio vogliamo essere precisi, c’è santo e santo, ma questo è un altro discorso...

La distanza fa la differenza? Si o no?  Silenzio! Eccoli, sfilano. Non disturbiamoli. Gli spiriti panas[3] di deleddiana memoria, lavano i panni di notte al fiume servendosi di uno stinco di morto. Si destano gli spiriti erranti. Vagano nella notte, si stropicciano gli occhi appena le ombre si allungano. Il chiasso delle discoteche un po’ li spaventa, ma ancora resistono. L’immaginario collettivo vuole che non muoiano mai.

Ascoltiamo la voce dell’ammuttadore, folletto dalle sette berrette. Oppure diamo sfogo alle saghe di  vari maghi e maghetti, anelli e anellini, licantropi, troll, hobbit, streghe e vampiri che oggi vanno molto di moda, in un misto di repulsione, attrazione e paura.

Il paragone del nostro microuomo con spiriti e mostri è forse un tantino azzardato. Eppure, sia che si tratti di Dilke, Ulisse, Gulliver, arimaspi[4], coboldi[5], la psicologia è più o meno la stessa. Qual’è l’uomo? Dov’è il mostro? La differenza non è poi così netta. I due s’annusano, si scrutano, si fronteggiano. La risata solo apparentemente allontana, in realtà nasconde e basta. E’ come quando si mette la polvere sotto il tappeto. Principe e giullare, Ulisse e ciclope, c’è una confusione di ruoli e posizioni. Come diceva il problematico Poe, causa di errore in tutte le valutazioni è l’incapacità di capire che le reali dimensioni di un oggetto possono essere sottovalutate o sopravvalutate per un’imprecisa stima della distanza in cui si trova. Riecco l’imperturbabile logica della distanza, fisica, psicologia, filosofica... Tutto torna, in un eterno ciclico esistere.

Ora l’insetto perseguita Dilke. L’eroe percepisce con lo sguardo la presenza dell’orribile formica. C’è l’altro lato della medaglia, però. Per la formica anche l’uomo è un mostro. Forse il secondo si trova dentro il primo. Polifemo accecato è soltanto l’alter ego d’Ulisse. Lo scontro tra i due mette impietosamente in luce una realtà che purtroppo è tutta letteraria. Il tappeto è stato sollevato, la polvere miseramente scoperta. Non ci sono confini, né colonne d’Ercole oltre le quali la fantasia non possa viaggiare. Ogni operazione di occultamento inutile. Nessuno può stabilire dove alberghi la normalità. Forse perché è concetto illusorio, traviante, soggettivo come le percezioni. Lo stesso oggetto appare diverso a seconda dell’occhio di chi guarda. Si cattura o ci si lascia scappare sempre qualcosa. In fondo, a pensarci bene, è tutta questione di punti di svista...

 



[1] Padre Antonio Magaza, Diario del Collegio dei nobili di Parma 1912, p. 40. cit. in Maria Antonietta Pinna, Il Collegio dei Nobili di Parma agli inizi del Settecento, p. 266.

[2] Piccole fate che tessono stoffe d’oro in telai d’oro.

[3] Donne morte di parto.

[4] Leggendario popolo di uomini da un occhio solo. Secondo Erodoto la loro terra si trovava tra gli Iperborei e gli Issedoni.

[5] Folletti poco socievoli.

 
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PRESTITO D'ONORE: LA REGIONE DA I SOLDI DESTINATI AI DISOCCUPATI A CHI LI HA GIA'.

Post n°2 pubblicato il 06 Dicembre 2009 da marylibri
 

LEGGE REGIONALE 19/99, PRESTITO D'ONORE, RISERVATO PER LEGGE A GIOVANI DISOCCUPATI CHE VOGLIANO APRIRE UN'IMPRESA.

SE SIETE DISOCCUPATI POTETE FARE UN BEL PROGETTO CON LA BIC, REGIONE LAZIO. PRATICAMENTE IMPIEGHERETE CIRCA SEI MESI DELLA VOSTRA VITA PER FARE IL PROGETTO D'IMPRESA, IDEARLO, PIANIFICARLO, RICHIEDERE TUTTI I PREVENTIVI DEL CASO, FISSARE APPUNTAMENTI CON IL TUTOR DELL'UFFICIO CHE HA IL COMPITO DI CHIARIRE OGNI DUBBIO... FATTO IL PROGETTO LO PRESENTATE ALLA BIC, VIA CASILINA 3 T E VI SIETE SISTEMATI PER LE FESTE. VI FARANNO ASPETTARE UN ANNETTO BUONO, PRIMA DI DIRVI SE IL VOSTRO PROGETTO E' STATO APPROVATO O MENO. SE SIETE FORTUNATI VI DIRANNO SI, IL PROGETTO CI PIACE, TE LO FINANZIAMO PERCHE' L'IDEA E' VERAMENTE OTTIMA, TI DAREMO 23.000 EURO D'ACCONTO, IL RESTO A SALDO PER UN TOTALE DI 29.200 EURO CIRCA. IN PRATICA LA META' E' A FONDO PERDUTO, OSSIA VE LI REGALANO. PERFETTO. C'E' UN PERO': PRIMA DI EROGARVI I SOLDI VI DICONO CHE OCCORRONO DEI DOCUMENTI PER POTER PRENDERE I SOLDI:

 

1 ISCRIZIONE ALLA CAMERA DI COMMERCIO

2 PARTITA IVA

3 FIDEJUSSIONE BANCARIA O ASSICURATIVA

IL PUNTO 3 E' INSORMONTABILE SE SIETE DISOCCUPATI VERI E IN PRATICA NON AVETE IL BECCO D'UN QUATTRINO. INFATTI LA BANCA O L'ASSICURAZIONE CHE DIR SI VOGLIA CHIEDE GARANZIE. IN COSA CONSISTONO QUESTE GARANZIE? MODELLO UNICO, BUSTA PAGA OPPURE SOLDI CONTANTI DEPOSITATI IN UN CONTO PARI ALMENTO ALL'IMPORTO DELLA CIFRA CHE VI EROGANO IN PRESTITO.

LA FIDEJUSSIONE VE LA FANNO SOLTANTO SE NON SIETE DISOCCUPATI. IL PRESTITO D'ONORE E' ESCLUSIVAMENTE RISERVATO A DISOCCUPATI... SEMBRA CHE CI SIA QUALCOSA CHE NON VA... SE SEI UNA VERA DISOCCUPATA NON PUOI AVERE GARANZIE...

IN PRATICA LA REGIONE IL PRESTITO E I SOLDI A FONDO PERDUTO, LI EROGA A PERSONE CHE GIA' HANNO CAPITALI, FINTI DISOCCUPATI, MENTRE QUELLI VERI POSSONO RIMANERE BENISSIMO COME STANNO, OSSIA A SPASSO...

NON E' UNA TRUFFA?

Maria Antonietta Pinna

 
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Post N° 1

Post n°1 pubblicato il 19 Aprile 2008 da marylibri
 



Mi chiamo Maria Antonietta Pinna, sono laureata in lettere,
criminologa, faccio recensioni di spettacoli teatrali per un giornale
romano di approfondimento culturale. Segni particolari:
mi
mando da me. Non possiedo la tessera di un partito, né santi in
Paradiso, anche perché preferisco l’Inferno, sicuramente meno noioso
e
comodo. Da qualche anno ho contratto il corrosivo e deleterio vizio
di
scrivere e secondo incalliti lettori, pare che lo faccia bene e con
molta fantasia.


INTANTO,


racconto la storia di una corte, no, non quella dei miracoli,
quella dei sorbonagri. Chi sono? Una brutta razzaccia di docenti che
si
cibano del lavoro degli altri... Ma non perdiamo altro tempo,
passiamo
alla storia. Gian Paolo Brizzi, re, tentacolare docente con le mani,
ops, i tentacoli, in pasta dappertutto, è Professore Ordinario presso
il Dipartimento di Storie e Metodi per la conservazione dei Beni
Culturali (Università di Bologna - Ravenna). Inoltre è Direttore
dell’
Archivio Storico della stessa Università e lettore della Casa
Editrice
Clueb, dove cura intere collane. Nove anni fa il nostro buon
sorbonagro, insegnava storia moderna all’Università degli Studi di
Sassari assieme a Miriam Turrini, sua gran ciambellana che si avviava
a
diventare regina. Durante un’accesa discussione, il re pensò bene di
stupirmi mettendomi al corrente delle sue idee democratiche sull’
istruzione universitaria: "Chi non ha soldi all’Università non ci
deve
venire". Mi disse proprio così, testuali parole. Impossibile
dimenticare... Intanto ho contratto il vizio di scrivere... Dopo il
saggio di fine Master, ho dato alla luce diverse cosette: pièces
teatrali, racconti, romanzi, poesie. La prima cosa che ho scritto è
la
tesi di laurea: "Il Collegio dei Nobili di Parma agli inizi del
Settecento", lavoro assolutamente sperimentale su un documento d’
archivio inedito risalente agli anni 1710-13. Non mi sono limitata a
trascriverlo, l’ho commentato, ho estrapolato dati non conosciuti e
assolutamente nuovi, ho elaborato paragrafi e capitoli sulla vita
quotidiana dei nobili del collegio e su tutte le loro più o meno
curiose attività. Due anni di lavoro! Ma torniamo all’illustre
professor Brizzi. Navigando per caso su Internet scopro che il prof.,
tra le altre cose, nel 2007, cura un libro interessante: "Il giovin
signore in collegio", di Miriam Turrini. Mi incuriosisco. Ho un
tarlo.
"Possibile che... Noo, non può essere...". Il giorno dopo mi fiondo
in
biblioteca... "Si, può essere, anzi, è! "Il signore" in questione non
è
poi così giovane, è vecchio, ha quasi dieci anni, si direbbe la
fotocopia del signore de "Il Collegio dei Nobili di Parma agli inizi
del Settecento". Insomma per farla breve, Miriam Turrini si è copiata
la mia tesi, ci ha messo il suo nome sopra e se l’è pubblicata,
guarda
caso con la CLUEB, grazie al finanziamento dell’Università di Pavia,
dipartimento di musicologia.


Che fare!!!???


Mi dico che sarebbe ora di parlarne un po’ di più. Il mio non è
sicuramente un caso isolato! Cammina cammina arrivo al castello Rai.
Letizia Maurelli, castellana, mi accoglie a braccia aperte. Di fronte
al corpus delicti di una tesi "plagiata", dice di si, che si può
fare,
che non è giusto, che mi manderà in onda per informare i
telespettatori. Passano alcuni giorni, mi richiama, gelida come un
iceberg: " tutto sommato..., son cose che succedono, non possiamo
farci
niente... è una storia che non interessa nessuno...". Eh, certo, i
piedi al re nessuno li ha mai pestati. Cosa si può fare? Niente.
Siamo
nel paese del niente, non si può pretendere di più, si nientifica e
basta. Poi arriva Tedde, primo cavaliere della regina e mi manda una
mail. Dice che la sottoscritta ha offeso la reggente, dicendo
"cazzate"
di cui dovrebbe vergognarsi. I cavalieri moderni parlano tutti così
al
giorno d’oggi... Dice anche che la Turrini è una persona seria perché
è
l’allieva di Paolo Prodi, un nome, una garanzia... Due più due fa
quattro... Un re, una regina, un cavaliere, una castellana, e la
corte
universitaria dei sorbonagri che fanno, disfano, leggono, copiano...
E
l’informazione? Anche quella è soggetta all’estro della corte. La
Gazzetta di Parma ha pubblicato articoli lusinghieri sul libro della
Turrini. Ho informato la redazione che trattasi di un plagio
letterario. Li ho invitati a controllare. Mi hanno risposto di essere
infastiditi dalle mie mail. Dicono che in questa storia non c’entrano
per niente!!! Ma come? Pubblicano articoli elogiativi sul "giovin
signore" e non sanno neppure di cosa stanno parlando? Viva la libertà
di stampa. Morale della favola... C’è una morale?
Vedendo ogni giorno nelle vetrine delle librerie, accanto ad alcuni
titoli validi, libri quintessenza di innominabili schifezze, (scritti
magari dal comico di turno, dalla attricetta di grido, tutto
compromessi e poco arrosto, ah!) mi domando se c’è ancora speranza
per
chi, come me si manda da se.


Maria Antonietta Pinna
una sarda che si manda da se!


 
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