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I cannibali delle Olimpiadi: Bryant e Phelps


Le Olimpiadi rappresentano, forse meglio di qualsiasi attività, la storia del genere umano. Lungi dal riprendere situazioni epiche o spassosi aneddoti come quelli inerenti a Milone da Crotone (che sconfisse e uccise un toro a mani nude), i giochi attuali hanno spostato l’asticella anche per quanto riguarda i personaggi e gli uomini da copertina. Non più i greci sono i super favoriti da battere, con le Olimpiadi diventat
i, ormai, una competizione che ha spostato in tutto il mondo il mirino sui sicuri protagonisti. Tra questi, s’inserisce a pieno titolo nell’olimpo dei campioni il fenomeno Kobe Bryant, l’uomo di punta del dream team americano. Una portaerei contro una bicicletta: facile ipotizzare quale sarà il cammino degli Usa formato basket, con Bryant che avrà addosso tutti gli occhi del mondo. Il campione dei Lakers ha già lanciato la sfida, ritenendo il suo dream team addirittura migliore a quello originale del 1992, quello composto da Micheal Jordan e Charles Barkley per intenderci e che non andava in svantaggio neanche sotto tortura. Bryant l’ha sparata grossa nel confronto ma fa bene, comunque, a tenere alto il morale della sua truppa. Sono ormai lontani i tempi di Krzyzewski, l’allenatore rinunciatario che umiliò gli Stati Uniti con la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Atene nel 2004 e fu stranamente riconfermato, anche se vinse, poi, a Pechino. C’era Kobe Bryant quattro anni fa come guardia tiratrice e oggi lo ritroviamo come uomo immagine, con cinque titoli Nba e una maturazione tecnica non indifferente, che gli permetterà di agire anche da ala piccola ma soprattutto da playmaker, soprattutto nel confronto con le compagini europee. Come ogni grande cestista americano non ha lasciato nulla al caso, dalle scarpe divenute esemplare-modello ai soprannomi (si definisce Black Mamba prendendo spunto da “Kill Bill”) e in mezzo è arrivata una denuncia per molestie sessuali. Ai guadagni super esagerati si alternano le prestazioni mostruose, come quella disputata contro il Toronto anni fa quando realizzò da solo (!) 81 punti. Ha abbattuto ogni record, alzando il confronto e distruggendo tutti i paragoni: scommettere su ogni suo record è garanzia di una sicura vincita in ricevitoria. Ha realizzato più di 29mila punti in Nba e parla italiano, se non qualche parola di calabrese: il padre nel 1986-87 giocò con la Viola Rc mentre il figlio si esercitava a canestro. Sarà stata l’aria reggina a lanciare il campione? Chissà, ci piacerebbe pensare questo vedendolo in finale.
Micheal Phelps ha vinto tutto e vorrà, alle ormai imminenti Olimpiadi, vincere ancora. Il pensiero del cannibale è sempre quello: non lasciare le briciole agli avversari e nello sport questo è un atteggiamento necessario, per chi nella vita vuole sempre il meglio per sé e i propri tifosi. Il nuotatore della Baltimora ha collezionato più medaglie d’oro alle Olimpiadi: ben 14, un’infinità se pensiamo a quanta fatica serva solo per conquistare addirittura l’accesso alla competizione. Ha già abbattuto un mito, Mark Spitz che aveva preso sette ori nell’edizione di Monaco 1972, con un record che non è stato infranto soltanto per poco già nelle Olimpiadi ateniesi, con Phelps che si fermò a un bottino di sei ori e due bronzi. Semplicemente leggendario Phelps, divenuto un’istituzione vivente dopo aver vinto anche sei edizioni dei mondiali, un mondiale in vasca corta e tre edizioni dei giochi panpacifici. L’obiettivo per il 2012, detto forse per scaramanzia, è di conquistare “soltanto” sei ori come ad Atene per chiudere a quota venti il suo straordinario medagliere per l’oro e ritirarsi con la pancia piena. Ci sarà da credergli? Si ritirerà un uomo che vive per l’acqua e la piscina ricambia? Chi lo sa. Ha esordito ad altissimi livelli già a Sidney 2000, diventando l’atleta più giovane a disputare un’olimpiade a circa quindici anni. Non vinse nulla, arrivò quinto, ma tutto il mondo si accorse che bisognava puntare gli occhi esclusivamente su di lui. Anche in Italia diede dimostrazione del suo immenso talento. A Roma, nel 2009, girava quasi indisturbato nella capitale e conquistò quasi tutto al mondiale, con l’oro nei 100m e 200 m farfalla, nelle staffette 4x100m sl, 4x200m sl e 4x100m misti, con in più un argento nei 200m sl. Phelps, come ogni buon professionista, non sgarra un allenamento ma, soprattutto, ha impostato una dieta particolare. Al nuotatore americano servono circa 12mila calorie giornaliere, cifra sei volte superiore ai livelli standard di qualunque uomo. Qualcuno ha messo in dubbio questi dati, soprattutto per la colazione all’americana, che non si limita alle uova o al bacon ma quasi racchiude un intero buffet. La prima colazione di Phelps comprende: tre uova in padella, lattuga, pomodori, formaggio, cipolle fritte e maionese, una scodella di fiocchi d’avena, tre frittelle al cioccolato, tre fette di pane tostato e due tazze di caffè. Nessuno l’ha mai visto divorare tutto e poi andare in acqua, ma notando i risultati di Phelps c’è da credergli sulla parola.calabria ora 28-7-12mas.man.