massimopiero

Castelli di sabbia


Non è ancora giorno quando arrivo sulla spiaggia. Nonostante la giornata fredda ho voglia di sentire la sabbia sotto i piedi nudi. Camminando verso il mare, cercando con lo sguardo il posto adatto, al limite del bagnasciuga, ne valuto la consistenza, ne immagino la compattezza. Il secchiello per fare le torri è dentro lo zaino. Ma appena casualmente lo sguardo si volge lateralmente, lo vedo, centro metri alla mia sinistra, ha circa la mia età,  lo stesso zainetto in spalla e come me cammina a piedi nudi. Mi ha visto, anche se da ad intendere di guardare avanti. Guardo dall'altra parte, cento metri circa, ce n'è ancora uno, pantaloni arricciati in una fredda mattina di febbraio, stesso zainetto. Stringo gli occhi come per aiutarmi a vedere più lontano, centro metri ancora, oltre lui, un'altro. Anche alla sinistra è la stessa cosa, e il primo chiarore del mattino ne fa vedere un altro, e poi un altro ancora. L'intera costa è probabilmente invasa da una moltitudine di persone, centro metri l'una dall'atra, che procedono sulla spiaggia, scalzi, con uno zainetto sulle spalle, donne e uomini, falsamente incuranti l'uno degli altri, ma che in realtà ad un certo punto si ferma, in preda ad una specie di vergogna, di pudore, poco prima di mettere in atto il proprio intento, di mettere in opera il motivo per cui tutti sono qui, che evidentemente è lo stesso.Da bambini si gioca a fare i grandi, sempre. Senza rendersene sempre conto, iniziamo con i giochi a simulare, studiare, quello che sarà il resto della nostra esistenza. Si inizia a capire con le regole dei giochi quelle che saranno le regole della vita. La vita non è un gioco, ma le regole sono poche e importanti, sempre quelle, che si sia grandi o bambini, che si faccia sul serio meno, che si tratti della vita reale o di quella inventata per divertimento.Il castello di sabbia si fa sul bagnasciuga, nel punto esatto dove le onde posso arrivare, ma non troppo. Lo scopo del gioco è proprio quello di fare delle mura che possano resistere, delle torri a rinforzo, un fossato davanti che contenga una parte di acqua utile a rendere più mite l'impatto dell' onda più forte delle altre, in genere una ogni sette o ogni undici, oppure l'onda doppia. L'onda doppia sono due onde ravvicinate, tale per cui una funge come da base, da trampolino all'altra, facendola arrivare più lontano. L'onda doppia è meno forte, quindi ad un primo impatto contro le difese frontali sembra meno dannosa. In realtà, arrivando più lontano, può superare tutta la costruzione ed insinuarsi da dietro, distruggendo così facilmente il castello dalla parte dove è più debole e meno protetto dall'impatto con l'acqua.  Ma perché il castello si fa sempre sul bagnasciuga. Se si portasse un po' di sabbia bagnata in fondo, vicino alle cabine, si potrebbe costruirne uno immenso, con calma, senza doversi preoccupare di onde che li mai potrebbero arrivare. Invece imperterriti, assistendo alla completa distruzione tutte le volte, per poi ricostruirlo con pareti più spesse e fossati più profondi, una lotta che dura l'intera mattinata. Poi la mamma ti chiama ed è arrivata l'ora di andare a pranzo.   Con il passare degli anni è tutto uguale. L'unica cosa che manca è la voce della mamma che fa finire il gioco. E io, con la stupidità tipica che si acquista nel crescere, sto pensando che devo capire, che devo trovare una soluzione. Una soluzione in grado di salvare l'ennesimo castello che mi sono costruito. E insieme a questo numero indefinibile di stupidi come me, sono su questa spiaggia, con uno zaino dentro il quale ho ben nascosto secchielli e formine. Perché non ci si può far vedere in giro a quasi cinquant'anni sulla spiaggia con le formine, il secchiello e la paletta. Una fila di uomini e donne, che a distanza di cento metri l'uno dall'altro vuole capire cosa succede adesso che non c'è una mamma che ti chiama, che questa lotta tra il castello e le onde del mare non si interromperà, se non dopo la sconfitta di uno dei due. A costo di starci una vita, o si riesce a fare il castello perfetto, o ci si arrende definitivamente. Qualcuno ha vinto la vergogna e si sta già portando nel punto giusto. Rimango immobile osservando qualcuno che si è già piegato sulle ginocchia, ha svuotato il contenuto dello zaino davanti sta raccogliendo ampie bracciate di sabbia umida davanti a se. Perché il castello lo costruisci davanti a te, inginocchiato, come se fossi tu la cosa preziosa da proteggere dal potere distruttivo delle onde.Oramai l'opera di ingegneria collettiva è nel pieno. Solo io rimango in piedi, fermo, guardando a destra e a sinistra un po' tutti, come se volessi cogliere una spiegazione, uno spunto, qualcosa che mi dia conferma della sensazione che si sta facendo spazio dentro di me. la convinzione che in tutto questo ci sia qualcosa che non torna. Paralizzato per un tempo indefinibile da questi pensieri, finalmente la trovo. Me ne accorgo quando tutti si bloccano, all'unisono, subito dopo aver alzato la testa dalla propria opera ed averla rivolta verso un unico stesso punto dell'infinita spiaggia.Distratti dai nostri pensieri, nessuno di noi ci aveva fatto caso. Uno dei tanti che formavano l'infinita fila aveva appoggiato lo zaino per terra, si era spogliato e si era tuffato in mare. Alcune bracciate, un po' di galleggiamento sul dorso,  una giravolta da delfino ed un' immersione. Non più di dieci minuti, nell'acqua fredda, per poi uscire e dirigersi verso il punto in cui aveva lasciato le sue cose. Aveva aperto lo zainetto che anche lui, come tutti, aveva, ma non ne erano uscite né palette, né formine. Solo un asciugamano, che velocemente si era avvolto intorno al corpo. Come se fosse finito l'incanto, in quel momento tutti si erano di nuovo mossi ed erano ritornati alla loro battaglia.Ed io, che ancora non riesco a capire, riesco solo a seguire un istinto strano, che mi porta a voltarmi e tornare sui miei passi. Sospetto fortemente che le mie gambe mi stiano riportando verso casa. A prendere l'asciugamano.Per il resto ci penserà la vita. In qualunque posto ci porterà, sempre si vedrà la luna anche da li.