massimopiero

Inaspettati cuori


Certe volte arrivi al termine di un lunedì di lavoro che ti sembra venerdì. E’ finita….? Ce l’hai fatta ad arrivare in fondo alla settimana…..? No, è solo una giornata…..! Vabbé, è stata talmente dura che comunque e qualunque cosa sia, l’importante è che sia finita. E le mie giornate lavorative finiscono tutte nello stesso modo. Al casello autostradale di Prato Ovest. Quel mettere la carta in bocca alla macchinetta che meccanicamente ringrazia e dice “arrivederci” in modo buffo e quasi sgrammaticato è il mio striscio di badge, la vecchia cartolina che si timbrava all’uscita dal lavoro quando ancora non esistevano, oltre alle voci elettroniche, le bande magnetiche. “inserire prima il biglietto e poi la carta”. Una voce diversa dal solito, una voce di donna dolce e suadente, sembra vera. “Cambiare il verso di introduzione” sembra quasi un invito di tipo sessuale. Ho capito, non sono passato nella cara vecchia corsia blu viacard ma in una di quelle cosiddette “ad alta automazione”. Sono quelle dove in alto è indicato il disegno del denaro ma non la mano, per indicare che è possibile pagare anche con monete e banconote pur non essendoci la presenza del casellante. Sono relativamente una novità, sicuramente per me che di solito le evito. Certo, che se sono dotate di una voce simile, fino ad ora mi sono perso qualcosa.Sette e mezzo di mattina, aspetto al freddo con gli occhi abbottonati. Ho appena lasciato l’auto dal mio mattiniero meccanico per il tagliando e sto aspettando il mio mattiniero amico Carlo che mi darà un passaggio in ufficio. Sta arrivando un furgone giallo, perfetto nuovo. E’ il mio amico che gira tutto il giorno per la città a fare piccole consegne. Salgo e mi sento come in un salotto caldo. Ad un tratto una voce maschile che proviene dal cruscotto mi chiede di chiudere la portiera. Una voce elettronica, ma molto realistica e con un tono piuttosto simpatico. Non passano cinque minuti che la stessa voce informa che è necessario fare rifornimento di carburante, segue una parolaccia, questa volta è una voce vera. “##@por**#.......!!!!....Non è possibile, sono sicuro che ieri sera avevo quasi mezzo serbatoio”. Siamo già davanti al mio ufficio, faccio un gesto di ringraziamento e saluto Carlo. Dal pomeriggio del giorno prima non ho ancora detto una parola e ho sentito già due macchine parlare.Le quattro di notte, telefono. E’ Carlo, mi dice che quando si è alzato per andare in bagno ha  guardato casualmente fuori dalla finestra e il suo furgone giù in strada non c’era più. E’ una cosa grave perché oltre al suo strumento di lavoro è una passione smisurata. Nella sua scala di valori è giusto un po’ sotto di me, ma sopra la maggior parte dei suoi parenti. ”Arrivo” e riattacco. Quando sono a casa sua lo trovo in strada davanti al furgone, mutande e maglietta, stato confusionale, lo osservo infreddolito da dentro il mio piumino. “Giuro, non c’era, non c’era”. Nessun problema. Carlo è un amico che quando chiama alle quattro di notte ci si alza, si prende la macchina, si parte, e il resto conta poco. Mi vorrebbe offrire un caffè, ma preferisco tornare a casa. Per risalire nella mia auto passo davanti al furgone e vengo assalito da una sensazione strana, come di calore. Avvicino la mano, è proprio calore. Viene dalla griglia del radiatore. Non dico niente al mio amico, ma il mistero si infittisce.Ancora un lunedì che sembra un venerdì. Ancora la stessa corsia del casello, quella con la dolce e suadente voce femminile. Questa volta l’ho proprio scelta, come d’altra parte per tutta la settimana precedente, e mi sento un po’ scemo.Le due di notte, ancora il telefono e ancora Carlo. “Vieni….subito....” Dopo dieci minuti siamo entrambi nella mia macchina. “A Prato Ovest, presto”. Arrivati nello spiazzo davanti al casello mi chiede di fermarmi in disparte e di spengere i fari, poi si accende nervosamente una sigaretta e guarda avanti, nel buio della rampa di uscita deserta. Non gli chiedo niente, per delicatezza. Una storia di questo tipo sa di donne e tradimenti, gli sguardi, la situazione, l’appostamento, le boccate di fumo, esattamente quel sapore. Poi è comparsa una macchia gialla, che dall’autostrada è uscita, dirigendosi indistintamente verso la barriera. Quando la scena si è avvicinata a me, ho distinto il furgone di Carlo che si dirigeva verso la mia casellante virtuale. Negli occhi dell’amico lo sguardo di chi vede uscire la moglie da un Motel equivoco. Il furgone rimane circa quindici minuti fermo al casello, poi la sbarra si apre e riparte sgommando dirigendosi verso est. Il braccio dell’amico blocca la mia mano che stava girando la chiave di accensione. Passano venti minuti e di nuovo compare sulla rampa di uscita, ancora quindici minuti fermo davanti alla macchina con la voce dolce, ripartenza in tangenziale verso est. Quasi due ore di questa storia, fino a quando la mia mano non incontra più resistenza nel girare la chiave di accensione e ce ne torniamo a casa.La cosa è finita li, probabilmente risolta da un massiccio bloccasterzo che il mio amico Carlo applica tutte le sere prima di andare a dormire. I suoi problemi con il suo amato mezzo di lavoro però continuano e non passa settimana che non ci sia bisogno di andare in officina. Problemi di accensione, di carburazione, difficile a dirsi, forse qualcuna delle famose “schede” o “centraline” che vengono nominate dai nostri meccanici di fiducia tutte le volte che c’è un problema. Il furgone non va bene, a volte procede a singhiozzo, o addirittura si ferma e per dieci minuti non vuol saperne di ripartire. Il lavoro ne risente e Carlo è triste.E’ il compleanno di Carlo. Gli ho comprato un navigatore satellitare. Non è un modello costoso e molto tecnologico, però è di quelli che permettono di scegliere la voce elettronica che da indicazioni. In negozio me li sono ascoltati tutti prima di scegliere, e alla fine ne ho preso uno con una bella e suadente voce femminile. Non gli serve per il lavoro (Carlo gira per la città da una vita e conosce perfettamente tutte le strade), però sono sicuro che lo aiuterà a risolvere una cosa molto importante. Chiaramente, nel biglietto, oltre agli auguri, l’invito a prendere qualche volta l’autostrada invece della tangenziale, nel caso dovesse andare da Prato Est a Prato Ovest. Perché io, quella notte passata insieme al mio amico, appostato al buio di uno svincolo autostradale, l’ho visto che alla guida del suo furgone non c’era nessuno.