massimopiero

il filo


Sono due ore che giro in auto per la città. Sul sedile vicino a me un foglietto, con un prefisso e un numero di telefono. In questi anni il mondo è cambiato molto di più di quello che ci siamo resi conto. In silenzio sono apparse cose ed abitudini che adesso diamo per scontate, situazioni negative che si sono insinuate grazie a distrazione e pigrizia nel nostro quotidiano. Altre invece, altrettanto in silenzio, sono scomparse. Come la cosa che sto cercando io: una cabina telefonica. L’unica speranza è il centrocittà.Avrò camminato per almeno un paio di chilometri. Il centro è piccolo, ma il parcheggio è un disastro. Comunque ne è valsa la pena, nella prima piazza che incontro ci sono due cabine. La prima premette di telefonare solo con la tessera. Le tessere per telefonare…..esistono ancora…? Per fortuna quella a fianco ha il buchetto per le monete. Chissà quanto ci vuole per telefonare. Inserisco un euro, telefono tenuto tra la testa e la spalla destra, mentre con una delle mani tengo il foglietto e con l’altra digito il numero sulla tastiera. Il prefisso, il numero. Con il primo suono che indica la linea libera inizia anche a sentirsi il ritmo cardiaco. Me lo sento battere, quasi all’unisono con il tuuuu tuuuuuuu. Niente da fare, non è in casa, riaggancio. Un paio di pugni ed ottengo anche la restituzione dell’euro.Domenica mattina, taglio dell’erba in giardino. La macchinetta è vecchiotta, ma ho affilato le lame proprio la settimana scorsa e il lavoro verrà bene. Certo, a parte il solito angolo, l’angolo lontano. Colpa del filo, della prolunga. Il mio tagliaerba è elettrico, per funzionare necessita di un cavo collegato alla corrente. Ho una prolunga piuttosto abbondante, ma quando arrivo all’angolo più lontano manca quel mezzo metro che mi permetterebbe di passare in modo ottimale anche su quell’ultimo ciuffo d’erba. Ci arrivo, ma non come sarebbe necessario per compiere al meglio l’operazione. E poi ho sempre paura di tirare troppo il filo. Se si staccasse improvvisamente la spina, il cuore elettrico della mia macchinetta rischierebbe di danneggiarsi. Ci vuole delicatezza. Ecco, delicatezza, è questo il motivo per cui non ho mai comprato una falcia erba a motore. Troppa potenza, troppa confusione, odore di benzina. Il lavoro non viene bene.La giornata lavorativa prosegue in auto, come spesso succede. Il foglietto con il numero di telefono mi fa ancora compagnia sul sedile al mio fianco. Scritto su un foglio notes a quadretti. Non di quelli bianchissimi e a quadretti grandi, ma un po’ più scuro e con i quadretti piccoli, come quelli dei quaderni a quadretti. Ma non posso tornare a casa. A casa mia non ho il telefono. Una piccola deviazione e sono a casa dei miei genitori.Anche la casa ha il suo buco nero, il suo triangolo delle bermuda, l’angolo maledetto. Quello della sala di ingresso, il soggiorno dove ho la tv. E’ una stanza di sei metri per cinque. Al lato destro del divano, un angolo troppo lontano da tutte le prese di corrente. Il cavo dell’aspirapolvere è lungo, ma la stanza anche, quindi non ci arriva se non allungando l’apparecchio e sdraiandolo quasi piatto per terra. E comunque, finito di passare l’aspirapolvere devo prendere la scopa e dare una passatina supplementare.Arrivo a casa dei miei genitori, qualche chiacchiera senza troppi convenevoli. Anche se me ne sono andato di casa da tredici anni, ne ho passati trenta in quella casa e anche adesso ci vado spesso e volentieri, quindi sono ancora a tutti gli effetti un quasi abitante in quel luogo. Dico a mia madre che devo fare una telefonata. Accidenti, i miei hanno messo un cordless nuovo. Non va bene. Lei mi informa che ne hanno comprati due. Il secondo l’hanno regalato a mio fratello, che vive al piano di sopra. E anche quella soluzione alternativa quindi sfuma prima ancora di venirmi in mente. Vado fuori in cortile e vedo la vicina di casa. Un colpo di fortuna. Gli chiedo se posso entrare casa sua a fare una telefonata. Mi risponde che non ci sono problemi, senza indagare sul motivo di questa mia richiesta. Sono un po’ cresciuto anche in quella casa, quindi non mi vengono fatte ulteriori domande. Perché quando una persona ti chiede una cosa vuol dire che ne ha bisogno, altrimenti non te le chiederebbe. Se non ti interessa particolarmente saperne il motivo, giusto per curiosità, il resto non conta. Non ti deve convincere o dimostrare con le parole della necessità di quanto ti chiede. Salto direttamente il muretto come facevo da bambino e sono già in casa sua dall’ingresso posteriore. So dove andare, all’ingresso principale, vicino all’attaccapanni c’è un mobiletto basso con sopra il telefono. E’ una meraviglia, grigio, con i numeri sul disco che gira. Il tempo di estrarre di tasca il mio foglio a quadretti che il mio dito lo sta già facendo girare. Appena arriva il primo suono dentro la cornetta iniziano di nuovo ad aumentare volume e frequenza del tamburo dentro di me. “pronto….? Si, ciao, sono io, volevo sapere come stai……ti avevo chiamato anche prima, ma non eri in casa……certo che avrei potuto chiamarti al cellulare, ma sarebbe stata un’altra cosa……così anche se siamo  lontani c’è il filo”. Mi risponde che anche lei ha un telefono di quelli grigi, come c’erano in tutte le case quando eravamo bambini. Poi noto il fatto che mentre con una mano tengo la cornetta, con l’altra reggo proprio quel il filo, e mi immagino che se in quel momento lo tocchiamo tutti e due è un po’ come stare per mano……”.Finita la telefonata torno in sala da pranzo, dove la vicina di casa sta armeggiando nella credenza. Ne estrae una bottiglia senza etichetta. E’ vinsanto, lo prende suo marito direttamente dal contadino, me ne versa in un bicchierino piccolo, fatto a calice e mi invita a sedermi. Ne bevo un primo piccolo sorso, passo la lingua sulla labbra e faccio schioccare il palato, mentre lei riprende a fare le faccende di casa. Annuisco con un moderato sorriso, da intenditore. “Buono…….” Un altro sorso, stessa modalità. “Senti, non avresti mica da prestarmi una prolunga per l‘aspirapolvere….?”.