massimopiero

Veleno amaro


Adoro curiosare per i mercati e i negozi di Bangkok. Sono partito per questa vacanza con una valigia rotta e quasi vuota con il premeditato intento di tornare con valigia e guardaroba nuovi. L’Asia è il vero paradiso del capitalismo e degli acquisti, e quando sei immerso in questa foga compulsiva vieni ingannato facilmente dal pensiero che quello che risparmi comprando qui le cose rispetto al farlo a casa pareggia facilmente il costo del viaggio. Ma, come dice Lucone, di inganno si tratta, perché se di quelle cose non ne hai bisogno, potresti non comprartele né qui né a casa tua, praticando così l’unico vero risparmio possibile. E comunque, visto che bisognava attendere almeno un giorno che si formasse il gruppo per iniziare il viaggio verso Nord, acquisti o meno, si trattava di un modo piacevole di passare il tempo e visitare la città. Arrivati a fine serata, oltre alla mia valigia nuova che rappresentava una necessità, eravamo tutti ben forniti di scarpe sportive. Ci eravamo orientati su quel tipo di acquisti perché comunque si trattava di una concessione modesta all’acquisto compulsivo, di un prodotto utile, e soprattutto, perché essendo da queste parti la produzione di tutte le marche più famose, si trovano a prezzi veramente bassi e si possono scegliere modelli che non sono ancora distribuiti in Europa. Io addirittura avevo trovato due paia di runners che vengono commercializzate solo in Asia e negli Stati Uniti, che mi permettevano essendo uno sportivo di avere in tasca un alibi supplementare. A fine serata, esausti per i chilometri percorsi nell’infame caldo umido di quella stupenda città, avevamo fatto almeno cinque o sei acquisti a testa per assai meno di cento euro. E ce li rimiravamo soddisfatti, mostrandoci a vicenda con orgoglio quelli che consideravamo gli affari miglioriMattino successivo sveglia presto, appuntamento in albergo del centro con l’organizzatore dell’escursione e congiungimento del gruppo. Due coppie di Americani, cinque Francesi di un gruppo di Avventure nel Mondo che venivano dal Borneo, tre romani, due ragazze di Milano, una parrucchiera di Empoli con il fidanzato, io, Lucone, Gigi e Pull. Tutti sul minibus e partenza.Nel tardo pomeriggio abbiamo percorso forse trecento chilometri verso nord e ci fermiamo per passare la notte in una piccola cittadina, in mezzo a queste grandi pianure allagate per la coltivazione del riso. Albergo in legno, tutti i componenti del personale vestiti con costumi tradizionali, rigorosamente scalzi. Lasciate le valigie in camera, usciamo subito per un giretto. Tutto molto simile all’albergo, anche molte delle persone che vanno in giro per le due o tre strade non asfaltate sono vestite in modo particolare di quelle zone e camminano senza scarpe. Il fatto che tutti lavorino nelle risaie li costringe a passare scalzi buona parte della giornata, e a quel punto, visto che il tempo rimanente non è molto e che le possibilità economiche sono quelle che sono……Le coppie di Americani dicono un qualcosa che suona come un apprezzamento all’originalità del luogo, poi la parrucchiera di Empoli caccia un urlo. Lungo le strade una moltitudine di banchetti vendono cose da mangiare. Uno di questi offre insetti fritti o caramellati, e tra questi spicca un bel vassoio pieno di scorpioni. Uno dei signori Americani si offre di assaggiarne uno, poi lo compra solo per farsi fare delle foto mentre fa finta di cacciarselo in bocca. I ragazzi francesi ci spiegano che quella di mangiarsi queste robe è una cosa tradizionale delle aree rurali e contadine, prima di tutto perché ce ne sono in quantità nei pressi delle risaie, nel caso specifico poi degli scorpioni anche per manifestare una sorta di superiorità nei confronti di un animale considerato dalla tradizione forte e potente, e allo stesso tempo esorcizzare la paura di esserne punti, visto che da queste parti, tra serpenti ragni e scorpioni, ci muore un sacco di gente. A me già gli insetti e i serpenti non mi fanno simpatia in generale….e comunque, negli sguardi di tutti ha iniziato a manifestarsi una certa preoccupazione.“Non vi preoccupate, per i turisti non c’è pericolo” ha detto a questo punto la guida, notando gli sguardi che si incrociavano preoccupati. E prima che gli domandassi se queste bestiole prima di pungerti chiedessero gentilmente il passaporto per capire se eri un abitante o no del luogo, ha risolto l’arcano “Noi abbiamo le scarpe……!”. Il ritorno verso l’albergo l’ho fatto a testa bassa, senza trovare il coraggio di incrociare lo sguardo dei miei compagni, che immagino avessero la mia stessa andatura e forse i miei stessi pensieri.Ho fatto la mia distribuzione durante la notte, come un ladro al contrario, approfittando del fatto che tutti erano andati a letto presto per la stanchezza del viaggio, un po’ a casaccio per le strade del paese, osservando i piedi della gente e cercando di indovinare quelli che potevano averli simili ai miei. L’ho notato subito. L’avevo aiutato a caricare la valigia sul pullman anche al momento della partenza da Bangkok. Lucone mi guarda, ha capito che mi sono accorto del minor peso del suo bagaglio. Non dice niente, ma allarga le braccia con uno sguardo come per dire che non avrebbe potuto fare altrimenti. Un giro di occhiate con gli altri è sufficiente per capire che la distribuzione è stata collettiva. “Anche le due paia di runner” aggiungo io ad alta voce annuendo con la testa. Siamo seduti tutti e quattro sui quattro sedili in coda al mezzo. Mentre partiamo mi giro verso il polverone che lasciamo alle nostre spalle. Da lontano, dietro quella nuvola, mi sembra di intravedere dei bambini che giocano a pallone in un campetto.