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NOTE: "ARTE-OPERACITTA'" di Vittorio Del Piano


(1). Cfr. La Gazzetta Del Mezzogiorno – 15. 09. 2005 – (…). E’ più difficile è che ricordasse un concorso nazionale per un teatro all'aperto, che si tenne a Pescara nel 1958 e di cui riferì Pasquale Carbonara su «L'architettura. Cronache e storia», la rivista di Bruno Zevi. Eppure nel progetto vincitore (degli architetti Mariano Pallottini, Antonio Castaldi Madonna e Filippo Mariucci) c'è l'anticipazione di un aspetto fondamentale della composizione dell'organismo architettonico di Piano: la divisione degli spalti in due corpi distinti. Una prima gradinata che poggia sulle pareti del cratere artificiale e, al di sopra di essa, separata dalla terra, galleggia nel vuoto la teoria dei 22 petali di differente misura (come previsto in un altro progetto del concorso pescarese). È proprio l'idea di staccare l'edificio dal suolo, sospenderlo sulla linea dell'orizzonte quasi in un armistizio con le leggi della gravità, ciò che induce il critico francese Jean François Pousse a definire lo stadio barese  «Il grande soffio» (…).(2).Ibidem. (…), Si è detto che lo stadio barese è stato «copiato» da quello tunisino di El Menzah, costruito nel 1967. Ma la somiglianza non va oltre la suddivisione degli spalti in settori. Una soluzione analoga era già stata adottata da Gino Valle nel 1971 per il progetto (non realizzato) dello stadio di Udine, strutturato «come sommatoria e giustapposizione - scrive Pierre-Alain Croset - in una monografia di Electa - di singole unità di 800 spettatori (?) un modulo che consenta una grande flessibilità di realizzazione».(…).(3). Cfr. Alessandro Mendini, “Museo all’aperto”, 2007 – Atelier Mendini. «La città può essere letta, vissuta e interpretata come un “museo all'aperto”. La scena urbana ha un obiettivo preciso, consiste nel progetto del bello e delle forme degli spazi pubblici. A questa utopia del bello nella città ci riferiamo con l'idea di andare oltre all'idea tardo funzionalista dell'arredo urbano. Le piazze, le strade i mercati, le passeggiate e i loro allestimenti vanno considerate come opere estetiche, come spezzoni di teatro esterno dotato di senso emotivo e antropologico, adatti a coinvolgersi profondamente con gli abitanti, ad essere dei palcoscenici per i cittadini. L'architetto, il designer, l'artista, lo scenografo, il grafico, il progettista delle luci, sono gli operatori di queste opere integrate, siano esse grandi o piccole. Per trovare la sua motivazione profonda, la radice del suo essere, il  disegno urbano deve attingere e collegarsi a culture precedenti a quelle industriali. In sostanza, l'arredo della città deve porsi come scenografia. Si tratta del preciso genere di un'architettura non destinata a contenere, fatta di quinte, di pavimenti, di chioschi, di singoli oggetti, tutto inteso come opera d'arte: come MUSEO ALL'APERTO. I giardini barocchi, le fontane di Roma, le piazze medievali, gli spazi zen sono i referenti lontani di questo atteggiamento progettuale. E poi la presenza di opere d'arte nella città, un  sistema di punti nodali ad alta intensità emotiva, adatti a fare da referenti emblematci per il cittadino che si deve spostare: un patch-work estetico e visivo, ed ancora ripeto: un “museo all'aperto”».(4). Cfr. Vittorio Del Piano, “Per la fondazione di Mediterrananea “ – «ASILO-ESILIO», (Manifesto dell’Arte Pura ), 1986. La Città dell’Arte-Pura, documenti. «“Nel bacino del“Mediterraneo” è sorta “la civiltà”(…) Il Mar Jonio“accarezza” le prime città “con un nuovo modello urbano” introdotto da Hippodamos di Mileto: colui che inventò le tracce geometriche delle città…, l’uomo che introdusse l’angolo nell’architettura, egli cambia la funzione di questo angolo. Con Hippodamos l’angolo cambia regole, desacralizzato, egli organizza la città in sistema e stabilisce la residenza umana su di una terra nuova, quella dei matematici, egli non fu solo architetto di genio, fu uno spirito puro, multiforme, un sociologo, un teorico politico, etico e metaforico, un tantino utopista, il primo artista puro. Egli non sottomette alla legge geometrica un tempio o un monumento, ma il disegno stesso o della città, le sue strade, le sue piazze, le sue abitazioni e, i suoi cittadini. E’ colui che impose l’ordine della razionalità alla dimora degli uomini. Ma, oggi sono arrivato a credere anche, che l’uomo non debba essere sempre razionale».© 2008 – by Vittorio Del Piano, Atelier MediterraneArtePura – Grottaglie-Taranto-Nizza.