Ombre di Luce

bonaccia


( Nessun marinaio lascerebbe una sola vela sottocoperta quando c’è bonaccia. E ogni marinaio sa che dopo non può fare altro che attendere. E lasciare la nave al gioco, solo in parte noto, delle correnti. Così quando la malinconia mi lascia senza vento, sciolgo tutto e assecondo la corrente di quell’insondabile mare che ci accoglie su di se. Lascio che la mia navicella vada per strade e vicoli e disperdo me stesso sulle vetrine, sui visi dei pedoni che mi vengono incontro, sulle parole e sui rumori, sugli odori. E in questa incredibile sovrabbondanza, avviene che qualcosa scuote, lievemente, l’attesa: ed è allora che (mi) chiedo «perché quell’uomo, quella donna, quel mendicante, quel tono di voce, quel palazzo, quella macchina? Perché quello?» In quelle domande e nelle risposte immaginative, che raccolgo pezzo dopo pezzo, (ri)trovo un frammento esterno che riflette quello interiore, necessario per costruire l’attesa ed il senso stesso del viaggio. Per ricostruire me. Non mi riprendo tutto. Ma è meglio così: si aprono altre possibilità per (ri)trovare quello che è andato perduto, o non ancora compreso, durante la prossima bonaccia. Per continuare a viaggiare. Chissà se ho capito. Chissà se avete capito. Chissà se ci siamo capiti.)