Ombre di Luce

religio


 La questione della religiosità, del credere o meno in (un) Dio è questione seria. Fin da ragazzino l’amore per le discipline astronomiche, inevitabile propensione di un adolescente sognatore e svagato (con la testa tra le stelle, appunto), mi induceva a supporre, molto ingenuamente, l’impossibilità che «nell’oltre» (e quanto sia carico di significati questo «oltre», l’ho scoperto in tarda età), ci fosse il nulla: un Dio doveva aver creato quelle galassie che non osservavo ma «vedevo», bellissime e perfette, nella mia fervida immaginazione. Non solo che tutto quell’immenso non era comprensibile senza un Dio, ma che Lui dovesse anche sostenerlo, prendervi parte pienamente. Da lì una concezione panteistica del mondo, che m’inquina ancora oggi: c’è Dio in ogni cosa del mondo e dell’universo — e forse anche «degli universi». Ma soprattutto c’è un “Dio interiore”. Perché scrivo questo? Per registrare il mio primo sogno «religioso»: poche ma chiare sequenze oniriche in cui chiedo ad un uomo quale è la strada per Compostela.  Così non posso che domandarmi: il messaggio onirico invita, attraverso l’allegoria, alla necessità di intraprendere un pellegrinaggio, una via verso una «redenzione religiosa»? Oppure è l’inizio di una diversa visione del mio essere-nel-mondo? O, più semplicemente, è un invito ad avere più cura, a porre più riguardo a sé? Deo concedente, rimango in silenzio ed in attesa del prossima «visione».