Ombre di Luce

uno scoglio


Carissima,per ora, non chiuderò questa porta. L’averlo prospettato è stato realizzare un promemoria: non far sopravanzare le aspettative altrui alle proprie riflessioni, non far dominare l’umano desiderio di essere riconosciuti al riconoscere ciò che è in me. Parole lievi per chi legge — perché nessuno potrà afferrare veramente il loro senso ultimo — immagino calde per me, per la vampa che vorrei potesse sorgere dai piccoli ramoscelli verbali con cui le alimento: parole che si prendono cura di me — ho sempre affermato.Così è vero — come scrive un’altra amica — che c’è una vena su se stessa riflessiva, solista in questo mio dire. Ma, e non per stramberia, in questo frastuono dominante, la parola lieve (che so raggiunge il “circolo ermetico” di cui anche tu fai parte) è uno scoglio su cui abbandonarsi piacevolmente, adagiare l’anima spiegazzata, inquieta e dubbiosa, per ristorarla (un dirsi fra se che in fondo non siamo soli a vedere quelle strane mescolanze di colori nel cielo interiore), e poi tornare nel mare collettivo che pure merita d’essere solcato. Di sirene non ne abbiamo bisogno: di cantori del cuore sì.Ecco perché non chiuderò questa porta. L’agorà della psiche ha tante forme: questa è una delle possibili. Recintata, nascosta, isolata, poca importa. Importa che le nostre voci interiori si parlino. Tuo spiegazzatoAM