Ombre di Luce

(57) cornici


(Potrei comporre quadri parolai usando gli eventi che accadono quotidianamente fuori di me: paesaggi o nature morte, ritratti o scene collettive, ne risulterebbero, inevitabile, delle stampe in serie; cosa non triste in sé quanto lo è invece esporle mentendo (a se stessi) sulla loro unicità, ancorché mentirsi è cosa umana e mi è nota sufficientemente.È che m’interessa la cornice: osservo il limite del quadro, l’assurda scatola bidimensionale, l’entità, più o meno spessa, che separa la (mia) stampa in serie dal vuoto o da altre stampe in serie o da quadri d’autore. La cornice è il sentiero di confine, come è di confine ogni trascrizione (che è prima ordinamento e poi traduzione) di ciò che accade dentro in me — come è qui ed ora.Che queste cornici siano sbalzate su pensieri metafisici, o abbozzate da sentimenti, o schizzate da emozioni che trascorrono, scorrono e discorrono dentro di me, ciò non cambia il fatto che ritaglio ed intaglio, non in serie, cornici. Che siano belle, brutte, o che abbiamo qualità particolari, non m’interessa: l’essenza è che m’affatico in cornici.)