Ombre di Luce

scrivo e non esisto


(Ogni cosa che scrivo non mi appartiene. E questo per un doppio «senso»: perché consegnata a chi legge, e perché colui che scrivere è, sia prima che dopo, altro da sé.Che chi legge - voi - compone la sua propria irriducibile traduzione è cosa ovvia: come della maggior parte dei nostri atti si occupano le abitudini, così della maggior parte dei nostri giudizi si prendono cura i pregiudizi. I vostri pre-giudizi curano la (mia) traduzione poiché nessuno può estraniarsi e immedesimarsi nell'autore; e che badi bene a non farlo: quanto più omogenea è l'amalgama che si compone tra la parola letta e la totalità del lettore tanto migliore sarà la tra-dizione di quelle parole. «Tradite»!Che ciò che ho scritto poi non mi appartiene è evidente a me: non per l'infinitesimale disfacimento operato ogni giorno dall'uso dello scalpello della scrittura, ma per la raccolta di tutte le schegge che schizzano dalla mia pietra, dal vedere la forma dell'opera che diviene - divento? - e dal modo con cui lo scalpello si pone, sempre diversamente, su di essa e picchia, gratta, scivola, stride.Così, tradito, chi scrive, qui e ora, non esiste più.)