Bici Metropolitana

Un pensiero su Pantani


Mi vergogno, si mi vergogno di quello che ho pensato anni fa, quando Marco Pantani fu scoperto positivo all'antidoping. Sono stato uno tra quelli che hanno pensato: vergogna, che schifo il ciclismo e che schifo quel Pantani! Me ne dispiace adesso, troppo tardi per recuperare, e sento la coscienza sporca per questo. A distanza di anni, e con una maturità diversa, ho riflettuto su quei miei pensieri e sto cercando di alleggerire la mia vergogna attraverso delle parziali scusanti.La prima scusante è, che quando Pantani fu additato come lo "sporco del ciclismo", il macchiatore del "candido" sport professionistico, ero sicuramente molto giovane per avere una opinione diversa da quella strumentale dei massmedia, sempre pronti ad erigere ad eroi, oppure a distruggere qualsiasi persona al solo fine di fare notizia.    Seconda scusante è depositata in quel periodo storico dello sport, in cui si voleva difendere il "finto" lato pulito del ciclismo, e nello lo stesso ambiente ciclistico che aveva creato "il Pirata",e che era stato prontissimo a voltargli le spalle per salvare la faccia di una grande organizzazione criminalsportiva.Terza scusante è da ricercare nello sconforto che ho provato, come molti del resto, nello scoprire che un campione, il mio campione, l'eroe, non era forse invincibile, nè depositario di una sola forza interiore, contro tutti e per tutti.Quello che ho scoperto dopo, è che tutte queste scusanti servono solo alla mia coscienza e non bastano per riportare in vita un campione, anzi la vita preziosa di un uomo, un grande uomo vincente, che è ricorso al doping perchè partecipava ad uno sport in cui il doping è la regola del giorno, come si è andato evidenziando anno dopo anno. Marco Pantani non ha colpe nella mia memoria adesso e non ne ha avute mai. I ne ho di colpe e ne avrò anche dopo aver scritto questo articolo, perchè mi sono permesso di giudicare senza sapere. Marco, perdonami.