Metropoli

Le mie (autoimposte) prigioni


Esco quasi incolume. Quasi uscito, insomma. Manca solo l'ultimo ostacolo, il piu' impervio. Di queste giornate resterà il ricordo del tempo a disposizione e della quasi totale solitudine (eccezzion fatta per gli inderogabili impegni familiari). Da giorni non ho contatti diretti con esseri viventi, e mi stupisce quasi, uscendo di casa, vedere altri bipedi indaffarati correre di qua e di là. Mi chiedo se si fanno le stesse domande che mi faccio io. L'altro giorno il silenzio surreale fu interrotto da uno sgradevole gracchiare. Il citofono. Incuriosito da quel quasi mai udito rumore mi avvicinai all'apparecchio. Mi colse il terrore che potesse essere la postina, funerea portatrice di nere missive. Mi feci coraggio e risposi, vagamente consapevole del fatto che stavo per interagire con un essere umano. Era un ragazzo, si presentò con tanto di nome. Mi disse - In questi giorni in cui festeggiate la VOSTRA festa del Natale, gradirei esporle qualche riflessione sulla figura del Cristo e sul suo messaggio- Sempre meglio che guardare "Amici", mi dissi, ma ugualmente resistetti, declinando cordialmente. Le riflessioni mi riescono meglio tra me e me. Il quartiere arabo della mia città; vi trovo rifugio in questo freddo pomeriggio d'inverno. E sbircio il mio blog, e le mail. Uscito di qui andrò nel regno del consumismo, la lunga esse sfavillante, e comprerò dell'altro alcol, e forse persino del cibo. Non di sola lettura si può vivere, dopotutto. Ho superato la cinquecentesima pagina dei Demoni, ed ora è tutto un susseguirsi di eventi, tumulti, morti ammazzati, incendi, passioni, tradimenti; ho l'impressone che il vecchio Fedor abbia inteso prendermi in giro per le prime trecento pagine. Come se solo chi fosse riuscito a digerire quelle potesse avere in premio tutte le emozioni finora risparmategli. Ribadisco l'invito: teniamo duro. Prima o poi finirà.