Metropoli

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... oldboy. Un terrore che non mi abbandonera' mai.Le mani sudano, le guance avvampano ("avvampare" e' un bel termine). Mi perseguita l'idea che possa esserci qualcosa di grave. In me. E piu' passa il tempo, piu' l'ipotesi muta in certezza. Dentro di me sono gia' in fin di vita, sfigurato per sempre, senza piu' uno straccio di donna disposta a concedermisi, nemmeno a pagamento. Oltre la porta, la porta della stanza degli orrori, sento distintamente il chiacchiericcio femminile, quel futile discorrere di cose futili, saltuariamente arricchito (ma mai interrotto) da una voce maschile, calma, piatta, anonima. La voce che potrebbe avere la Morte, se parlasse. La mia ansia m'impedisce persino di star seduto. Sto valutando l'ultima occasione di fuga: tre passi, una maniglia, quattro scalini, un cancelletto. Ma so che il senso di liberazione sarebbe immediatamente sostituito dalla vergogna, dal senso di colpa, dalla paura elevata all'ennesima potenza, dall'impossibilita' di ammettere il fallimento. E' in situazioni come quelle, mi dico, che taluni maturano l'idea del suicidio come unica via d'uscita. Controllo maniacalmente tutti gli oggetti che ho nelle varie tasche, e' una tecnica che mi aiuta a distogliere la mente dall'evento imminente (certo, ha delle controindicazioni, gli psicologi li chiamerebbero disturbi ossessivo compulsivi, ma talvolta si e' costretti a scegliere il male minore). Sto sudando ora. Non sono piu' solo le mani. Ogni mio poro sta urlando. Due passi a destra, la porta degli orrori scompare momentaneamente alla mia vista. Guardo la parete. Non avrei dovuto farlo. Un piccolo quadro infarcito di sadismo. Vi si ritrae la caricatura di un uomo orribilmente spaventato; il suo aguzzino sta per avventarsi su di lui. E ride, il maledetto. Mi accorgo che di immagini simili ve ne sono almeno altre quattro, tutt'intorno. Una parte di me non puo' che congratularsi idealmente con colui che avuto l'idea di appenderle: genialmente sadico. Il chiacchiericcio aumenta di volume, una improvvisa paura, mai provata prima, m'avviluppa. Percepisco le prime formule di commiato, le donne che iniziano, tra una chiacchiera e l'altra, a salutarsi. Ancora qualche pettegolezzo, due o tre dritte sui saldi, poi l'inevitabile "Arrivederci", piu' volte ripetuto, con la voce della Morte che si unisce ai saluti, un po' piu' vispa ora, quasi pregustasse il piacere della prossima vittima. Il sinistro suono della maniglia. Figure indistinte lasciano la scena. Le noto appena. Il mio cuore batte all'impazzata, ogni muscolo, ogni nervo, ogni cellula all'erta. Sento i battiti del mio cuore nelle orecchie, e non serve a niente ripetermi che sono adulto. Una voce femminile m'invita ad entrare. Con immane sforzo le mie gambe si muovono. Varco la soglia. Dello studio dentistico.