MillePiedi

Capitolo uno. Un topo.


Afferrando saldamente l'elegante valigetta in pelle Felipe Pizarro y Azevedo si incamminò con passo spedito verso Piazza dei Cinquecento.Un tiepido sole scaldava le vetrine dei negozi.Sorridendo sicuro di sè, Felipe si lasciò ingoiare dalla scala mobile della metropolitana.Scritto da polystyreneNessuno lo vide più. Per giorni, settimane, mesi. Furono sguinzagliati polizia, carabinieri, cani, Chi l’ha visto, ma di Felipe non v’era traccia, come fosse evaporato in un sogno.L’ultima ad averlo visto era una donna incrociata all’entrata della toilette del metrò cui Felipe aveva rivolto un ammiccamento piacione: le aveva strizzato l’occhio mentre l’altro occhio, quello aperto, precipitava nella di lei scollatura.I muri, i lampioni, le pensiline degli autobus e persino i cestini dei rifiuti erano tappezzati delle foto di Felipe, nelle quali sorrideva come un bambino vincitore di un improbabile trofeo.“Che cazzo se ride, ‘sto stronzo d’uno spagnolo?” Armando Ricci, detto er Tramontana, ogni volta che si imbatteva in una di quelle foto aveva un travaso di bile: “Io l’ho sempre detto che chi sorride troppo, presto o tardi te lo mette nel culo. Ah, ma se lo becco, quell’infame che è scappato con la valigetta! Glielo faccio passare io, quel sorriso ‘mbecille!” Ma er Tramontana si era guardato bene dal raccontare alla polizia che quel giorno Felipe aveva appuntamento con lui.Quel giorno maledetto accadde che Felipe, dopo aver incrociato l’avvenente signora all’entrata della toilette, si imbattè in due tipastri gobbi e dalla pelle grigiastra. Uno di loro tirò fuori un coltello dalla tasca sbrindellata e intimò a Felipe di farsi consegnare la valigetta. Aperta la valigetta, i loro occhi da ratti si illuminarono di un rosso vivo. Tra la varietà degli stupefacenti in essa contenuti, i due scelsero tre francobolli di LSD, costrinsero Felipe a suon di pugni e calci a ingoiarli e infine lo lasciarono lì, disteso sul pavimento del cesso con gli occhi sbarrati.Nella notte percorse a quattro zampe i binari, imboccò una biforcazione fino agli scavi dei cantieri per la metro C, abbandonati da tempo; si installò in una confortevole insula di epoca romana ancora semisepolta; scavò fino a svelare il pavimento, un pregevole mosaico raffigurante seppie e totani.Da allora Felipe è convinto di essere un topo. Striscia nel buio delle gallerie e si nutre dei rifiuti gettati dai turisti tedeschi sui binari.Riusciranno a ritrovarlo? Lo faranno forse i suoi pronipoti, presumibilmente intorno al 2050, quando saranno terminati i lavori per la metro C?Prossimo blogger: claudiane