Mi sento triste e mi viene da piangere. |
“Allora Alessandro, che nome vorresti dare alla tua sorellina?” |
Mi sveglio, come ogni mattina, molto prima del sorgere del sole.Gli occhi gonfi e lacrimanti, il solito mal di testa, per non parlare della schiena. Ah! La vecchiaia!I mici, dietro la porta chiusa della camera, reclamano la loro colazione.Con i capelli dritti e gli occhi appannati esco dalla camera, i miei “bambini” mi dimostrano gioia appena mi vedono. Ma non è per me che sono così affettuosi, ma per la pappa che presto gli servirò. Mi accompagnano verso le scale strusciandosi alle gambe e a volte tagliandomi la strada. Un giorno di questi riusciranno nel loro tentativo di uccidermi facendomi ruzzolare dalle scale… Ah! No! Li attende la pappa, e forse, solo per questo mi stanno risparmiando il colpo finale.Eccomi! Sono in cucina e naturalmente prima di tutto bisogna riempire le ciotole, così poi sarò libera di dedicarmi a me.Gli occhi continuano a lacrimare, il naso è chiuso ed evito accuratamente di guardarmi allo specchio. Perché come ogni mattina sono felice e non voglio guastarmi l’umore. Amo quell’ora prima di andare a lavorare, prima che il sole sorga, con il silenzio nelle strade e in casa, ora che i mici soddisfatti hanno i loro musini affondati nelle ciotole.Quest’ora è solo per me.Mi lavo e mi vesto, nel frattempo le mie birbe hanno finito di far colazione ed è il momento per farli uscire in giardino. Escono tutti e tre come razzi.L’aria è decisamente “frizzante”! Brrr!Ed ora mentre loro scorrazzano in giardino, metto panni in lavatrice e faccio partire il programma.Solo lo swish della lavatrice e in lontananza il rumore del mare e stamattina del ventoAll’improvviso un lampo nel cielo e un tuono.Precipitosi come sono usciti, i miei tre coraggiosi tre moschettieri, rientrano, hanno deciso che in casa si sta meglio. Mi risparmiano di richiamarli prima di uscire per andare al lavoro.Quando sono via preferisco che stiano in casa, e c’è un modo perfetto per farli accorrere: il suono dei premietti, o meglio dello scrocchiare della busta che li contiene. Oggi non c’è stato bisogno, ma i premietti li servo comunque.Loro si mettono comodi e io mi aggiro lentamente per casa, il mal di testa e alla schiena si attenuano, gli occhi continuano a lacrimare e nonostante il disastro che ho visto poco prima allo specchio ( purtroppo ho dovuto farlo), sono felice.C’è pace nella mattina ancora buia e sono felice. Anche quando a volte mi sento triste.Mi siedo al tavolo per il mio corso si spagnolo. Un quarto d’ora a ripetere o completare frasi. L’unico viaggio che ho fatto è stato 2 anni fa, verso la meta dei miei sogni da ragazzina: Spagna.Vorrei tornarci un giorno e magari con il mio compagno.Intanto studio spagnolo e mi diverto.Si avvicina il momento di andare al lavoro.Preparo la mia solita colazione, caffè, latte e biscotti.Ho messo su tanti kg in questo ultimo anno. Guardo la scatola dei biscotti… devo fare qualcosa.Da ora in poi la mattina inzupperò solo cinque biscotti. |
Tu lottavi contro i pitoni e nell’arena con i leoni. Ti arrampicavi sugli alberi come Tarzan. E’ così che i miei figli ed io ti abbiamo sempre descritto. Si, un po’ ti prendevamo in giro, con affetto, per i tuoi racconti coloriti, dai toni forti e che sapevano un po’ delle storie di Indiana Johns. Esagerato forse, ma forte lo sei sempre stato per davvero, nella tenacia, nelle scelte di vita, per amore della tua compagna, e di quel figlio preso da ragazzino, per amore della terra . La mia primogenita era piccolissima, quando sei entrato a far parte della famiglia, faticava a pronunciare il tuo nome. “Zio Pisso” ti chiamava e tu le sorridevi sempre. Sei stato il padrino del mio secondogenito ed eri a fianco alla madrina, la tua compagna per la vita, per il battesimo del terzogenito. Se anche non lo sei di sangue, di fatto sei lo zio dei miei figli. Non mi sono dimenticata di tutte le volte che sei venuto in nostro soccorso, le volte che ci hai aiutato nei traslochi, conoscevi ormai bene ogni vite e chiodo dei mobili che ci portavamo dietro. La prima potatura ai pini del giardino di casa ce l’hai fatta tu. Se volto lo sguardo in su verso le loro chiome, ancora è viva in me l’immagine di te arrampicato tra i loro rami. Poi la separazione e per tanti motivi non ci siamo più visti fino a quel periodo triste che si è concluso con la scomparsa di quel cognato, il padre dei miei figli, che a volte ti faceva arrabbiare, ma al quale eri affezionato come a un fratello. Ti ho conosciuto che avevi i capelli e baffi neri. Ti ho ritrovato imbiancato, ma sempre forte e sanguigno e allo stesso tempo tenero coi ragazzi. Due notti fa te ne sei andato e….. Cavolo! Non è giusto! Una fetta di paradiso ti spetta, devono dartela per forza. Devono lasciarti coltivare il tuo orto, e lavorarlo con il tuo trattorino ” ruznon” (Rugginone per tutta la ruggine che aveva quando lo hai acquistato). Si, una fetta di paradiso deve essere per forza tua per tutte le volte che ti sei speso per gli altri senza mai chiedere nulla in cambio. Io non ho dimenticato…. ![]() |
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