il mio tempo

Come quando fuori piove.


Una giornata che comincia con la pioggia non promette mai niente di buono, almeno tanto quanto un’altra che finisce allo stesso modo. Ci sono delle situazioni che ti entrano dentro lentamente come l’ago di una siringa, sottili, a volte appena percettibili ma estremamente profonde e capaci di inocularti un senso di vuoto e di disperazione che senti così grande abbastanza da capire che non ti appartiene ma che ti ricopre e t’impregna come l’ombra lunga della sera. Sin da quando ero piccolo la pioggia ha accompagnato tristemente tutte quelle situazioni di profondo disagio e imbarazzo che ancor nitide si stagliano nella mia memoria. Conservo odori, suoni, volti, sensazioni che come comune denominatore hanno la pioggia ed il grigiore umido che fa sentire insopportabile ogni cosa che si ha addosso; anche la vita stessa. Prodigio mirabile, soprattutto ai nostri tempi dove in verità l’acqua comincia a scarseggiare, eppure questo piccolo ma grande spettacolo della natura non mi riempie affatto il cuore di stupore o meraviglia, non riesco affatto ad immaginare quale artificio naturale possa innescare tale spettacolo come invece mi capita spesso di fare davanti al tuono e al fulmine o come davanti alla volta celeste in quelle sere limpide e senza luna proprie della primavera. Pensare alla pioggia che cade in picchiata su ogni cosa mi ispira il senso profondo dell’ineluttabilità delle cose, non ci si ripara mai dalla pioggia perché anche se la stilla non ti raggiunge il suo vapor acqueo ti impregna fin dentro le ossa. Insomma la pioggia, penso che oramai sia chiaro, non mi è mai piaciuta.