Creato da MisurAmore il 28/08/2010

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Oltre le gambe... c'è di più!

Post n°6 pubblicato il 06 Aprile 2011 da MisurAmore
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Questa ragazza così bella, diventata ufficialmente, da pochi giorni, testimonial per una nota casa di cosmetici, può a buon diritto dire "IO VALGO".

Nella campagna pubblicitaria (che utilizza tradizionalmente da anni lo slogan "...Perchè io valgo!") ne vediamo solo il volto... ma qualche notizia sul personaggio farà comprendere come, per una volta, la scelta vada oltre l'apparenza: insieme a carisma e personalità il "valore aggiunto" ... viene da dentro e si chiama AUTOSTIMA.
Ed ecco perchè:

Aimée Mullins è nata affetta emimelia peroneale (mancanza dell'osso perone) e pertanto ha subito l'amputazione di entrambe le gambe sotto il ginocchio quando aveva un anno. Si è diplomata alla Parkland High School di Allentown e laureata alla Georgetown University di Washington. Qui, nonostante l'handicap, ha gareggiato contro gli atleti normodotati della NCAA nelle gare di atletica leggera. Nello stesso periodo ha fatto un tirocinio in affari esteri presso il Pentagono. Nel 1996, ai Giochi Paralimpici di Atlanta, ha stabilito il record paralimpico nei 100 metri piani e nel salto in lungo. I suoi record personali sono i seguenti: 15,77 secondi per i 100 metri piani. 34,60 secondi per i 200 metri piani. 3,5 metri per il salto in lungo. (Fonte WP)

Ma nel 1998 è tornata agli onori della cronaca sulle passerelle londinesi, chiamata da Alexander McQueen ed immortalata da centinaia di fotografi. All'epoca le furono progettate protesi da "passerella" in abbinamento con gli abiti da indossare, riportandoci alla realtà dello sviluppo tecnologico avuto negli  anni anche per  le "protesi" ... indispensabili per vivere e non riduttivi siliconi "aggiuntivi" e riempitivi estetici.

Ora Aimmée si rimette in pista anzi... psicologicamente c'è sempre stata ed è di nuovo sotto i riflettori per... riflettere l'immagine del "PERCHE' IO VALGO".
E non è solo per la menzione di qualche anno fa fatta dalla rivista "PEOPLE" tra le 50 donne più belle del mondo... no.
Il VALORE sta nella volontà, nella forza di carattere, nella convinzione, messa in pratica, che nonostante una forte menomazione conta il cervello ed il carattere.
 

 Un plauso ai genitori che l'hanno sostenuta e spronata allontanando la senzazione di farla sentire "confinata", "diversa" ma... non dev'essere stato un cammino facile! Per la società è disabile, ma ha sdrammatizzato questa "etichetta" dimostrando di essere "diversamente abile" in modo eccellente in altre discipline oltre che iniezione di fiducia ed esempio per tutti. Non scordiamoci di altri personaggi da Oscar Pistorius ad Alex Zanardi (quest'ultimo  suggerisce personalmente variazioni tecniche, ingenieristiche alle sue protesi) ma ci  sono tantissimi sconosciuti  proteizzati che meriterbbero riconoscimento di valore "aggiunto".
Le gambe di legno, per fortuna, sono ormai un ricordo, ora in fibra di carbonio ispirate alle zampe posteriori del ghepardo, futuristiche, funzionali.

 Ma le protesi non sostituiranno gli arti, il percorso di simbiosi è lungo e faticoso e  l'efficenza raggiungibile è direttamente proporzionale alla voglia di vivere che c'è in ognuno di noi, di rimettersi in gioco, sempre!  Perchè :

  " TUTTI  VALGONO"... loro un po' di più... persone VERAMENTE...  IN  GAMBA !

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IL PERFEZIONISMO NEI DISTURBI DELL’ALIMENTAZIONE

Post n°5 pubblicato il 07 Settembre 2010 da MisurAmore
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Definizione di perfezionismo
Con il termine “perfezionismo” si fa in genere riferimento all’abitudine a domandare a sé stessi o agli altri una performance di qualità maggiore, rispetto a quella richiesta dalla situazione. Ciò è accompagnato dalla tendenza ad una valutazione critica del proprio comportamento (Bastiano et al., 1994; Frost et al., 1990). Le caratteristiche perfezionistiche secondo Hewitt e Flett (1991) sono elencate nella tabella 1.

Tabella 1. Caratteristiche perfezionistiche
1) Atandards irrealistici e sforzi per raggiungere questi standards
2) Attenzione selettiva agli errori
3) Interpretazione degli errori come indicatori di fallimento e credenza che, a causa di essi, verrà persa la stima degli altri
4) Autovalutazioni severe e tendenza ad incorrere in un pensiero tutto o nulla, dove i risultati possono essere solo un totale successo o un totale fallimento
5) Dubbio sulla capacità di portare a conclusione un compito in modo corretto
6) Tendenza a credere che gli altri significativi abbiano aspettative elevate
7) Timore delle critiche.
Hewitt, P. L. e Flett, G. L. (1991). Perfectionism in the self and social context: conceptualization, assessment, and association with psychopathology, Journal of Personality and Social Psychology, 60, 456-470.

Strumenti di valutazione del perfezionismo
Le ultime ricerche condotte sul costrutto del perfezionismo, data la sua complessità, propendono verso una visione multidimensionale. Gli studiosi che più di recente si sono occupati del perfezionismo sono Frost da una parte e Hewitt e Flett dall’altra. Questi ricercatori hanno costruito due strumenti per indagarlo: 1) la Multidimensional Perfectionism Scale (MPS; Frost et al.; 1990) e l’omonima Multidimensional Perfectionism Scale (MPS; Hewitt et al., 1991).
L’inventario di Frost e collaboratori è costituito dalle sei scale seguenti:
1) Excessive Concern Over Mistakes; misura le reazioni negative agli errori, lo sbaglio è considerato un insuccesso, in seguito al fallimento gli altri perderanno la stima nei confronti del soggetto.
2) Personal Standard; misura la presenza di standard elevati e la loro influenza sull’autovalutazione.
3) Parental Expectations; misura la tendenza a credere che gli altri significativi abbiano elevate aspettative nei confronti del soggetto.
4) Parental Criticism; misura la percezione che gli altri siano o siano stati eccessivamente critici nei confronti della persona.
5) Doubts About Action; misura la presenza del dubbio sulla propria capacità di portare a termine il compito in modo perfetto.
6) Organization; misura l’importanza attribuita all’ordine ed all’organizzazione.
L’inventario di Hewitt e Flett (1991) è costituito dalle tre scale seguenti:
1) Self Oriented Perfectionism; esprime la tendenza a porsi obiettivi troppo elevati, a generalizzare i fallimenti e ad incorrere facilmente in pensieri “tutto o nulla”.
2) Other Oriented Perfectionism; misura la tendenza ad avere aspettative troppo elevate riguardo agli altri e alle persone significative, ad essere eccessivamente critici nel valutare gli altri.
3) Socially Prescribed Perfectionism; valuta la tendenza a credere che gli altri abbiano alte aspettative sulle prestazioni del soggetto; questo porta timore per la valutazione negativa degli altri e a credere che sia necessario raggiungere quegli standards per guadagnare l’altrui approvazione e accettazione.
Oltre alle dimensioni di tratto del perfezionismo, Hewitt e collaboratori (1995) hanno descritto aspetti sociali del perfezionismo che implicano gli stili di auto-presentazione; secondo gli autori l’auto-presentazione perfezionistica comprende tre maggiori componenti:
1) Bisogno di apparire perfetti.
2) Bisogno di evitare di apparire imperfetti.
3) Bisogno di evitare di mostrare le proprie imperfezioni.
Secondo Hewitt e collaboratori (1995), indipendentemente dalle dimensioni di tratto del perfezionismo, il forte bisogno di presentarsi perfetti, può influenzare il comportamento nei disturbi dell’alimentazione, non permettendo alla persona di mostrare i propri difetti o di ammettere delle difficoltà.
Un confronto tra i due strumenti è stato fatto da Frost ed i suoi colleghi nel 1993; l’analisi fattoriale degli item dei due strumenti ha rilevato due principali fattori: 1) preoccupazioni valutative disadattive; 2) sforzo per raggiungere risultati positivi. Le dimensioni più correlate alla patologia sembrano essere l’Excessive Concern Over Mistake e il Socially Prescribed Perfectionism; quest’ultima, in modo particolare è elevata in persone che soffrono di depressione ed in pazienti con disturbo borderline di personalità.

Perfezionismo “sano” e “malato”
Alcune caratteristiche del perfezionismo possono essere viste come socialmente desiderabili e appaiono essere adattive per un funzionamento psicologico sano; sforzi elevati sono spesso associati a soddisfazione personale e ad un aumentato senso di autostima. D’altra parte con perfezionismo ci si può anche riferire alla tendenza a stabilire standard elevati impossibili da raggiungere e un forte bisogno di evitare fallimenti. Burns (1993), a questo proposito, ha ritenuto importante differenziare il perfezionismo “malato” dalla “salutare ricerca di eccellere”.
Nella tabella 2 sono elencate le caratteristiche del perfezionismo “malato” e della “salutare ricerca di eccellere”
Il perfezionismo “malato” secondo Burns porta a sviluppare stress al lavoro e a scuola, a oscillazioni dell’umore, come depressione ed ansia, a solitudine e difficoltà a formare relazioni strette, ad eccessiva frustrazione, rabbia e conflitti nelle relazioni personali, a problemi nell’apprendere da critiche, fallimenti ed errori, alla procrastinazione e alla difficoltà nello sperimentarsi in compiti difficili
Terry-Short e collaboratori (1995), seguendo la teoria di Skinner (1968), differenziano il perfezionismo “sano" da quello “malato” sulla base della storia dei rinforzi che hanno portato al suo costituirsi: il perfezionismo positivo sarebbe il frutto di una storia di rinforzi positivi, mentre il perfezionismo negativo di rinforzi negativi cioè di agenti rinforzanti che consistono nel rimuovere qualcosa da una situazione. Uno stesso comportamento può essere associato a stati emotivi differenti a secondo che sia funzione di un rinforzo positivo o negativo; in seguito ad una storia di rinforzi positivi, il comportamento è percepito come frutto di una libera scelta mentre se lo stesso comportamento è messo in atto per evitare conseguenze negative, è percepito come obbligatorio.

Tabella 2. Perfezionismo “malato” e “salutare ricerca di eccellere”
Caratteristiche principali del perfezionismo malato
Σ Paura di fallire
Σ Insoddisfazione costante per i propri risultati
Σ Convinzione che si deve far colpo sugli altri tramite la propria intelligenza e i risultati e che questo è l'unico modo per guadagnare la loro approvazione
Σ Quando si sbaglia o si fallisce un obiettivo, si diventa autocritici e ci si sente un fallimento come essere umano
Σ Si pensa di dover sempre avere il controllo sulle emozioni.
Caratteristiche principali della"salutare ricerca di eccellere"
Σ Creatività ed entusiasmo
Σ Gli sforzi apportano sentimenti di gioia e di soddisfazione
Σ Non c'è la credenza che bisogna guadagnare l'amore e l'amicizia facendo colpo sulle persone ma si crede che le persone ci accettino come siamo
Σ L'errore è visto come una possibilità di apprendimento
Σ Non si teme che gli altri ci vedano vulnerabili.

Alcuni consigli terapeutici per affrontare il perfezionismo nei disturbi dell’alimentazione
Purtroppo, non sono stati effettuati studi sistematici per valutare l’efficacia di specifici interventi psicoterapeutici o farmacologici sulla modificazione dei livelli di perfezionismo nei disturbi dell’alimentazione. In questo paragrafo riporto alcuni consigli, derivati dall’esperenza di alcuni clinici famosi di scuola cognitiva comportamentale che hanno affrontato il tema del perfezionimo in generale e nei disturbi dell’alimentazione.
In primo luogo è utile favorire l’acquisizione da parte del paziente di una maggiore consapevolezza dei propri tratti perfezionistici, portando all’attenzione il problema del perfezionismo e individuando gli ambiti della vita quotidiana in cui ha standard eccessivamente elevati (risultati scolastici, apparenza fisica, lavori domestici). In secondo luogo può essere utile esplorare come il perfezionismo influenzi l’opinione di sé stessi, le relazioni e le situazioni al lavoro ed a scuola. Infine, è importante provare ad focalizzare i fattori, individuali e sociali, presenti o passati, che possono aver influito sullo sviluppo e sul mantenimento di tendenze perfezionistiche, riflettendo dunque sia sul ruolo di una società che da’ molta importanza al controllo sia su come i genitori reagiscono a successi e fallimenti del figlio e sia sulla possibile componente genetica di questo tratto.
Burns (1980) suggerisce di fare un’analisi dei costi e dei benefici, cioè di individuare alcune credenze disfunzionali alla base delle tendenze perfezionistiche (es. “Io devo cercare di essere sempre perfetta”; “Le persone penseranno peggio di me se compirò un errore”) e di esse elencare in due diverse colonne i vantaggi e gli svantaggi nel mantenerle. L’autore propone inoltre un esercizio su una situazione specifica in cui, prima di tutto, si deve descrivere una situazione nella quale il perfezionismo ha costituito un problema (a causa delle connesse auto-critiche) e di questa situazione si devono individuare i pensieri automatici, il grado di convinzione in essi, le emozioni, l’intensità di esse e il tipo di distorsioni cognitive utilizzate. I pensieri automatici negativi vanno poi sostituiti con pensieri automatici positivi e va stimata la convinzione in essi e l'intensità delle emozioni associate.
Vanderlinden (2001), infine, propone alcuni esercizi comportamentali. Uno di essi potrebbe essere quello di individuare le attività che ci si sente obbligati a svolgere in modo quasi compulsivo e pianificare dei cambiamenti in cui, gradualmente, si diminuisce la quantità di tempo dedicato ad esse. Un altro esercizio è quello della “sfida al perfezionismo” che consiste nel mettere in atto comportamenti che vanno nella direzione opposta a quella abituale (es.: gettare deliberatamente i vestiti nei cassetti in modo disordinato, non rifare volutamente il letto, studiare volutamente di meno).

Conclusioni
Alti livelli di perfezionismo sono stati dimostrati nei disturbi dell’alimentazione sia da ricerche caso-controllo sia da studi prospettici che hanno evidenziato la persistenza di questo tratto in seguito alla normalizzazzione del peso corporeo. Il perfezionismo nei disturbi dell’alimentazione sembra avere un’origine multifattoriale (genetica, legata alle relazioni con i genitori e sociale) e sembra essere un importante fattore di rischio e di mantenimento dei disturbi dell’alimentazione. I meccansimi attraverso cui il perfezionimo aumenta il rischio di sviluppare i disturbi dell’alimentazione non sono noti, ma sembrano essere importanti i legami che esso assume con l’autostima, l’immagine corporea, la restrizione alimentare e la sintomatologia ossessiva. Infine, non abbiamo ancora studi che abbiano valutato se specifiche tecniche psicoterapeutiche o farmacologiche siano in grado di ridurre in modo persistente i livelli di perfezionismo nei soggetti con disturbi dell’alimentazione.


BIBLIOGRAFIA


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Vanderlinden, J. (2001). Come sopravvivere all’anoressia e alla bulimia: strategie per famiglie, amici e terapeuti. Casa ed. Positive Press

 
 
 

BULIMIA NERVOSA

Post n°4 pubblicato il 03 Settembre 2010 da MisurAmore
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CHE COS'E'

La bulimia nervosa, che letteralmente significa "fame da bue", è caratterizzata da un ciclo autopetuante di preoccupazione per il peso e le forme del corpo - dieta ferrea - abbuffate - vomito autoindotto.
Sembra che siano colpite con più frequenza da bulimia nervosa certe persone con peculiari caratteristiche di personalità: scarso concetto di sé, elevati livelli di perfezionismo, pensiero tutto o nulla e difficoltà a controllare gli impulsi. Come per l'anoressia nervosa, non è ancora chiaro se lo sviluppo di queste caratteristiche sia maggiormente legato a fattori psicologici o ereditari, o a entrambi.
Il disturbo inizia in genere dopo eventi stressanti minaccianti l'autostima (ad esempio: fallimenti scolastici, problemi sentimentali, difficoltà interpersonali, commenti negativi sull'aspetto fisico) e poiché le persone a rischio di sviluppare la bulimia nervosa sono particolarmente sensibili alla pressione culturale sulla magrezza è verosimile ipotizzare che cerchino di far fronte a queste difficoltà concentrandosi sul corpo e perseguendo la magrezza.
La diretta conseguenza dell'estrema preoccupazione per il peso e le forme del corpo è cercare di dimagrire seguendo una dieta. Le persone affette da bulimia nervosa, però, non adottano un regime dietetico ordinario, ma seguono una dieta "ferrea" perché essa, oltre a essere fortemente ipocalorica, è particolarmente rigida. Il fare la dieta in modo ferreo è probabilmente legato al perfezionismo ed al il pensiero "tutto o nulla".
La dieta ferrea è la maggior responsabile della comparsa delle abbuffate attraverso tre meccanismi:
1. Pensiero "tutto o nulla" e perfezionismo
- Seguire diete ferree in modo perfezionistico porta prima o poi inevitabilmente a compiere piccole trasgressioni; quando queste si verificano il soggetto pensa subito di aver perso il controllo e si abbuffa. Il comportamento bulimico è innescato da modalità di pensiero "tutto o nulla" del tipo: "Ormai ho trasgredito alla mia dieta, tanto vale che mi abbuffi fino a scoppiare, così poi potrò liberarmi di tutto il cibo con il vomito".
2. Alterazione della fame e della sazietà
- Numerosi studi hanno evidenziato che la dieta ferrea porta a un aumento della fame e dell'appetito nei confronti dei carboidrati in particolare, probabilmente a causa della modificazione di alcuni neurotrasmettitori cerebrali, tra cui la serotonina, e questo effetto è più pronunciato nelle donne che negli uomini.
3. Emozioni negative - Le abbuffate, soprattutto nei primi momenti, possono determinare del piacere, perché allentano la tensione del dover seguire in modo ferreo la dieta. Questa sensazione piacevole iniziale può essere utilizzata da chi soffre di bulimia nervosa per "bloccare" altre emozioni negative. Tale comportamento da però origine a un circolo vizioso per due motivi: a. se uno continua a bloccare le emozioni con il cibo non risolve mai i problemi di fondo e così le emozioni negative tendono a ripresentarsi e a favorire nuove abbuffate; b. le abbuffate, passato i primi momenti piacevoli, determinano la comparsa di emozioni negative (senso di colpa, disgusto, paura d'ingrassare), che a loro volta possono innescare nuove abbuffate.

Dopo l'abbuffata insorge rapidamente la paura di aumentare di peso, che può essere così forte da portare a mettere in atto dei comportamenti di compenso (vomito autoindotto, uso improprio di lassativi, digiuno, esercizio fisico eccessivo). I mezzi di compenso, in particolare il vomito ed il digiuno, portano però l'individuo ad avere altre abbuffate o per il meccanismo della deprivazione della dieta o perché con il vomito l'individuo pensa di aver trovato un mezzo semplice per eliminare le calorie assunte in eccesso (circolo vizioso vomito - abbuffata - vomito - abbuffata). Per quanto riguarda, poi, l'efficacia nell'eliminare le calorie assunte in eccesso, alcuni studi hanno dimostrato che: con il vomito si riesce ad eliminare solo la metà delle calorie ingerite; con i lassativi e i diuretici l'eliminazione delle calorie è quasi nulla.
Chi si abbuffa ha spesso problemi d'ansia e si tiene lontano da situazioni sociali, soprattutto se riguardano il consumo di cibo (matrimoni, feste di compleanno, cene con amici o parenti); spesso è irritabile e va incontro a frequenti scoppi di rabbia; a volte adotta comportamenti autolesionistici per allentare la tensione (ad esempio tagliarsi o bruciacchiarsi) o abusa di sostanze. Con il passare del tempo la qualità di vita delle persone affetta da bulimia nervosa ne risente enormemente: si sentono spesso depresse, demoralizzate e senza speranza. Alcuni individui si vergognano per la propria scarsa forza di volontà, si sentono in colpa per il proprio comportamento e riservatezza e provano un profondo disgusto verso se stessi. Alcune persone con questo disturbo possono diventare così disperate da cercare di togliersi la vita. Nei casi gravi vengono intaccati tutti gli aspetti della vita: lavoro, relazioni con amici e familiari, cura dei figli. Come per la depressione, molti problemi interpersonali migliorano, e in molti casi spariscono, quando viene risolto il problema alimentare.

CHI COLPISCE
La bulimia nervosa è un disturbo comparso all'inizio degli anni Settanta ed è stata descritta per la prima volta nel 1979 dal prof. Russell in un articolo intitolato "Bulimia nervosa: un'inquietante variante dell'anoressia nervosa". Dal 1980 in poi sono stati compiuti più di sessanta studi, per valutarne l'incidenza e la prevalenza, che hanno fornito dei risultati abbastanza omogenei: il disturbo colpisce circa l'1% delle giovani donne. In Italia gli studi di prevalenza hanno fornito risultati simili a quelli ottenuti negli altri paesi occidentali: Italia del nord 0,5-1%; Italia centrale 1-0,7%, Italia del sud 1,7%.
Come per l'anoressia nervosa, l'età d'esordio del disturbo è compresa tra i 12 e i 25 anni, però nella bulimia nervosa il picco di maggior frequenza è a 17-18 anni. Gli uomini sono colpiti raramente e non abbiamo dati che affermino che il disturbo sia in aumento tra i maschi.
La bulimia nervosa è presente soprattutto tra i bianchi, mentre è rara tra gli afroamericani e nei paesi in via di sviluppo. Per quanto riguarda la classe sociale la bulimia nervosa sembra essere, come l'anoressia nervosa, distribuita in modo omogeneo.
Le persone colpite sono generalmente di peso normale, alcune lievemente sottopeso, altre leggermente sovrappeso, pochissime in grande sovrappeso.

 

COME CAPIRE SE SI E' AFFETTI DA BULIMIA NERVOSA

Capire se si è affetti da bulimia nervosa non è semplice come nel caso dell'anoressia nervosa. Molte persone pensano di essere bulimiche ma in realtà non lo sono; per pronunciare una diagnosi di bulimia nervosa devono essere presenti tutte e cinque le seguenti caratteristiche.
1. Abbuffate ricorrenti.
Un'abbuffata, traduzione del termine inglese "binge-eating", si definisce sulla base di due caratteristiche che devono essere entrambe presenti:
- il consumo di una grande quantità di cibo;
- la sensazione di perdita di controllo sull'atto di mangiare (ad es. sentire che non ci si può astenere dall'abbuffarsi, oppure non riuscire a fermarsi una volta iniziato a mangiare).

2. Comportamenti di compenso. La seconda caratteristica importante della bulimia nervosa è che le abbuffate devono essere seguite da condotte compensatorie, finalizzate a prevenire l'aumento di peso. Il mezzo più frequentemente usato è il vomito che, in alcuni casi, può essere autoindotto dopo l'assunzione di qualsiasi cibo, e non necessariamente dopo un'abbuffata. Dopo le abbuffate alcune bulimiche assumono grandi quantità di lassativi per provocarsi una diarrea acquosa. Più raramente alcune persone bulimiche usano altri mezzi come i diuretici, gli enteroclismi o i farmaci tiroidei; sono stati anche rilevati casi di alcune bulimiche diabetiche che non assumevano l'insulina dopo un'abbuffata. Alcuni individui affetti da bulimia nervosa non usano il vomito o prodotti eliminativi, ma digiunano o fanno esercizio fisico in modo eccessivo.
3. Frequenza delle abbuffate e dei comportamenti di compenso. Perché sia diagnosticata la bulimia nervosa, le abbuffate e le condotte compensatorie devono verificarsi almeno 2 volte la settimana per 3 mesi.
4. Preoccupazione estrema per il peso e le forme del corpo. Come le persone affette da anoressia nervosa, le persone bulimiche si preoccupano molto del proprio peso e forme del corpo e la loro autostima varia soprattutto in base a questi due fattori. Si sentono sempre in dovere di seguire una dieta e sono terrorizzate dall'idea di aumentare di peso; se questo accade si deprimono e fanno di tutto per dimagrire: spesso è proprio questo il motivo che le spinge a cercare una cura.
5. Il disturbo non si manifesta esclusivamente nel corso di episodi di anoressia nervosa.
Questo significa che ci sono due disturbi del comportamento alimentare, e non uno solo; così a una persona che si abbuffa e vomita ma ha un peso basso (inferiore all'85% del peso standard per età e altezza) verrà diagnosticata soltanto l'anoressia nervosa con abbuffate/condotte di eliminazione, mentre se il peso è al di sopra dell'85% di quello standard si avrà una diagnosi di bulimia nervosa.

La bulimia nervosa viene suddivisa in due sottotipi:
a. con condotte di eliminazione;
b. senza condotte di eliminazione.

Nel primo caso la persona pratica regolarmente il vomito autoindotto o usa lassativi o diuretici o enteroclismi; nel secondo i comportamenti di compenso sono il digiuno o l'esercizio fisico eccessivo.

Le persone che seguono condotte di eliminazione hanno, rispetto a quelle che non lo fanno:
- un peso corporeo più basso;
- un'alterazione più marcata dell'immagine corporea;
- una maggior ansia nei confronti dell'alimentazione;
- una più elevata frequenza di comportamenti autolesionisti e progetti di suicidio;
- un'età più precoce d'insorgenza del disturbo;
- un'elevato tasso di comorbidità per depressione, disturbi d'ansia e di abuso d'alcol;
- un'elevata incidenza di abusi fisici e sessuali subiti;
- maggiori problemi di disidratazione e di squilibrio elettrolitico (in particolare l'ipopotassiemia).

QUAL E' LA TERAPIA PIU' EFFICACE?


La terapia più efficace della bulimia nervosa, sembra essere la terapia cognitivo comportamentale (CBT). Essa è stata messa a punto in modo definitivo all'inizio degli anni Ottanta da Fairburn. L'efficacia dell'intervento, che si è rivelato pari o superiore a tutte le terapie fino ad ora sperimentate, è stata valutata in più di 30 studi controllati eseguiti nei maggiori centri di ricerca dei paesi occidentali. Il trattamento, che prevede 19 sedute individuali della durata di 50 minuti per un periodo di tempo di 4-5 mesi, è diviso in 3 fasi finalizzate ad erodere i principali fattori comportamentali e cognitivi di mantenimento del disturbo (dieta ferrea, abbuffate, vomito autoindotto e preoccupazione estrema per il peso e l'aspetto fisico). Gli studi più recenti ed accurati da un punto di vista metodologico hanno evidenziato che la CBT determina una riduzione media del numero di abbuffate alla fine del trattamento variabile dal 73% al 93% dei casi, e una riduzione dei mezzi di compenso dal 77% al 94%; la remissione completa della sintomatologia bulimica si verifica dal 51% al 71% dei casi e quella dei mezzi di compenso dal 36% al 56%. La diminuzione nella frequenza delle abbuffate è accompagnata da una significativa riduzione dei livelli di restrizione alimentare, con un aumento della quantità di cibo assunto tra gli episodi bulimici ed una diminuzione significativa della preoccupazione per il peso e le forme del corpo. La terapia, infine, procura un notevole miglioramento della depressione, un aumento dell'autostima e della funzionalità sociale e una diminuzione dei disturbi di personalità spesso associati alla bulimia nervosa. Gli studi eseguiti hanno dimostrato un buon mantenimento dei risultati sia a sei mesi che a uno e a sei anni di follow-up (Fairburn et al, 1993b).
Se la terapia cognitivo comportamentale fallisce possono essere indicati altri forme di trattamento. Purtroppo oggi non abbiamo dati scientifici che ci permettano di suggerire il trattamento di scelta alle pazienti che non rispondono alla terapia cognitivo comportamentale. L'esperienza clinica, comunque, suggerisce che si possono provare le seguenti opzioni: terapia cognitivo comportamentale focalizzata sui fattori interpersonali e sul deficit del concetto di sé; terapia farmacologica con antidepressivi (soprattutto gli inibitori del re-uptake della serotonina); terapia interpersonale.
Se la terapia ambulatoriale fallisce è necessario prendere in considerazione un trattamento in regime di day-hospital o di ricovero in una struttura specializzate nella cura dei disturbi del comportamento alimentare.

SEGNI D'ALLARME SPECIFICI DI BULIMIA NERVOSA
- Evidenze della presenza di abbuffate: scomparsa rapida di cibo dal frigo, comperare grandi quantità di cibo, rubare del cibo, presenza di cibo sotto il letto o nell'armadio
- Evidenze della presenza di vomito autoindotto: andare in bagno subito dopo aver mangiato, tracce o odore di vomito nel water, calli o erosioni sul dorso delle mani
- Alternanza di dieta ferrea e episodi di alimentazione eccessiva con possibili modificazioni importanti di peso
- Alimentazione eccessiva nei momenti di stress
- Mangiare grandi quantità di cibo, tra cui molti dolci, senza aumentare di peso
- Mangiare di nascosto
- Gonfiore delle ghiandole salivari e corrosione dei denti
- La persona parla in modo entusiastico di come si possa mangiare senza aumentare di peso
- Usare pillole o erbe per andare di corpo
- La persona enfatizza su quanto la magrezza possa rendere felici
- Modificazioni rapide d'umore
- Presenza di altri atti impulsivi (cleptomania, abuso di alcol o di droghe, promisquità sessuale,
- Autolesionismo
- Crampi muscolari e il battito cardiaco alterato, inusuali nei teen-ager

AIDA: Associazione italiana disturbi dell'alimentazione e del peso

 
 
 

ANORESSIA NERVOSA

Post n°3 pubblicato il 03 Settembre 2010 da MisurAmore
Foto di MisurAmore

CHI COLPISCE

L’anoressia nervosa fu descritta la prima volta dal medico inglese Richard Morton nel 1694 e fino a trent’anni fa è stata considera una malattia rara. Oggi invece sembra colpire lo 0,28% delle adolescenti e delle giovani donne adulte dei paesi occidentali. In Italia i dati a nostra disposizione evidenziano che ha una distribuzione uniforme: Italia del nord 0,36 %, Italia centrale 0,36-0,4%, Italia del sud 0,2%. Nei paesi anglosassoni pare che abbia avuto un aumento dal 1930 al 1970, ma nessun incremento dopo tale periodo; in Italia, purtroppo, non abbiamo dati a disposizione per valutare questo fenomeno.
Il 90-95% delle persone colpite appartiene al sesso femminile e i maschi costituiscono tuttora una minoranza. L’età d’esordio del disturbo è compresa tra i 12 e i 25 anni, con un doppio picco di maggiore frequenza a 14 e 18 anni; negli ultimi tempi sono stati diagnosticati casi a incidenza più tardiva, dopo i 20-30 anni.
È una patologia che colpisce soprattutto la popolazione occidentale, mentre è rara nei paesi in via di sviluppo, dove non esiste una forte pressione sociale verso la magrezza. Mentre negli anni sessanta l’anoressia nervosa colpiva prevalentemente le classi agiate, attualmente è distribuita in modo omogeneo nelle varie classi sociali. In alcune categorie occupazionali l’anoressia nervosa sembra essere molto frequente; i casi tipici sono le professioni che rientrano nel mondo della moda e della danza.
Per quanto riguarda la scolarità, non sembrano esserci differenze tra persone di pari età e classe sociale. È stata inoltre smentita la convinzione diffusa che i soggetti affetti da anoressia nervosa abbiano un quoziente d’intelligenza superiore alla media: i risultati brillanti, talora osservati in alcuni di loro, sono infatti il risultato dell’impegno posto nello studio più che di particolari doti mnemoniche o intellettive.

CHE COS'È

L’anoressia nervosa letteralmente significa “mancanza nervosa di appetito”. Si tratta di una definizione sbagliata perché, sebbene le persone affette da questo disturbo si rifiutino di mangiare, hanno sempre un’intensa fame e appetito. Il rifiuto del cibo dipende, infatti, dalla loro ricerca della magrezza e dalla necessità estrema di controllare l’alimentazione. I comportamenti delle persone affette da anoressia nervosa per mantenere un peso al di sotto di quello naturale includono il seguire una dieta ferrea, il fare esercizio fisico in modo eccessivo e, in alcuni casi, l’indursi il vomito ogni volta che ritengono di aver mangiato in eccesso.

Le cause
Le cause dell’anoressia nervosa non sono ancora del tutto note e gli studiosi dell’argomento non sono sempre d’accordo. Sembra però che molti fattori possano contribuire alla loro insorgenza.
Il modello supportato da AIDAP si basa su una concezione ampia dell’anoressia nervosa in quanto la valuta come condizione multidimensionale che ha la sua origine dall'interazione di tre vaste classi di fattori predisponenti: culturali, individuali e familiari.

I fattori predisponenti
Tra i fattori predisponenti non è ancora stato chiarito il ruolo di alcune condizioni antecedenti presenti fin dalla nascita o dall’infanzia, come ad esempio la vulnerabilità genetica, l’ambiente familiare e le esperienze traumatiche. Più chiaro, anche se sono necessarie ulteriori ricerche, è il ruolo di alcune condizioni antecedenti più prossime all’esordio del disturbo. In molti casi, infatti, alcune caratteristiche individuali, quali il perfezionismo, la bassa autostima, la regolazione delle emozioni, l'ascetismo e le paure legate alla maturità psicobiologica precedono la comparsa dell’anoressia nervosa. Un consenso diffuso esiste anche sull’importanza dei fattori socioculturali nel favorire lo sviluppo di questo disturbo, ed in particolare sul ruolo pernicioso esercitato dalla nostra cultura che associa la magrezza alla bellezza e al valore personale.

I fattori scatenanti
L’esordio del disturbo, che è caratterizzato dalla comparsa di un’eccessiva preoccupazione per il peso, le forme corporee e da un’estrema necessità di controllare l’alimentazione, spesso è innescato da alcuni fattori precipitanti come, ad esempio, separazioni e perdite, modificazioni dell’equilibrio familiare, nuove richieste dall’ambiente in cui si vive (scuola, vita affettiva, ecc.), malattie fisiche ed inizio della pubertà.
La diretta conseguenza dell’estrema preoccupazione per il peso, le forme corporee e l’alimentazione è il cercare di dimagrire seguendo una dieta. Tuttavia, le persone affette da anoressia nervosa non adottano un regime dietetico ordinario, ma seguono una “dieta ferrea”, che, oltre ad essere fortemente ipocalorica, è particolarmente rigida.

I fattori di mantenimento
Una volta iniziata la dieta ferrea, alcuni fattori perpetuanti tendono a favorire il mantenimento e la cronicizzazione del disturbo; tra questi sono particolarmente importanti i vantaggi che l’individuo ottiene in conseguenza della perdita di peso e del controllo alimentare. Questi includono rinforzi positivi (ad esempio la sensazioni di successo, valore, orgoglio e superiorità, l’incremento del senso di autocontrollo e l’attenzione e/o interesse degli altri) e negativi (ad esempio l’evitamento del peso naturale e della maturità psicobiologica). I fattori perpetuanti fanno sì che il disturbo, una volta iniziato, si automantenga e tenda a cronicizzarsi, dando luogo a tutta una serie di sintomi secondari alla denutrizione che a loro volta perpetuano la malattia, determinando un progressivo peggioramento della qualità della vita ed una profonda modificazione della personalità del soggetto che ne viene colpito.

COME CAPIRE SE UNA PERSONA E' AFFETTA DA ANORESSIA NERVOSA


Una persona è affetta da anoressia nervosa se manifesta tutte e quattro le caratteristiche che seguono:

  1. Severa perdita di peso Tutte le persone affette da anoressia nervosa, per definizione, devono essere sottopeso (cioè pesare meno dell’85% del peso standard o essere incapaci di raggiungere il peso previsto durante il periodo di crescita).
  2. Paura d’ingrassare. La seconda peculiarità dell’anoressia nervosa è l’intensa paura di acquistare peso o di diventare grassi, anche quando si è sottopeso.
  3. Preoccupazione estrema per il peso e le forme del corpo. Le persone affette da anoressia nervosa sono insoddisfatte del proprio peso e aspetto fisico, in particolare considerano troppo grosse alcune parti del proprio corpo (mammelle, pancia, sedere, gambe). Inoltre basano la propria autostima principalmente su quello che dice la bilancia; un aumento ponderale determina sensazioni di frustrazione e autosvalutazione; un calo di peso, al contrario, aumenta il senso di autocontrollo, di fiducia personale e di autostima. Nelle persone affette da anoressia nervosa più giovani è spesso presente un rifiuto ad ammettere la gravità della propria condizione di sottopeso.
  4. Amenorrea (mancanza di almeno tre cicli mestruali consecutivi). Nella maggior parte dei casi si tratta di amenorrea secondaria (perdita di mestruazioni dopo un periodo più o meno lungo di cicli regolari); in una minoranza, quando l’anoressia nervosa è insorta prima dello sviluppo puberale, di amenorrea primaria. Si diagnostica l’anoressia nervosa anche se le mestruazioni sono regolari ma indotte dall’uso di estroprogestinici, e se sono presenti le tre caratteristiche sopra descritte. Negli uomini è presente una perdita dell’interesse sessuale e impotenza.

    Attualmente si riconoscono due sottotipi di anoressia nervosa:
  • Anoressia nervosa con restrizioni.
  • Anoressia nervosa con abbuffate/condotte di eliminazione.

Numerosi studi hanno documentato che esistono importanti differenze psicologiche e comportamentali tra le persone anoressiche che limitano continuamente la propria alimentazione senza mai perdere il controllo, e quelle che periodicamente ricorrono ad abbuffate o a comportamenti di eliminazione). Le anoressiche con abbuffate/condotte di eliminazione spesso sono malate da molto tempo; pesano di più all’inizio della malattia, hanno frequenti storie personali e familiari di obesità e sono più impulsive, non soltanto nell’alimentazione, ma anche in altri ambiti: abuso di alcol o di sostanze stupefacenti, cleptomania, comportamenti autolesionisti e tentativi di suicidio. Le anoressiche con restrizioni hanno invece una personalità ossessiva e sono più isolate socialmente.
 

QUAL E' LA TERAPIA PIU' EFFICACE

Terapia cognitivo comportamentale (CBT)
La CBT è fortemente raccomandata per la cura dell'anoressia nervosa, basandosi sui dati ricavati dall’esperienza clinica. Studi sui casi e ricerche preliminari forniscono qualche spunto per essere ottimisti. I dati correnti tuttavia sono insufficienti a garantire conclusioni significative riguardo la sua efficacia.
La CBT va modificata quando è applicata all'anoressia nervosa. Essa, infatti, ha una durata più lunga e gli interventi cognitivi sono finalizzati, non solo ad affrontare i pensieri disfunzionali che mantengono la dieta estrema o la riduzione cronica del peso, ma anche le assunzioni fondamentali associate ai conflitti interpersonali, i sentimenti di inefficacia, le lotte per l'autonomia e le paure associate allo sviluppo psicosociale. Sono integrate nel trattamento anche le problematiche interpersonali e componenti della terapia familiare. Chi volesse approfondire questa forma di terapia può leggere il libro di Garner D.M. & Dalle Grave R. “Terapia Cognitivo Comportamentale dei Disturbi dell’Alimentazione”. Positive Press, Verona (1999).

Terapia psicodinamica
Finora, tra la terapia psicodinamica a lungo termine e altre forme di trattamento non ci sono state comparazioni controllate. Il trattamento psicodinamico per la cura dell’anoressia nervosa può essere diviso in due scuole di pensiero. La prima presume che questo disturbo non richieda una fondamentale modificazione dell'intervento psicoanalitico ortodosso, dato che né i sintomi, né il disturbo rappresentano un processo sottostante unico e specifico. La seconda, invece, sostiene che i disturbi dell’alimentazione sono specifici e necessitano di profonde modificazioni della tradizionale terapia dinamica, in particolare nella gestione dei sintomi. Noi raccomandiamo solo le terapie a lungo termine orientate dinamicamente associate alla gestione dei sintomi come alternativa alla CBT a lungo termine, se questa fallisce.

Terapia familiare
L’esperienza clinica suggerisce che la terapia familiare può essere un trattamento adeguato per le pazienti giovani eo che vivono a casa e la sua efficacia è stata dimostrata da studi controllati. Essa tuttavia dovrebbe essere aggiunta alla terapia individuale anche nei soggetti più anziani che vivono fuori casa, soprattutto quando i conflitti familiari sono predominanti. Comunque, se l’anoressia nervosa dura da lungo tempo e il peso corporeo è molto basso, raramente la terapia familiare è efficace, a meno che non sia affiancata da altri interventi terapeutici finalizzati alla gestione dei sintomi.
Una forma alternativa alla terapia familiare che sembra dare risultati promettenti, è l’intervento psicoeducazionale di gruppo per i genitori o la CBT di gruppo per i genitori.

Farmacoterapia

La terapia farmacologica ha un'efficacia molto limitata con le pazienti affette da anoressia nervosa emaciate e non dovrebbe mai essere la sola modalità di trattamento. Occasionalmente le pazienti possono ottenere dei benefici dai farmaci per affrontare stati d’ansia opprimenti, forte depressione o disagio gastrico post-prandiale intollerabile, ma ciò è vero solo per una piccola minoranza di pazienti. Sembra che l’uso di fluoxetina, dopo la normalizzazione del peso, riduca il tasso di ricaduta.


L'ospedalizzazione
L’intervento ospedaliero parziale o totale dell’anoressia nervosa si pone due obiettivi generali che necessitano di protocolli terapeutici differenti: (1) stabilizzare le condizioni mediche-psichiatriche per gestire le complicanze acute del disturbo, in pazienti non necessariamente motivate ad intraprendere una cura finalizzata alla guarigione; (2) iniziare o continuare un percorso di cura finalizzato all’interruzione dei fattori di sviluppo e di mantenimento del disturbo, che in molti casi può sfociare con la guarigione della paziente.

Il primo obiettivo va perseguito, a seconda dei casi, in reparti internistici o psichiatrici, come ricovero ospedaliero ordinario, e non prevede necessariamente il coinvolgimento e l’impegno della paziente in un percorso terapeutico di cura.
Il secondo obiettivo prevede il diretto coinvolgimento della paziente nel processo di cura e va effettuato in strutture di riabilitazione intensiva ospedaliera o in strutture di day-hospital.
Il ricovero in strutture ospedaliere di riabilitazione intensiva ha una lunga durata (circa 90 giorni) perché è necessario far raggiungere al paziente almeno il 90% del peso corporeo atteso (o comunque un Indice di Massa Corporea superiore a 18,5), considerando un aumento di peso medio di 1-1,5 kg la settimana. Il trattamento ospedaliero riabilitativo intensivo, se ben organizzato, ha un alto tasso di successo. Con queste modalità di trattamento è possibile ottenere la normalizzazione del peso e di molti sintomi psicologici associati all’anoressia nel 70-80% dei casi (vedi tabella 2).
La tabella 3 riporta le indicazioni cliniche adottate per il ricovero nell’anoressia nervosa.

Gestione delle pazienti croniche
Esistono alcune pazienti croniche o resistenti che hanno partecipato a varie forme di trattamento nel corso degli anni e alla fine sono giunte al punto di rifiutare di essere curate per il loro disturbo dell’alimentazione o ritengono che un ulteriore terapia abbia una bassa probabilità di successo. In tali circostanze può essere appropriato interrompere la psicoterapia se un'attenta valutazione porta alla conclusione che alla paziente è stata offerta una terapia adeguata e si sono verificate le seguenti situazioni: (1) non sono presenti crisi mediche e psicologiche acute; (2) non è sufficientemente sintomatica da suggerire la persistenza di potenziali rischi medici; (3) non c'è un chiaro motivo logico per un ulteriore trattamento. In questo caso, se la paziente è d’accordo, può essere inserita in un programma di “management medico” continuativo. Gli obiettivi della gestione del “management medico” sono solo mirati al mantenimento di una stabilità medica e psicologica.

Come orientarsi nella scelta del trattamento
Anche se non abbiamo studi controllati l’esperienza clinica insegna che nell'anoressia nervosa, soltanto una minoranza di pazienti risponde a forme di trattamento brevi o a singoli approcci terapeutici, mentre la maggior parte necessita di forme più complesse d’un intervento e spesso anche la necessità di affrontare un lungo periodo di ricovero. Ciò significa che l'intervento da privilegiare nella cura nell'anoressia nervosa è la CBT a lungo termine o la psicoterapia dinamica con la gestione dei sintomi associate alla gestione della famiglia; se questo intervento fallisce o le condizioni mediche alla presentazione sono molto scadenti va considerato il ricovero in reparti di riabilitazione intensiva altamente specializzati. In alcuni casi è necessario un ricovero in reparti internistici o psichiatrici per gestire le complicanze acute mediche o psichiatriche.
Purtroppo un certo numero di soggetti non risponde a nessuno dei trattamenti attualmente disponibili e va incontro inesorabilmente alla cronicità. In questi casi è inutile accanirsi per cercare la guarigione, mentre appare più utile fornire un supporto medico tramite incontri individuali o di gruppo.

Effetti del digiuno in volontari psicologicamente e fisicamente sani

1) Atteggiamenti e comportamenti nei confronti del cibo

• preoccupazioni per il cibo
• collezione di ricette, libri di cucina e menu
• inusuali abitudini alimentari
• incremento del consumo di caffè, tè e spezie
• occasionale introito esagerato e incontrollato di cibo

2) Modificazioni emotive e sociali
• depressione
• ansia
• irritabilità e rabbia
• labilità
• episodi psicotici
• cambiamenti di personalità confermati dai test psicologici
• isolamento sociale

3) Modificazioni cognitive
• diminuita capacità di concentrazione
• diminuita capacità di pensiero astratto
• apatia

4) Modificazioni fisiche
• disturbi del sonno
• debolezza
• disturbi gastrointestinali
• ipersensibilità al rumore e alla luce
• edema
• ipotermia
• parestesie
• diminuzione del metabolismo basale
• diminuzione dell’interesse sessuale

KEYS, A., et al., “The biology of human starvation”, Minneapolis, University of Minnesota Press, 1950.

 

Strutture di ricovero che applicano un programma di riabilitazione:

La casa di cura Villa Pini applica un programma di ricovero che dura 4 mesi, seguiti da 2 mesi di day-hospital residenziale.
La casa di cura Villa Garda
applica un programma di ricovero che dura 3 mesi, seguiti da 1,5 mesi di day-hospital residenziale.
La casa di cura Villa Maria Luigia
applica un programma di ricovero che dura 2 mesi, seguiti da 2,5 mesi di day-hospital residenziale.
La più lunga durata di ricovero si associa in modo significato ad un maggiore peso alla dimissione
*day hospital

Tratta con il permesso dell'editore da Garner DM & Dalle Grave R., "Terapia cognitivo comportamentale dei disturbi dell'alimentazione". Positive Press, Verona (1999).

AIDAP è un'associazione indipendente autonoma, senza fini di lucro ed è riconosciuta come società medico scientifica dalla Federazione delle Società Medico Scientifiche Italiane (FISM). Ha lo scopo di condividere un certo tipo di conoscenza e cultura sulla prevenzione, educazione, trattamento e ricerca dei disturbi dell'alimentazione (anoressia nervosa, bulimia nervosa) e dell'obesità. Si propone di promuovere convegni, tavole rotonde, conferenze, gruppi di studio e altre attività di formazione nel campo medico, psicologico, scolastico e sociale.

 

 
 
 

MisurAmore: caratteristiche del DCA

Post n°2 pubblicato il 02 Settembre 2010 da MisurAmore

CARATTERISTICHE:
L'anoressia nervosa (o anoressia mentale) e' il rifiuto di mantenere il peso del corpo al di sopra del peso minimo normale.
Esempio: se per eta' ed altezza, si dovrebbe pesare dai 55 ai 65 chili, la persona anoressica, vorrebbe pesare anche molto meno dei 55, facilmente anche meno di 40 chili.

Una persona e' considerata sottopeso quando il suo peso corporeo e' inferiore al'85% del peso normale per la sua eta' ed altezza.
Esempio: se il peso normale della persona e' di 100 chili (prendiamo numeri tondi per far capire meglio il concetto), sara' sottopeso se ne pesa 85.
Se il peso normale e' invece di 50 chili, sara' sottopeso se ne pesa 42,5 (bisogna togliere il 15%). Nei bambini o nella prima adolescenza, piu' che perdita di peso, l'anoressia nervosa puo' manifestarsi come incapacita' di raggiungere il peso previsto per l'eta' e l'altezza.
L'anoressia nervosa e' piu' presente nelle femmine, anche se negli ultimi anni e' in forte aumento anche nei maschi.
Mediamente insorge all'eta' di 17 anni, con due picchi a 14 e 18. Solitamente inizia con una dieta che ha come obiettivo migliorare la propria immagine, poi questa viene sempre piu' accentuata fino a quando la persona arriva a mangiare una quantità di cibo assolutamente insufficiente rispetto al fabbisogno giornaliero. All'inizio la persona non rispetta più l'orario dei pasti e mangia poche cose ad orari strani, spesso da sola.
Puo' imporsi un ritmo di vita frenetico (attività scolastiche, sportive, domestiche), pur di perdere sempre piu' peso.
Spesso, la "dieta" iniziale e la fatica per raggiungere il peso voluto, vengono approvate dalla famiglia, e questo crea un rinforzo.
Successivamente la persona prova piu' energia e benessere, fino a quando cominciano pensieri ossessivi che riguardano il cibo, fino a fare diventare questo l'unico pensiero, lasciando in secondo piano tutto il resto.
La paura di perdere il controllo e di aumentare di peso prendono il sopravvento su tutto, e la persona diviene irritabile, ansiosa e depressa.
Memoria, concentrazione e capacita' di giudizio vengono alterate, possono anche insorgere disturbi del sonno.
Se la situazione continua e si aggrava, la persona puo' andare incontro alla morte senza rendersene conto.
In questo caso non vi e' piu' l'ossessione per il cibo ma smette completamente di mangiare, entrando in una depressione profonda.

 
 
 
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