Mitologie

La Mitologia Fenicia - Navigazione e commercio (Capitolo 2)


La definizione che meglio s'attaglia ai fenici e ne illustra le capacità più spiccate è quella di grandi navigatori. Non v'è autore dell'antichità che non si inchino dinazi al loro dominio del mare e dei suoi segreti."Un giorno arrivarono dei fenici, famosi navigatori" dice un verso di Omero.UNA MAGNIFICA FLOTTALe navi fenice, celebri nell'antichita, misuravano all'incirca venticinque metri in lunghezza e sette in larghezza. La prua arrotondata dell'imbarcazione terminava in una polena a testa di cavallo.La poppa, anch'essa arrotondata, era sovente foggiata a coda si pesce. Quanto ai fianchi della nave, recavano dipinti un paio di occhi ispirassero terrore nel nemico e giovasseno alla navigazione, scampando pericoli d'ogni tipo.Le imbarcazioni fenicie, provviste di timone, erano dotate di un albero unico cui era inferta una vela triangolare, manovrata in funzione del vento.Le inmbrascazioni da guerra, da canto loro, erano più strette di quelle commerciali. Anche la prua era divverente, e serviva da temibile arma di combattimento. Alla sue estremità era infatti innestato uno sperone, detto anche "rostro", sorta di punta in bronzo capace di schiantare il fasciame delle navi avversarie.A differenza dalle imbarcazioni commerciali, al ponte delle navi da guerra erano fissati due alberi. Al primo, posto al centro, era inferita la vela principale; all'altro, collocato a prua, una vela piccola.Essa consentiva alla nave di cambiare di bordo. Grazie alla velatura, una nave da guerra poteva effettuare repentine virate nel corso della battaglia. Schivare di misura un colpo portato dal nemico o, per converso, riuscire ad affondare il rostro era d'interesse vitale.LA "REGINA DEL MEDITERRANEO"Ls trienne, menzionata come "regina del Mediterraneo" dagli antichi autori, era la più illustre delle navi da guerra. Siamo al cospetto di una delle più ingeniose invenzioni fenicie.L'equipaggio contava approssimativamente duecento uomini. Peculiarità unica, i rematori erano sovrapposti in tre ordini sfalsati. Si evitava così l'impaccio che essi arrecano ai marinai; la nave ne risultava snellita in struttura e perciò più temibile in fase di scontro.Le navi fenicie procedecano sia di giorno sia di notte. Sulle piccole e medie distanze, esse generalmente navigavano di giorno, senza allontanarsi dalla costa. La notte attraccavano per i rifornimenti e le eventuali riparazioni.Si stima che, usando sia i remi sia la vela, riuscissero a percorrere trenta o quaranto chilometri al giorno.Sulle grandi distanze, cioè nella navigazione di lungo corso, accadeva spesso che i fenici viaggiassero la notte. Nel caso, si orientavano in base all'Orsa Minore, detta nell'antichità "stella fenicia".I TRAFFICI DEI FENICINavigazione e commercio procedevano di pari passi, presso i fenici. Essi erano tanto navigatori audaci, quanto instancabili fondatori di colonie, continuamente in cerca di fonti di profitto.Le loro navi erano sempre alla vela. La grande diffusione dei traffici fenici poggia si in considerevole numero di merci. La più famosa è il regno dei cedri del Libano. Apprezzato per solidità, bellezza e profumo inebriante, era ricercatissimo presso i popoli dell'antichità.Il cedro del Libano godeva in quei tempo di tale prestigio che la Bibbia le elesse a simbolo di immortalità e saggezza.Tra le numerose merci che hanno concorso alla rinomanza del commercio fenicia c'è la famosa porpora, ricavata da un mollusco detto murice.La scoperta della porpora va ascritta al bell'Adonis, un eroe della mitologia fenicia.La porpora era una tintura indelebile, di un colore variabile tra il rossi vivo e il violetto. La preparazione della porpora era talmente legata all'attività dei fenici che a essa dovevano il nome.Anche il commercio dell'avorio aveva il suo peso. Nessuno eguagliava i fenici nella lavorazione del vasellame e degli amuleti e nella scultura in avorio d'elefante e ippopotamo.Possiamo menzionare inoltre il vetro, altro pordotto tipico dell'artigianato fenicio, l'oroficeria, la ceramica e i prodotti della pesca. Sull'eccezionale raffinatezza di quell'artigianato di ragguaglia Omero dell'Iliade.Fina Capitolo Due