"Dal desiderio mimetico che punta alla magrezza assolutadell'essere splendente di qualcun altro che è sempre nei nostri occhi,mentre noi stessi non lo siamo mai, perlomeno ai nostri occhi. Comprendereil desiderio significa comprendere che il suo essere autocentrato èindistinguibile dal suo essere eterocentrato", per cui l'anoressica-bulimicache al termine di un pranzo al ristorante va in bagno a vomitare il granpiatto di spaghetti che ha appena finito di mangiare, dichiarandolo come seandasse a mettersi un po' di rossetto, mangia per se stessa, questo è certo,ma vomita per gli altri, per tutte quelle donne che si osservanoreciprocamente il punto-vita. La sua libertà radicale coincide con la suaschiavitù nei confronti dell'opinione altrui. Fissato il modello ideale daimitare, per effetto della rivalità che ogni modello scatena in quanto èsempre là dove noi vorremmo essere e non siamo, il modello, che nel nostrocaso è il peso considerato come il più desiderabile, diventa il limite daabbattere, non per piacere agli uomini, a cui le anoressiche non sonoaffatto interessate, ma per gareggiare fra loro, e soprattutto con se stesseper il piacere della competizione in sé. In questo modo l'ideale competitivodella cultura occidentale si trasferisce dal mondo, costellato da primati daabbattere e superare, al segreto dei nostri corpi, innescando quei processidepressivi che derivano dall'irraggiungibilità dei modelli che ciascuno dinoi si autoassegna, perché non bastano gli spunti persecutori che cigiungono dal mondo, bisogna aggiungercene anche dei propri, in quel giocoambivalente del desiderio che ama, e quindi tenta a tutti i costi direalizzare, l'ideale che lo perseguita. Se questo è vero, l'anoressia èallora solo il caso limite di quella cultura della competizione chel'Occidente, imbrogliando un po' le carte, ha spacciato e continua aspacciare come realizzazione di sé. Del resto, leggo in Corpi anoressici diMorgan MacSween (Feltrinelli, Milano, 1999, pagg. 264, lire 33.000) che:"L'anoressia è del tutto sconosciuta al di fuori dell'Occidente", e questola dice lunga sulla relazione che questo disturbo alimentare ha con lasocietà dell'opulenza, e sui modelli di femminilità che questa culturapropone.René Girard
Anoressia
"Dal desiderio mimetico che punta alla magrezza assolutadell'essere splendente di qualcun altro che è sempre nei nostri occhi,mentre noi stessi non lo siamo mai, perlomeno ai nostri occhi. Comprendereil desiderio significa comprendere che il suo essere autocentrato èindistinguibile dal suo essere eterocentrato", per cui l'anoressica-bulimicache al termine di un pranzo al ristorante va in bagno a vomitare il granpiatto di spaghetti che ha appena finito di mangiare, dichiarandolo come seandasse a mettersi un po' di rossetto, mangia per se stessa, questo è certo,ma vomita per gli altri, per tutte quelle donne che si osservanoreciprocamente il punto-vita. La sua libertà radicale coincide con la suaschiavitù nei confronti dell'opinione altrui. Fissato il modello ideale daimitare, per effetto della rivalità che ogni modello scatena in quanto èsempre là dove noi vorremmo essere e non siamo, il modello, che nel nostrocaso è il peso considerato come il più desiderabile, diventa il limite daabbattere, non per piacere agli uomini, a cui le anoressiche non sonoaffatto interessate, ma per gareggiare fra loro, e soprattutto con se stesseper il piacere della competizione in sé. In questo modo l'ideale competitivodella cultura occidentale si trasferisce dal mondo, costellato da primati daabbattere e superare, al segreto dei nostri corpi, innescando quei processidepressivi che derivano dall'irraggiungibilità dei modelli che ciascuno dinoi si autoassegna, perché non bastano gli spunti persecutori che cigiungono dal mondo, bisogna aggiungercene anche dei propri, in quel giocoambivalente del desiderio che ama, e quindi tenta a tutti i costi direalizzare, l'ideale che lo perseguita. Se questo è vero, l'anoressia èallora solo il caso limite di quella cultura della competizione chel'Occidente, imbrogliando un po' le carte, ha spacciato e continua aspacciare come realizzazione di sé. Del resto, leggo in Corpi anoressici diMorgan MacSween (Feltrinelli, Milano, 1999, pagg. 264, lire 33.000) che:"L'anoressia è del tutto sconosciuta al di fuori dell'Occidente", e questola dice lunga sulla relazione che questo disturbo alimentare ha con lasocietà dell'opulenza, e sui modelli di femminilità che questa culturapropone.René Girard