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La struttura del desiderio

Post n°535 pubblicato il 13 Maggio 2010 da mjkacat

Noi siamo nati dall'incontro di due esseri che nel dono reciproco si sono
avventurati e perduti dandoci così la vita.
Ma fin da principio questa nostra vita può essere frutto della TOTALITA'
della "struttura del desiderio" o solo di una PORZIONE.
"Totalità" quando si è frutto totalmente di due esseri che si donano anima e
corpo, spirito e materia.
"Parzialità" quando si è frutto di due esseri che non si donavano totalmente
ma solo corporalmente, quindi in modo solo parziale.
Solo nel primo caso si può parlare di un figlio "desiderato" infatti, a
riprova che il desiderio ha una struttura di completezza sua propria da non
confondere con le sue espressioni monche, erronee, parziali, appunto.

Ed è in questa struttura "parziale" del desiderio che si dibatte la società
contemporanea.

Ho scelto questo esempio non per ragioni morali o altro ma solo perchè qui è
facilmente visibile quello che vuol essere il centro di questo discorso sul
desiderio.  La distinzione basilare, cioè, tra autentica "struttura del
desiderio", che è sempre totale, completa; una STRUTTURA, appunto, e le sue
espressioni parziali, nevrotiche che, a rigor di logica, non sarebbe neppure
corretto annoverare nella nobile categoria del desiderio e che sarebbe più
opportuno annoverare nella sottospecie dei "bisogni" o meglio ancora
"voglie", anche per quel "fare" e "dare" che vi è sempre connesso.

Ho definito le sue espressioni "parziali" come nevrotiche perchè il
"desiderio" è nel diretto filo della salute psichica dell'inconscio.

Potremmo quindi dire, come Bonhoffer di Dio, che di "desiderio" ve ne è uno
autentico e uno "tappabuchi", inautentico cioè, falso, atto solo a riempire
i vuoti delle nostre paure e della nostra vita.
Così è del "desiderio parziale"
Semplice desiderio "tappabuchi" !

Ed il desiderio "tappabuchi" è quello dominante oggi tra noi, al punto che
neanche riusciamo a concepirlo un desiderio diverso, seppur autentico.

Eppure se dovessimo essere coerenti fino in fondo al nostro narcisismo
dovremmo anche smettere di parlarci, essendo ugualmente esseri di linguaggio
e desiderio, tanto, a che serve ?!
Narciso si specchia ma mica ci dialoga con quell'immagine, se non nell'"Eco"
della sua voce
Eppure muore di dolore perchè non riesce ad entrarci in RELAZIONE
Vorrebbe ma è impossibile.
Anche Narciso non si bastava, allora, in fondo.
Per quanto pervertito il suo "desiderio di relazione" resta immutato al
punto di morire per questa distanza incolmabile.
Forse si trascura troppo in nome di "con chi" il "CHE COSA" Narciso bramava.
E quello che lo rende infelice è proprio l'impossibilità di dare vita ad una
relazione.
Questa era la profonda "struttura del desiderio" anche in Narciso stesso.
Unirsi con l'altro, comunicare con l'altro, stabilire un legame.
Forse il mito di Narciso potrebbe essere visto anche in questa nuova luce e
cioè che il "desiderio di relazione" è tanto forte quanto impossibile averlo
solo con se stessi.

Ma in fondo il povero Narciso non era neppure così "narcisista" come i suoi
adepti
"Io sono mia"
"Single è bello"
"Libertà dai legami"
"Non ho bisogno di nessuno"

Decisamente la realtà supera l'immaginazione.
A ben pensarci Narciso stesso era un dilettante rispetto all'oggi.
Almeno lui era cosciente del suo "desiderio autentico" sebbene impossibile.
Questi, invece, sono pure contenti e orgogliosi della loro autonomia e
indipendenza irresponsabile e se ne fanno vanto.
Chissà, forse non meritano neppure, i suoi epigoni, di potersi fregiare di
un nome, comunque, così altisonante e nobile.
Forse sarebbe più giusto chiamarli semplicemente... "coglioni" !!  ;))

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Commenti al Post:
Mario.Grella
Mario.Grella il 13/05/10 alle 22:28 via WEB
Non so se la morale cristiana abbia completamente ragione su tutto e su tutti, ma certamente è pur un "qualcosa" dinnanzi all'utilitarismo imperante. La morale cristiana (e il catechismo) dicono cose piuttosto semplici e magari ingenue quando enunciano che il "desiderio" slegato dall'"amore" è impuro. Ma pongono punti di riferimento non fluttutanti. E' sin troppo facile inputare il decadimento della morale al nostro modo di concepire la vita. La mancanza di valori o meglio il tentativo di piegare il sistema dei valori alle egoistiche esigenza è frutto dei tempi. Il sacrificio è deriso, la rinuncia provoca il rimpianto e il rimpianto è considerato molto peggio del rimorso. Credo che il termine finale che Ella ha usato sia quanto mai preciso...
 
 
mjkacat
mjkacat il 13/05/10 alle 23:52 via WEB
Sinceramente non mi ero accorto di quanto ciò che ho scritto corrispondesse perfettamente all'amore cristiano. Nello scriverlo il mio intento era puramente ed esclusivamente psicologico ma mi accorgo ora di quanto sia esatta la tua osservazione. Resta , comunque, che preferisco usare la terminologia "completo"-"parziale" che sento più "scientifica" e neutrale, anche se, ripeto, la tua osservazione è molto acuta. Poi diamoci del "tu",...comunque :)
 
daredevil665
daredevil665 il 14/05/10 alle 00:57 via WEB
Mi soffermo soltanto sulla frase “Decisamente la realtà supera l'immaginazione.” Sia i pensieri, le emozioni, i desideri, l'immaginazione, gli stati d'animo, che un sasso, sono reali in quanto fatti. Noi, però, intendiamo reale l'istante di un fatto percepito dal mondo esterno, ed intendiamo reale anche ciò che, immaginato nella psiche, è poi ritrovato nel mondo oggettivo. Ma è anche vero che possiamo essere soggetti ad allucinazioni per ognuno dei nostri sensi. Così, Oltre l'istante percettivo, la realtà è nel futuro, come somma di "intenti" dei fatti presenti, o nella memoria passata, ma in entrambe i casi può essere soltanto rappresentata nella psiche con l'immaginazione. L'istante percettivo, cioè quel fatto che ha maggiori probabilità di essere pienamente "reale", può restituire un'emozione prim'ancora che siano avviate le funzioni di pensiero e d'immaginazione, come un grande fulmine a ciel sereno che lascia stupefatti. Anche in un rapporto sessuale ci sono istanti in cui nessun pensiero e nessuna immaginazione percorrono la psiche, ma tutto l'essere è catturato in stati di estasi, perché, altrimenti, anche lì, pensieri e immaginazione, riempiono il tempo. Normalmente, cioè al di là di questi istanti, è più evidente che la percezione è sempre accompagnata da un pensiero. Questo pensiero, se non è che la realtà coincida in eterno con un susseguirsi di istanti estatici, è la funzione risultante ad una realtà percepita senza una precisa forma piacevole, tesa ad immaginare prima quella forma e poi il modo con cui realizzarla. Per cui, andiamo in contro alla realtà tesi a realizzare una forma immaginata e immaginando la realtà con quella forma. Anche se la realtà supera l'immaginazione, nel senso che la annulla in certi istanti, il desiderio immaginante de-forma, oltre che psichicamente, anche nei fatti, la realtà per tutto il resto del tempo. L'immaginazione tenta di creare la realtà desiderata per giungere a quegli attimi estatici che siano essi reali o puramente psichici. Il prete si priva della presente realtà sessuale in fede ad una "realtà" futura immaginata. Il suo patire, il suo sacrificio, l'uccisione dei suoi desideri reali è il risultato reale di una sua immaginazione.
 
 
mjkacat
mjkacat il 14/05/10 alle 17:44 via WEB
...io parto sempre dal dato di realtà che SONO UN CORPO e non che "ho un corpo" Da lì a seguire. Quindi se me lo rispieghi tenendo conto di questo dato, poi ne riparliamo :)
 
   
daredevil665
daredevil665 il 19/05/10 alle 23:39 via WEB
È chiaro che l'agire sia fisico che psichico sono funzioni che il corpo pratica, con meccanismi consci e inconsci o automatici. Ogni cosa è un corpo, o meglio, una forma in quanto sembrerebbe che qualsiasi corpo possa essere tradotto in luce (energia) che non ha massa (quella che noi chiamiamo spesso sostanza). La scienza, che comunque io non idealizzo come un Dio, ci ricorda che le stesse particelle sub atomiche possono partecipare sia alla forma di un sasso che a quella di una cellula. Così, Io sarei sorto dalla terra, ossia, alcune sostanze che prima partecipavano alla forma della terra, poi della verdura, quindi del cibo, adesso partecipano alla forma del mio corpo. Se nel 1800 eravamo un miliardo e adesso siamo quasi sette miliardi, se non è che ci hanno portato qui i marziani e senza indagare come ci abbiano creato :), questa è la prova che la sostanza, dalla forma della terra, si trans-forma in uomini e che, come tutti vediamo, la morte ci riporta alla forma della terra. Giunti ad essere uomini, facciamo, pensiamo e ci emozioniamo. Ma questo pensare ed emozionare, che vorremmo ci distinguesse dalla semplice forma, a nostro dire inanimata, che in comune a noi ha il fatto di muoversi nel cosmo, compare solo nell'uomo in quanto forma particolare o è una condizione di quell'energia che muta di forma? O meglio ancora, una forma di pensiero e di emozione che muta ad una nuova forma di pensiero ed emozione? Oppure un'anima esterna alla forma che la ri-organizza in un'altra forma secondo un suo desiderio sconosciuto? Oppure una semplice tendenza a soddisfare degli equilibri energetici tra particelle, che casualmente si muovono nello spazio, crea delle forme ( es: H2O, AMINOACIDI, PROTEINE, DNA, CELLULA ecc.)? In tutti i casi il cambiamento di una forma è la soddisfazione di qualcosa. La forma esistente, anche immaginale, anche energetica, è divenuta per soddisfazione di qualcosa. La soddisfazione si attua con e nella forma. Ciò che noi chiamiamo "desiderio soddisfatto", conscio o inconscio, psichico o fisico (sia che questa distinzione esista o no), è un cambiamento che, minimo da un lato, ma assolutamente, soddisfa qualcosa. Non è per un desiderio insoddisfatto di una vita piacevole che qualcuno di soddisfa altrimenti eliminando il dispiacere con il suicidio o distruzione della propria forma? La forma, quindi è espressione di un “desiderio soddisfatto” ed è anche il sistema logico o meccanismo entro il quale il desiderio si soddisfa. Non esiste forma senza desiderio e desiderio senza quell’ambito logico che gli consenta di soddisfarsi. Non è, ad esempio, nella forma di uno sguardo che un desiderio si esprime? Io ti vorrei amare, Io ti vorrei uccidere, tu mi sei assolutamente indifferente? Non esiste forma senza desiderio e desiderio senza forma dove la forma è il sistema logico di un desiderio. Risolto così il nocciolo della questione, se dovessi proprio pendere da un lato ed immaginare un inizio, direi che è il desiderio che è esistito a priori della forma e che ha generato la stessa Logica come sua prima condizione per esprimersi in una forma. Umanamente e consciamente, non è “il metodo” la prima cosa a che cerchiamo di rappresentarci, quindi realizzare psichicamente, quando desideriamo creare qualcosa? Non è forse questo il riflesso nella nostra psiche di quell’arcaico, profondo e inconscio inizio? ;)
 
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