Mondo Jazz

VERO JAZZ


Sostengono gli esperti, non da oggi, che al Roccella Jazz Festival s'impara sempre qualcosa. Eppure, dopo il pregevole epilogo della trentunesima edizione con l'Orchestra Nazionale dei Conservatori Italiani diretta da Nicola Piovani che ha proposto alcune sue brillanti e celebri musiche per film (La voce della Luna, Ginger e Fred, La vita è bella, l'overture di Garibaldi in prima esecuzione assoluta e La vita è bella replicata come bis) si sono uditi alcuni mugugni del pubblico perché, fra i 40 concerti della manifestazione – troppi, ndr – alcuni fra i più importanti "non erano jazz".E' appena il caso di dire che non siamo affatto d'accordo. Di più: ci meraviglia che un'affermazione così retriva si percepisca nella platea di un festival che sempre ha cercato di andare "oltre" e che proprio per questo ha sempre insegnato (e rischiato) qualcosa. Oggi, inoltre, un jazzfest di livello internazionale come questo di Roccella, non potrebbe più, nemmeno se lo volesse, limitarsi al "vero jazz", perché i maestri che hanno creato e suonato per decenni la musica del Ventesimo secolo, come non a caso la si chiama, sono rimasti in pochi per ragioni anagrafiche. E quindi, allo scopo di attirare il pubblico e di far ascoltare comunque buona musica, si deve ricorrere ai dintorni vicini e lontani del ceppo afro-americano.Setacciando il meglio come sempre dobbiamo fare in un festival, e compilando una sorta di graduatoria come non facciamo quasi mai (ma ci costringe la necessità di rendere più chiaro il nostro incipit), ecco i concerti di Roccella 2011 che rimarranno a lungo nella memoria. Innanzitutto il sommo pianista Ahmad Jamal, 81 anni, uno dei superstiti di cui sopra, insieme con i suoi magnfici comprimari: Jack Cammack contrabbasso, Herlin Riley batteria, Manolo Badrena percussioni. A chi scrive è accaduto, in questa estate, di ascoltarlo tre volte: a Perugia, a Berchidda e a Roccella. Ora, non soltanto il concerto calabrese è stato di gran lunga il migliore dei tre, ma è stato addirittura uno dei recital più belli che mai si siano ascoltati da Jamal andando molto indietro nel tempo. Si sarà trattato di una disposizione particolare, dell'incanto della visione del Castello di Roccella sapientemente illuminato, del pubblico attento e partecipe o di tutte queste cose insieme. Sta di fatto che Jamal non voleva finir di suonare, rimandando il più possibile l'esecuzione della sua immancabile Poinciana eseguita poi per ultima. Lunghissimi, naturalmente, gli applausi da stadio e la standing ovation finale. (Franco Fayenz, Il Sole 24 Ore)Penso che sia scelta intelligente, addiritura indispensabile, per ogni direttore artistico andare a cercare contaminazioni e affinità con musiche altre. Roccella ne è sempre stato un esempio positivo.Poi si può discutere su come innestare e dove approdino queste scelte: Santana o Piovani, Peppe Servillo o Sergio Cammariere. O magari, con un pò di fantasia e sforzo maggiore anche nomi e progetti più intriganti. Gli esempi felici non sono mai mancati, naturalmente quelli meno riusciti sono però la maggioranza. Su una affermazione però non sono d'accordo con Fayenz: probabilmente per lui i grandi del jazz sono coloro che, ancora in forma, appartengono alla sua generazione. Ebbene, per fare un buon festival senza ricorrere a cantautori o star del pop ci sono tutte le generazioni cresciute dopo Jamal e Rollins.Dai Marsalis a Dave Douglas, da Akinmusire a Jason Moran.Potranno bastare ? Secondo me si, e abbondantemente....