Mondo Jazz

DISILLUSIONI


Charlie Watts al Blue Note è un nome che richiama un folto pubblico, sicuramente costituito per la maggior parte da nostalgici del rock e appassionati di bocca buona perchè i limiti dell'impresa erano facilmente visibili da subito.Il Blue Note persegue ovviamente la sua politica commerciale più lucrativa, fatta spesso più di apparenza che di sostanza; il jazzofilo avveduto credo se ne guardi bene dal frequentare concerti dall'esito dubbio se non scontato.Ho sempre creduto che la differenza fondamentale tra un gruppo rock ed uno jazz la faccia sopratutto il batterista: roccioso e monilitico (traduco, picchiatore e senza fantasia) il primo quanto poliritmico e variegato il secondo, fatte salve naturalmente le dovute eccezioni (i picchiatori esistono, eccome, anche nel jazz). Ma riascoltare vecchi album rock tanto amati in gioventù è diventato nel tempo per me fonte di sopresa continua, tanto oramai da evitarli accuratamente per mantenere nell'immaginario personale le mitologie acquisite in verde età.  Impossibile non notare nell'ascolto odierno tutti i limiti strumentali, le ingenuità, le rincorse commerciali, gli sbracamenti e gli eccessi di personaggi allora poco o niente apprezzati da noi e oggi invece continuamente celebrati a dispetto del fatto che da molto non hanno più niente da dire. Ora leggo il commento di Vittorio Franchini sul Corriere della Sera e già il titolo è una conferma: Charlie si diverte i jazzofili un pò meno.Ecco il testo:  Una bufera di note. Charlie Watts si butta nel jazz ripescando il boogie woogie e la sua straordinaria vena di follia. Suona al Blue Note con Dave Green, un solido bassista e due virtuosi del boogie: Axel Zwingenberger e Ben Waters. Iniziano loro con «Honky tonky train blues» e l' atmosfera si fa subito rovente, il pubblico sta al gioco, si diverte, batte le mani. Un po' meno soddisfatti gli appassionati di jazz. I due pianisti si danno il cambio: Axel trasforma in boogie anche «Lady be good», Ben suona e canta e sembra che alle sue spalle sorrida Jerry Lee Lewis. Sono difficili i ricuperi di vecchie musiche strettamente legate a un' epoca e alla vicenda di pochi artisti ma Watts non fa della filologia, suona e si diverte, anche se manca l' ironia. Il suo drumming è pulito ma molto, troppo semplice, mentre i due continuano a pestare sulle tastiere come fossero Albert Ammons e Mead Lux Lewis. È musica semplice, anche se appare burrascosamente tecnica, muscolare, con una incredibile carica di energia, invoglia al ballo, costringe a battere il piede e il pubblico del locale si scalda sempre di più. Watts suona e sorride, è chiaro che si diverte. Ma qui non si fa la storia, si gioca lasciandosi andare sugli infernali ritmi del boogie, seguendo con passione le semplici strategie dei pianisti. Vittorio Franchini Ultima replica stasera al Blue Note, via Borsieri 37, ore 21 e 23, biglietti 50/55 euro Traduzione: Appassionati di jazz, state a casa, 55 euro sono tanti e cosi' sono proprio sprecati....